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A 65 anni dal suo completamento, la Torre Velasca, il grattacielo eretto tra il 1955 e il 1957 su progetto dello Studio Bbpr (Belgiojoso, Banfi, Peressutti, Rogers), è oggetto di un radicale «restyling». Hines Italia (braccio italiano, guidato da Mario Abbadessa, del colosso americano dell’immobiliare, molto attivo a Milano) che l’ha rilevata da Unipol-Sai, ha scelto di ripartire dopo la pandemia con questo edificio non solo perché è diventato, dopo le polemiche iniziali, uno dei punti fermi della storia dell’architettura, ma anche perché è un simbolo della rinascita postbellica della città, datando la sua prima ideazione al 1950.
Il suo stile brutalista (per alcuni «neoliberty») e la sua forma con quel «cappello» a fungo, che poggia su robuste travature per ospitare alla sommità gli appartamenti residenziali e nello «stelo» gli uffici, suscitarono non poche critiche nel pubblico («la casa con le bretelle», si disse...) e fra gli addetti ai lavori, ma ben presto la Torre diventò un’icona. Diverse le destinazioni d’uso future in un intervento guidato dai principi più aggiornati della sostenibilità; l’intonaco, scelto con la soprintendente Antonella Ranaldi, muterà di colore in accordo con la luce esterna.

La Torre Velasca. © Niccolò Biddau
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