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La donnina dispersa

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

È una massiccia scultura di pietra calcarea alta oltre due metri ed è opera di Marino Marini, eppure per decenni se ne erano perse le tracce. Realizzata nel 1932, la figura femminile dalle forme arcaizzanti è documentata da una fotografia scattata alla Biennale di Venezia di quell’anno dove era esposta con il titolo di «Vittoria Alata». A ribattezzarla, a dispetto delle forme robuste, «La donnina di Milano» (una «donnina» della notte?) fu il fotografo Mario De Biasi, che la trovò, anonima, abbandonata e con le braccia spezzate, in un deposito di macerie nell’area del quartiere milanese QT8.

Dall’immediato dopoguerra era irrintracciabile ma quando la ritrovò De Biasi ne documentò le vicende pubblicandole nel 1967 in un libro fotografico (con testi di Giorgio Bocca e Piero Chiara). Riconosciuta da Gualtieri di San Lazzaro come opera di Marino Marini e da lui pubblicata nel 1970, con il titolo di «Piccolo angelo», nel primo catalogo ragionato dell’artista, l’opera fu poi spostata nei Giardini Perego, per entrare nel 1992 (ma in pessime condizioni) nelle Collezioni Civiche.

La scultura è tuttora frammentata in molti pezzi, alcuni di grandi dimensioni, altri assai minuti a causa di una caduta rovinosa forse dei primi anni Novanta (la seconda, dopo quella che le aveva spezzato le braccia). Non si sa se ci siano state perdite consistenti di materia, ma il Comune di Milano-Museo del Novecento e il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia, con Fondazione Atlante, ne hanno appena avviato il restauro, che si tiene nel secondo museo, in un locale vetrato e visibile al pubblico, per il progetto «Restauratori in residence» di Strati Conservazione e Restauro.

Al loro fianco sono l’Università di Milano Bicocca per le indagini scientifiche, Expotrans per le movimentazioni, il Mibact per la tutela e la Fondazione Marino Marini. Obiettivo: ricomporla e integrarla (dove necessario) con malte idonee, rimuovere le dense polveri presenti nelle porosità e i materiali biologici (muschi e colonie fungine) depositati sulla porzione rimasta lungamente interrata.

Ada Masoero, 05 aprile 2017 | © Riproduzione riservata

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La donnina dispersa | Ada Masoero

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