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Il banditore Oliver Barker tra alcuni top lot dell'asta della collezione Macklowe

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Il banditore Oliver Barker tra alcuni top lot dell'asta della collezione Macklowe

Un 2022 andante moderato (salvo imprevisti)

Sarà sicuramente un anno molto complesso per il mercato dell’arte e con sviluppi totalmente diversi in funzione delle specificità dei diversi attori in gioco, con l'incognita Sotheby's e lo spostamento geopolitico

Bruno Muheim

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Il 2022 sarà sicuramente un anno molto complesso per il mercato dell’arte e con sviluppi totalmente diversi in funzione delle specificità dei diversi attori in gioco. Il 2021 è stato un anno anomalo con risultati globali osannati dalla stampa, che molto spesso ha fatto copia-incolla dei comunicati divulgati dalle case d’asta senza analizzare con il minimo senso critico il loro contenuto.

Certamente il risultato di 7,3 miliardi di dollari registrato nel 2021 da Sotheby’s è meraviglioso e consente per la seconda volta consecutiva alla società di superare la sua rivale Christie’s, il cui risultato di 7,1 miliardi è stato percepito come un balsamo poiché pensava di essere stata superata molto di più da Sotheby’s, che lo scorso anno ha incassato ben 676 milioni solo con la prima parte dell’asta Macklowe.

Secondo me, però, questi risultati sono da leggere in maniera diversa. Non dobbiamo dimenticare che nel 2020 chi non aveva davvero bisogno di vendere ha aspettato tempi migliori e infatti l’asta Macklowe, ad esempio, era attesa già nel 2020. Rileggendo quindi i risultati di Christie’s di 5,8 miliardi nel 2019, anno prima della pandemia, 4,4 miliardi nel 2020 e 7,1 del 2021, si ottiene una media in questi due ultimi anni di 5,75 miliardi, quasi uguale al totale del 2019. Dunque nessuna perdita, ma nessun guadagno pazzesco.

Nel 2022 non aspettiamoci fuochi d’artificio dalle aste. Questo per due ragioni: la prima è che il mercato dell’arte non è così ricco di opere da proporre. Nessuna asta importante è stata ancora annunciata per il 2022, mentre la già citata vendita Macklowe era stata annunciata con più di sei mesi d’anticipo; quindi sembrerebbe che sino a luglio non sia previsto niente di strabiliante.

Anche i famosi «nuovi compratori» non sono poi milioni. Il colpo degli Nft non si può riprodurre ogni anno e soprattutto il futuro geopolitico del 2022 è assai poco leggibile. In Cina il controllo da parte del partito comunista si è fatto più forte, con la conseguente messa sotto tutela di Hong Kong e il controllo sulle spese folli dei mega ricchi cinesi. Il Giappone è in piena stagnazione, la Turchia e le ex repubbliche sovietiche non sono esempi di stabilità. I rapporti attuali tra Russia, Europa e Stati Uniti non sono garanzia di serenità e la pandemia sta nuovamente bloccando il mondo.

Online: pro e contro
Le aste online hanno certamente salvato le casse delle case d’asta e non si tornerà più alle vecchie aste tranne nel caso di vendite eccezionali o, all’opposto, di piccole vendite di case d’asta locali che non sono state in grado di adattarsi al cambiamento. Non ci sono più costi di stampa o diffusione di cataloghi e in mostra sono presentati, nel migliore dei casi, pochissimi lotti; così i lotti arrivano dall’abitazione del venditore al deposito della casa d’asta per essere alla fine prelevati dall’acquirente.

Prima il comò della nonna passava dall’esperto per essere catalogato, poi messo in deposito, quindi portato nelle sale espositive per tornare poi in deposito e finire all’acquirente. Con questa nuova gestione invece, essendoci un minor utilizzo delle strutture, le case d’aste hanno aumentato di almeno il 20% il numero delle aste, con un maggiore guadagno. Stranamente nessun acquirente si lamenta del fatto che i diritti d’asta pari a circa il 20% del prezzo di aggiudicazione non siano stati ridotti... Facciamo una class auction?

Ancora meno ci si lamenta del fatto che la maggiore parte dei cataloghi online è spesso di scarsa qualità; quelli di dipinti antichi non sono altro che una successione di monarchi o di santi senza altre spiegazioni. «Scuola Europea» è la nuova attribuzione comune a quasi tutti i quadri. Certamente la Comunità Europea è molto importante, ma non dimentichiamo che è composta da 27 Stati membri e mi sembra piuttosto facile individuare da quale scuola proviene un quadro. Questo può sembrare un semplice dettaglio, ma un antiquario serio, e ce ne sono tanti, vi darà un servizio assai superiore e c’è il rischio per le case d’asta online di diventare un avatar di eBay, ma molto più costoso.

Non eravamo molto ottimisti per il futuro dei mercati in generale per il 2021 e sfortunatamente avevamo visto giusto. Non ci sono ragioni per pensare che andrà meglio nel 2022. Lo spostamento di quasi tutte le fiere importanti, a iniziare dal Tefaf, a un periodo che si suppone migliore è un’ennesima beffa per i tanti mercanti che non hanno una base espositiva importante. Certamente alcune gallerie di media dimensione, attive soprattutto nel campo del design, della fotografia e dell’arte contemporanea, hanno consolidato le loro posizioni.

Si dice che le megagallerie come Gagosian e Zwirner vadano benissimo, ma diversi loro artisti hanno preferito scegliere gallerie più piccole e propense a sviluppare rapporti più personali con i loro artisti, così come altri collezionisti favoriscono gallerie che personalizzano maggiormente i loro rapporti con la clientela.

La politica sulle restituzioni di opere di dubbia provenienza ai Paesi d’origine intrapresa da diversi Governi è stato un colpo severo per il mercato di antichità o di arti etnografiche. Per quanto riguarda la nuova geografia del mercato, come avevamo previsto lo scorso anno, Parigi è stata la grande vincitrice del post Brexit, tanto che si parla di una nuova età dell’oro per la capitale francese.

Mario Tavella, brillante presidente di Sotheby’s Francia, dopo essere cresciuto in Italia e aver fatto una lunga carriera a Londra, trova attualmente a Parigi un fervore unico in Europa, sia per la cultura dei collezionisti, sia per il loro rinnovamento, con una nuova presenza massiccia di facoltosi stranieri avidi di acquisti. Per queste ragioni l’incremento delle cifre d’affari soprattutto di Sotheby’s, ma anche dei suoi competitori, prosegue a ritmi cinesi.

Ovviamente Londra non si è affossata, anche se le due roccaforti del mercato inglese, i dipinti antichi e le arti decorative classiche, sono stati i due segmenti meno forti del 2021 soprattutto per mancanza di beni da vendere. A livello intercontinentale si parla molto di Seul come di una nuova capitale dell’arte, anche perché la Corea fa parte del mondo globale cinese, ma essendo indipendente dal potere di Pechino potrebbe ereditare una parte dell’influenza di Hong Kong. Soprattutto non dimentichiamo che in Corea c’è una forte creatività.

L’incognita Drahi
La grande incognita del 2022 riguarda il futuro di Sotheby’s. Ricordiamo che nel 2019 Patrick Drahi l’aveva comprata a un prezzo altissimo, 3,7 miliardi di dollari, pari a 57 dollari per azione, ossia il 61% più cara del prezzo alla chiusura in borsa il giorno precedente. A chi gli chiedeva la ragione di un tale esborso, rispondeva di rivolgere la domanda alla banca che gli aveva prestato i soldi, essendo Drahi da sempre noto per usare al minimo fondi suoi e per lavorare con denaro prestato. Nel caso di Sotheby’s aveva messo sul banco solo 400 milioni di fondi propri.

Inutile dire che l’effetto è stato devastante nel management di Bnp Paribas, la banca in prima linea per questa operazione, soprattutto perché Drahi successivamente dichiarò di dormire molto meglio con gli attuali 50 miliardi di debiti che non con i 50mila di quando era giovane. Nel mondo bancario si dice che l’annuncio bomba della quotazione in borsa di Sotheby’s annunciata lo scorso dicembre sarebbe correlata alle altre attività di Drahi, che nasce nel mondo della telefonia. Negli ultimi dieci anni si è comprato un impero nelle telecomunicazioni con Sfr, il secondo operatore francese, come nave ammiraglia. L’anno scorso si è interessato al gigante inglese Bt, acquistando il 12% per 2,5 miliardi e portando il mese scorso la sua partecipazione al 18%.

Ma, lo ricordiamo, Drahi non lavora con fondi propri e alla fine deve allinearsi alle decisioni delle sue banche, che sono state estremamente generose con lui. Sembrerebbe che le banche, per seguirlo nella sua conquista di Bt, gli abbiano imposto di rientrare del suo investimento in Sotheby’s considerandolo non attinente al suo patrimonio e soprattutto non redditizio.

Ovviamente Drahi ha annunciato la quotazione in borsa nella stessa settimana in cui sono stati resi noti i buoni risultati di Sotheby’s per il 2021, ma sembra totalmente improbabile che quando questa operazione sarà effettiva il mercato delle aste sarà così brillante da consentire un prezzo d’emissione uguale al prezzo d’acquisto di due anni fa da parte di Drahi, dunque delle banche, a 57 dollari. Sarà un bel caso di coscienza per le banche: recuperare il loro investimento o dare un consiglio giusto ai loro clienti interessati ad acquistare il titolo Sotheby’s? Qualsiasi quotazione sotto i 57 dollari sarà una perdita per le banche.

È strano pensare che il futuro dell’attore più importante del mercato dell’arte possa dipendere dall’acquisto di una società inglese di telefonia. Un’introduzione mancata di Sotheby’s in borsa avrebbe effetti negativi su tutto il mercato dell’arte e provocherebbe una perdita di fiducia gravissima. La buona società di New York ripensa con soddisfazione alla sconfitta di Ron Perelman, il grande predatore degli anni Ottanta e Novanta, anche lui operativo con il denaro delle banche. La sconfitta di Revlon è opera sua: alla fine le banche gli presentarono il conto e Perelman dovette trovare un accordo per un debito di tre miliardi di dollari con Citigroup. Nel 2018 il patrimonio di Perelman valeva 19,8 miliardi, nel settembre 2020 era sceso a 4,3 miliardi. Per pagare i suoi debiti Perelman avrebbe venduto per 350 milioni di dollari dall’inizio della pandemia da Sotheby’s. Ogni riferimento a persone esistenti è puramente casuale...

Chiudiamo la nostra consultazione della sfera di cristallo con l’Italia. Come abbiamo già detto il Paese ha le sue regole di funzionamento che gli consentono uno sviluppo perenne. Certo la situazione degli antiquari non è delle più brillanti: a Roma, Milano o Firenze non si contano più le botteghe trasformate in showroom. Le nuove generazioni mostrano uno scarso interesse per le arti decorative prima del Novecento. Ma la situazione delle case d’aste è più serena e dovrebbe proseguire nel 2022 con lo stesso andamento.

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Bruno Muheim, 11 febbraio 2022 | © Riproduzione riservata

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