Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliJohn Currin tra le opere del Museo Bardini
Pervase da un’ironica ambiguità, immerse in atmosfere nelle quale omaggi alla tradizione pittorica del passato si mescolano ai rimandi alle riviste pornografiche, le opere di John Currin (1962) sono esposte fino al 2 ottobre al Museo Stefano Bardini, nella mostra «Paintings» (catalogo Forma edizioni), a cura di Antonella Nesi e Sergio Risaliti. Il tono «high and low» che caratterizza la produzione del pittore americano, una delle galline dalle uova d’oro della Gagosian Gallery, dà vita a bizzarri corto circuiti visivi e mentali.
Ritratti familiari (Rachel, sua moglie, i tre figli Francis, Hollis e Flora), muliebri, allegorici e nudi femminili, si confrontano nel museo con sculture lignee medievali, Madonne donatelliane, bronzetti e porcellane, cornici intagliate, dipinti seicenteschi. Anche nei disegni Currin dialoga con la «sprezzatura» grafica di Tiepolo e Piazzetta, artisti nella collezione Bardini. Citando da Botticelli a Otto Dix, da Giulio Romano a Manet, Currin si rivolge, con le sue spregiudicate deformazioni neomanieriste, al canone classico, oscillando tra verità fotografica e invenzione figurativa e mantenendosi sempre sul sottile crinale tra volgarità e sofisticazione.
La mostra, promossa dal Comune di Firenze, è organizzato dall’associazione Mus.e, in collaborazione con la Gagosian Gallery, e con il sostegno di Faliero Sarti.
Altri articoli dell'autore
Il Cortile di Palazzo Strozzi ospita la monumentale installazione dell’artista americano che rielabora il tema dell’Annunciazione
In attesa della retrospettiva di Baselitz nel 2026, il Museo Novecento celebra lo spazio indipendente che sostenne artisti come Käthe Kollwitz, Georg Kolbe, Ernst Barlach e Katharina Grosse
Nella Casa Museo dell’Antiquariato Ivan Bruschi sono esposte oltre 100 opere della collezione d’arte della Fondazione CR Firenze
Il Museo di San Marco è il punto di partenza di una mostra che «è anche un’occasione per rinnovare la visione ottocentesca dell’Angelico solo pittore devozionale, legata a un certo filone della letteratura e della pittura tedesca e francese»



