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Il cantiere pilota sulla parete est dell’Aula Picta

Il cantiere pilota sulla parete est dell’Aula Picta

L’Aula Picta di Bergamo ci teletrasporterà nel Medioevo

Grazie al finanziamento dalla Fondazione Banca Popolare di Bergamo-EF, parte il restauro complessivo della sala del Palazzo Episcopale, con straordinari affreschi duecenteschi. Sarà parte del percorso espositivo del nuovo Museo Diocesano che inaugura il 27 settembre

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Concluso il cantiere pilota sulla parete orientale di quella che nel Medioevo era la Sala delle udienze del Vescovo del Palazzo episcopale di Bergamo, la Diocesi presenta oggi il progetto di restauro complessivo della sala, nota come Aula Picta in quanto interamente rivestita di affreschi del XIII secolo. L’intervento ha permesso di delineare i criteri con cui muoversi per intervenire su questa autentica gemma che diventerà il cuore del nuovo Museo Diocesano Adriano Bernareggi, in Piazza Duomo 5, in Città Alta, tra la Basilica di Santa Maria Maggiore e l’attuale Curia. 

I lavori, realizzati in accordo con la locale Soprintendenza, sono stati promossi dalla Fondazione Adriano Bernareggi, cui la Curia orobica affida tanto la valorizzazione del proprio patrimonio d’arte quanto la gestione del Museo Diocesano (diretto da don Davide Rota Conti) e sono interamente finanziati (140mila euro) dalla Fondazione Banca Popolare di Bergamo-EF, che ha stretto anche un accordo con la Diocesi, grazie al quale in ogni prima domenica del mese, giorno d’ingresso gratuito nei musei statali, l’accesso all’Aula Picta sarà libero e gratuito per tutti. Perché, come spiega Armando Santus, presidente Fondazione Banca Popolare di Bergamo-EF, «l’Aula Picta, con le sue peculiari caratteristiche, porterà i visitatori a viaggiare nella Bergamo del Medioevo, aiutandoli così a comprenderne le radici storiche, sociali e religiose. Il nostro impegno è quello di offrire a tutta la comunità la possibilità di accedere liberamente alla bellezza dell’arte».

Intanto sono già stati avviati i lavori sulle altre pareti, per poter presentare i primi esiti del cantiere (che durerà un anno) il prossimo 27 settembre, quando è in programma l’inaugirazione del Nuovo Museo Diocesano  e i visitatori potranno vedere al lavoro gli specialisti di Villa Restauri, con la direzione di Giovanni Tortelli di Studio GTRF Brescia.

La bifora con le effigi dei santi Alessandro, Narno e Viatore (ante restauro)

La Ruota della Fortuna (ante restauro)

Singolare, viste le molteplici funzioni dell’Aula (testimoniate anche dalla collocazione, posta com’è a fungere da cerniera tra la Basilica e il Palazzo vescovile, allora sede anche politica), è la sua decorazione pittorica, che risale al tempo dei Vescovi-conti, prima dunque dell’istituzione dei Comuni, quando i prelati erano al tempo stesso autorità religiose e politiche e giudiziarie. Ed è proprio in questa sala che tutto ciò doveva accadere: «Qui, spiegano gli storici, si redigevano e validavano documenti legati a proprietà e possedimenti, qui si amministrava la giustizia, ma questo era anche un luogo di incontro, di dialogo tra le corporazioni e uno spazio in cui sanare i contrasti tra le diverse fazioni della città, un luogo dunque dalla finalità anche “diplomatica”». Lo si deduce dall’iconografia degli affreschi, in cui temi sacri come l’«Annunciazione», la «Natività» e «Cristo davanti a Pilato» (questi ancora ben leggibili, cui si aggiungono quelli, molto ammalorati, del «Rinnegamento di Pietro, di «Giuda Impiccato», della «Derisione di Cristo», della «Crocifissione» e della «Resurrezione e discesa al Limbo») e altri legati alla fine dei tempi, s’intrecciano con soggetti profani come la «Ruota della Fortuna», qui raffigurata con un’immagine perfino arguta, con le figure in ascesa e quelle in discesa aggrappate goffamente alla ruota, mentre sotto di loro si abbeverano due pavoni, simbolo dell’eterna beatitudine celeste, in opposizione all’effimera felicità terrena. In alto, racchiusa in una mandorla, l’efficacissima figura del «Cristo giudice» con una spada stretta tra i denti, che separa i giusti dai malvagi, mentre l’arcangelo Michele è impegnato a pesare le anime. E proprio qui, sotto lo sguardo del Cristo e di san Michele Arcangelo, doveva sedere il vescovo quando emetteva i suoi giudizi.

Oltre che in queste scene dal forte messaggio simbolico, nella grande aula ci s’imbatte anche nelle effigi, molto ben conservate, dei tre fondatori della chiesa bergamasca (IV secolo): il patrono e martire sant’Alessandro e i primi due vescovi, Narno e Viatore, cui si aggiungono dei motivi decorativi e un fregio fitto d’immagini di animali mansueti o terrifici, tratti dai bestiari del tempo. Ignoto l’autore della decorazione e incerta anche la datazione, che viene collocata dagli studiosi nella seconda metà del ’200.

La Natività (ante restauro), all’interno del ciclo sulla vita di Gesù

Restauratore al lavoro all’interno dell’Aula Picta

Come spiegano Mara Micaela Colletta e Silvia Massari della Soprintendenza di Bergamo e Brescia, che hanno seguito e seguiranno ogni passo del restauro, «le vicende conservative dei dipinti murali sono solo in parte ricostruibili: dalla loro riscoperta, negli anni ’30 del Novecento, durante i lavori diretti da Luigi Angelini, i dipinti hanno subito almeno tre interventi. Il primo, nel 1938, venne affidato al pittore-restauratore Arturo Cividini che tentò di restituire leggibilità alle immagini dipinte, fortemente deteriorate in seguito alla rimozione degli scialbi sovrammessi, con estese ricostruzioni pittoriche di fantasia, che vennero poi parzialmente rimosse durante i successivi lavori di conservazione eseguiti da Pinin Brambilla Barcilon negli anni ’70. Con il terzo restauro dell’inizio degli anni 2000 si decise di rimuovere tutti i precedenti interventi ricostruttivi  compresi quelli da considerare ormai storicizzati, per sostituirli con un’estesa reintegrazione a tratteggio, tecnica messa a punto dall’Istituto Centrale per il Restauro negli anni ’40 del ’900 per l’integrazione pittorica circoscritta delle lacune». L’esito non fu soddisfacente, tanto che nell’attuale cantiere pilota sono emersi dettagli originali nascosti. Si è quindi deciso, continuano le due studiose, di «rimuovere integralmente la reintegrazione a tratteggio del 2002 per sostituirla con un intervento [...] più rispettoso del tessuto pittorico originale e delle condizioni conservative dei dipinti. In accordo con la Soprintendenza, si è scelto di [lavorare] a velatura, sottotono e non a colore, in modo da smorzare l’emergenza visiva delle lacune e permettere allo sguardo di intuire le forme originarie delle immagini dipinte senza la necessità di intervenire in modo ricostruttivo». 

Il 27 settembre, con l’inaugurazione del Nuovo Museo Diocesano, torneranno fruibili i suoi tesori artistici, ora distribuiti in dieci sale su 900 metri quadrati: 60 opere (dipinti, sculture e oggetti preziosi) dal ’300 al ’900, dalla scultura medievale a Lorenzo Lotto e Andrea Previtali, da Giovan Battista Moroni a Carlo Ceresa ed Evaristo Baschenis (XV-XVIII secolo), fino al ’900 di Manzù e Scorzelli, oltre ad alcune opere di parrocchie della Diocesi, che saranno esposte temporaneamente rendendo il nuovo Museo un punto di riferimento per il patrimonio artistico delle chiese del territorio. A queste funzioni si aggiungono gli spazi per conferenze e per attività educative e una sala multimediale sullo sviluppo architettonico di piazza Duomo e degli edifici che vi si affacciano. Ma non solo: il nuovo Museo si troverà all’interno di un itinerario che, con un biglietto unico, unirà l’antico Palazzo Vescovile (con l’«Aula Picta»), il Battistero del ’300, i resti dell’antica Cattedrale paleocristiana («Museo dell’Antica Cattedrale») e, in futuro, l’area archeologica del Tempietto romanico di Santa Croce (che si alza tra il nuovo Museo e la Basilica di Santa Maria Maggiore), oggetto di una campagna di scavo della Soprintendenza. A chiudere il percorso, in via San Tomaso, in Città Bassa, l’Oratorio di San Lupo, dedicato all’arte contemporanea.

Scorcio dell’Aula Picta

Ada Masoero, 20 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

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