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Tutta l’Europa in lockdown

In Italia i luoghi della cultura chiusi fino al 3 dicembre per la seconda ondata di contagi

Alessandro Martini

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Chiusi i musei e i luoghi della cultura prima in Belgio, poi in Francia (dove il presidente Macron, nel suo discorso alla Nazione del 27 ottobre, non ha speso una parola per arte, musei e cultura), e in altri Paesi d’Europa. E, alla fine, anche in Italia.    

A Parigi, molte grandi istituzioni (compreso il Louvre) sono da tempo «in sicurezza» e, in crisi di pubblico, ormai da settimane accolgono visitatori distanziati ben oltre il metro e mezzo. Seppur non sembrino luoghi per possibili focolai di Covid-19, sono chiusi fino al primo dicembre, insieme a gallerie, librerie, teatri e cinema.

Per il momento, in Spagna musei e gallerie restano aperti al 30% della capacità massima permessa, mentre sono chiusi teatri e cinema: tutto potrebbe cambiare, ma al momento non si parla di «serrata totale». Intanto si parla di «lockdown europeo».

In Italia il nuovo Dpcm delude le speranze di molti e chiude i musei e i luoghi della cultura in tutto il Paese, senza distinzione tra zone rosse, gialle e verdi (o gialle). I musei sono quindi più rischiosi di parrucchieri ed estetisti (che rimangono invece aperti)? D’altra parte, nel nostro Paese la cultura non è essenziale, si sa. Da noi, ad esempio, non si è mai attivata la discussione pubblica che ha portato la Generalitat catalana (cioè il governo regionale della Catalogna) a dichiarare che la cultura è «bene essenziale». Nulla di tutto questo è accaduto in Italia, nonostante le molte retoriche sull’articolo 9 della Costituzione: qui da noi, non soltanto la cultura non sarebbe essenziale, ma non servirebbe neanche a sfamarci.

In Belgio rimangono aperte le librerie perché considerate «essenziali», appunto. Cosa che non è stato possibile fare in Francia nonostante la pressione dei librai: a Parigi la ministra della Cultura Roselyne Bachelot ha tentato fino all’ultimo di far approvare una deroga per tutti i luoghi della cultura, comprese le librerie oltre a musei, teatri e cinema. Ma senza successo. Si è così limitata, insieme alla sindaca della capitale Anne Hidalgo, a suggerire il boicottaggio di Amazon…

Tornando all’Italia, nonostante la pubblicazione del Dpcm del 4 novembre, molto è ancora da decidere e molto, si spera, sarà chiarito nei prossimi giorni, in termini di gestione e strategie future. Per il momento si susseguono le richieste di finanziamenti straordinari. Nuovi fondi dovranno necessariamente aggiungersi a quanto previsto dai recenti decreti Agosto, Rilancio e Ristori, cui si aggiungerà a breve un «Ristori-bis».

Dall’inizio del primo confinamento, i fondi messi a disposizione per cultura e turismo sono quantificati in 9 miliardi di euro: così ha sintetizzato ieri il ministro Franceschini, in occasione della presentazione del rapporto annuale Federculture. Serviranno «per fronteggiare l’emergenza e introdurre ammortizzatori sociali che questi settori non avevano mai avuto, come la cassa integrazione e le indennità speciali da 600 euro prima e 1.000 euro poi per i lavoratori intermittenti e stagionali». Ma da domani, con il secondo lockdown ha inizio una nuova fase. Tutta da studiare (e finanziare).
 

Alessandro Martini, 04 novembre 2020 | © Riproduzione riservata

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