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Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliChi entra a Palazzo Strozzi, a Firenze, disponendosi a entrare nell’universo di Beato Angelico, cui è ora dedicata la grande mostra al primo piano, o chi intravvede il cortile dalla strada, rimarrà colpito dall’installazione di «The message» di KAWS (pseudonimo di Brian Donnelly), a cura di Arturo Galansino e visibile dal 29 ottobre al 25 gennaio 2026. E le reazioni saranno certamente tra le più varie.
Artista di fama internazionale, nato nel 1974, attivo ai primi anni Novanta come writer (nella linea di Keith Haring), KAWS affronta, in un linguaggio sempre in bilico tra dark humour e critica sociale, le contraddizioni di un mondo segnato dal consumismo e dalla cultura capitalista, rifuggendo le convenzioni della scena dell’arte, in una posizione volutamente ambigua e provocatoria tra Street art e Pop Art (memore di Andy Warhol, Roy Lichtenstein e James Rosenquist), tra collaborazioni col mondo della moda e del design commerciale (da Uniqlo a Dior) e arte in spazi fruibili da tutti. Creatore di giocattoli, di sculture e dipinti, che vende sia online sia in gallerie (aprendone lui stesso una: l’«Original fake» a Tokyo), KAWS si appropria dei cartoni animati (The Simpsons, di SpongeBob, Snoopy e dei Smurfs), creando i suoi inconfondibili personaggi con occhi a forma di X, capaci di comunicare sentimenti di solitudine, vulnerabilità, ma anche di solidarietà o tenerezza. Opere monumentali, come la scultura gonfiabile «Companion» o i progetti temporanei «Holiday» con enormi figure gonfiabili posizionate in luoghi iconici come il Monte Fuji e il Victoria Harbour, che interagiscono sempre con l’ambiente circostante.
E di interazione si tratta anche nel caso fiorentino, seppur in senso molto provocatorio, pensando alle rigide forme rinascimentali di Palazzo Strozzi e alle raffinate figure dell’Angelico, accostate a «The message». Perché Arturo Galansino, direttore della Fondazione Palazzo Strozzi, ha scelto proprio KAWS? «È un artista che conosco da anni e che ha interessato molto anche Germano Celant («He eats alone» è infatti uno degli ultimi cataloghi da lui curati prima della morte nel 2020, Ndr). KAWS, di cui ricordo, tra le altre, l’importante mostra nel 2021 al Brooklyn Museum, piace molto ai giovani, perché tratta temi sentiti dalle nuove generazioni, come l’alienazione, la solitudine: ed è al pubblico dei giovani che si rivolge infatti il programma “Strozzi Palazzo Strozzi Future Art”, che promuove interventi di artisti contemporanei capaci di generare nuove prospettive tra passato e futuro. Ero incuriosito di vedere il modo in cui KAWS si sarebbe riferito all’iconografia rinascimentale, e infatti ci propone oggi una sorta di “Annunciazione”, uno dei temi più cari all’Angelico, ma in cui è presente il cellulare, in riferimento alla nostra iperconnessione contemporanea». Il cellulare messo in scena da KAWS è in fondo uno strumento che ha assunto nella nostra società, indagata dall’artista americano con spirito ludico e irriverente, un carattere quasi sacrale. «Un altro artista che abbiamo messo in dialogo con Beato Angelico, ricorda Galansino, è David Hochney, con l’“Annonciation II. After Beato Angelico” esposta all’Officina Farmaceutica di Santa Maria Novella» (fino al 25 gennaio 2026). «The message» è un progetto promosso e organizzato da Fondazione Palazzo Strozzi e Fondazione Hillary Merkus.
Un particolare dell’installazione «KAWS: The Message», 2025, Firenze, Palazzo Strozzi. Photo: Ela Bialkowska, Okno studio. © KAWS
Un particolare dell’installazione «KAWS: The Message», 2025, Firenze, Palazzo Strozzi. Photo: Ela Bialkowska, Okno studio. © KAWS