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Bergamo. Sempre confinato nel ruolo di «maestro di Caravaggio», Simone Peterzano (1535 ca- 1599) fu in realtà, a sua volta, un ottimo pittore. Bergamasco di nascita (Bergamo apparteneva allora alla Serenissima), Peterzano si formò a Venezia nella bottega di Tiziano, e di tale alunnato fu sempre orgogliosissimo, tanto da firmarsi più d’una volta (anche nell’unico autoritratto conosciuto) «Titiani alumnus».
A Venezia sarebbe rimasto fino ai primi anni ’70 del ’500, per trasferirsi poi nella ben più cupa Milano della Controriforma, portando con sé la luminosità e il colore della pittura veneta: una novità apprezzata, nella nuova città, che gli guadagnò sin dall’inizio numerose commissioni e gli permise di avviare un’attiva bottega, in cui, intorno al 1584, a nemmeno 13 anni sarebbe entrato Caravaggio (nell’Archivio di Stato di Milano resta il contratto di apprendistato).
Pochissimo si sa dell’attività del giovane Caravaggio nella bottega di Peterzano, ma i suoi primi dipinti romani conservano tracce evidenti dei modelli del maestro. Il quale, nel frattempo, si era conformato al linguaggio espressivo allora dominante a Milano, tanto molte sue opere milanesi, fino agli studi di Roberto Longhi e di Mina Gregori, sarebbero state lungamente confuse con quelle di autori coevi lombardi.
Insomma, è una storia complessa e ancora in molta parte misteriosa quella affrontata da Simone Facchinetti, Francesco Frangi, Paolo Plebani e Maria Cristina Rodeschini nella mostra «Tiziano e Caravaggio in Peterzano», visibile nell’Accademia Carrara dal 6 febbraio al 17 maggio (catalogo Skira).
Cinque le opere di Tiziano in mostra, due quelle di Caravaggio, insieme a numerosi dipinti (e disegni) sacri e profani dello stesso Peterzano, di maestri veneti come Tintoretto, Veronese, Paris Bordon, Bernardino Licinio e dei lombardi Antonio Campi, G.A. Figino, Giovanni da Monte, oltre all’edizione del 1568 dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto (cui l’artista dedicò più d’un omaggio) e alle Rime, 1587, di G.P. Lomazzo.
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