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Alberto Burri, «Grande cretto nero », 1977, 149.5 x 249.5 cm Musée national d’art moderne, Centre Georges Pompidou, Paris, Gift of the artist, 1978 © 2014 Artists Rights Society (ARS), New York/SIAE, Rome Photo: Courtesy Musée national d’art moderne, Centre Georges Pompidou, Paris © CNAC/MNAM/Dist. RMN-Grand Palais/Art Resource, New York

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Alberto Burri, «Grande cretto nero », 1977, 149.5 x 249.5 cm Musée national d’art moderne, Centre Georges Pompidou, Paris, Gift of the artist, 1978 © 2014 Artists Rights Society (ARS), New York/SIAE, Rome Photo: Courtesy Musée national d’art moderne, Centre Georges Pompidou, Paris © CNAC/MNAM/Dist. RMN-Grand Palais/Art Resource, New York

Dopo 35 anni Burri si prende tutto il Guggenheim

Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Milano. È stata presentata ieri a Milano, sotto l’affresco di Giovanni Battista Tiepolo in Palazzo Clerici, la mostra curata da Emily Braun (con Megan Fontanella e Carol Stringari) che il Solomon R. Guggenheim Museum di New York dedica dal 9 ottobre al 6 gennaio prossimi ad Alberto Burri (1915-95), nel centenario della nascita: cento opere capitali, riunite in quella che è la più grande rassegna dell’artista mai realizzata negli Stati Uniti: «Sono trascorsi 35 anni dall’ultima retrospettiva di Burri al Guggenheim di New York, ma allora la mostra occupava tre sole rampe del museo, ha precisato Emily Braun. Ora invece il percorso si snoderà su tutte le sei rampe, esponendo opere che dai primi “Catrami” giungeranno fino ai “Cellotex” degli ultimi anni».
Intitolata «The Trauma of Painting» e realizzata in collaborazione con la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri presieduta da Bruno Corà, con la determinante partnership di Lavazza, la rassegna si propone di rileggere la complessità e la novità del processo creativo di Burri in un’ottica internazionale, «rivedendo la tradizionale letteratura sugli scambi culturali tra Stati Uniti e Europa negli anni Cinquanta e Sessanta: la tattilità del suo lavoro, fatto di sacchi di juta strappati e rammendati, tele con gobbe in rilievo e plastiche industriali fuse, spiega la Braun, anticipa il Postminimalismo e il movimento artistico femminista degli anni Sessanta, mentre i suoi monocromi materici rossi, neri e bianchi sfidano i concetti di purezza linguistica e semplificazione delle forme tipici del modernismo formalista americano».
La sua è un’arte processuale e il suo realismo è basato sulla materia, aggiunge la Braun, ma «se è vero che le sue opere, alludendo spesso a corpi, pelli, membrane e ferite, possono rinviare all’informale, non va dimenticato che Burri, al contrario di quegli artisti, supera l’uso della pittura e del pennello per servirsi della realtà fisica dei materiali. Allo stesso modo, benché utilizzi dei ready-made, non può essere annoverato tra i New Dada: la sua è una posizione unica, e molto influente, nel panorama dell’arte del XX secolo».
La mostra riunisce numerosi «Sacchi», opere ben note al pubblico d’oltreoceano, ma allinea anche lavori meno conosciuti fuori d’Europa e qui presentati estesamente, come i «Catrami», le «Muffe», i «Gobbi», i «Bianchi» («per la prima volta esposti come una serie coerente», dice Brown); i «Ferri» («con le saldature che seguono gli stessi principi delle suture dei “Sacchi”»); le superbe «Combustioni plastiche» («appese al soffitto come voleva lui, per farne apprezzare le trasparenze»); i «Cretti» («una modalità già praticata prima, ma poi suggeritagli nella grande dimensione dal deserto della California, quando dal 1963 prese a trascorrere sei mesi all’anno a Los Angeles, con la moglie americana Minsa Craig») e i «Cellotex» dell’ultima stagione. Nella sezione dei «Cretti» un video della regista Petra Noordkampnon un documentario, ma un’esperienza fenomenologica») condurrà il visitatore «dentro» il «Grande Cretto» di Gibellina, 1985, l’opera-memoriale di Land Art realizzata da Burri sulle rovine della città siciliana rasa al suolo dal terremoto del 1968, appena completata dal Comune di Gibellina, sul progetto originale di Burri. Sempre organizzato e promosso dalla Fondazione Palazzo Albizzini, il 26 e 27 giugno si tiene a Città di Castello il convegno-mostra «Au rendez-vous des amis», con una sessantina di artisti internazionali e dieci direttori di musei europei riuniti in tavole rotonde per discutere di temi relativi all’arte contemporanea, mentre nelle prossime settimane sarà in libreria il nuovo Catalogo generale in sei volumi e nel prossimo novembre l’Università degli Studi di Perugia dedicherà a Burri il convegno «Materia Forma Spazio».

Bruno Corà, Francesca Lavazza, Emily Braun e Richard Armstrong alla presentazione milanese della mostra di Burri. Foto: © Andrea Guermani

Alberto Burri, «Rosso gobbo», 1953, Collezione privata, Roma 2014 Artists Rights Society (ARS), New York/SIAE, Rome

Alberto Burri, «Grande cretto nero », 1977, 149.5 x 249.5 cm Musée national d’art moderne, Centre Georges Pompidou, Paris, Gift of the artist, 1978 © 2014 Artists Rights Society (ARS), New York/SIAE, Rome Photo: Courtesy Musée national d’art moderne, Centre Georges Pompidou, Paris © CNAC/MNAM/Dist. RMN-Grand Palais/Art Resource, New York

Ada Masoero, 11 giugno 2015 | © Riproduzione riservata

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