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Roberto Mercuzio
Leggi i suoi articoliIl 12 dicembre il procuratore di Catania Francesco Curcio ha presentato con una conferenza stampa la doppia operazione «Ghenos-Scylletium», effettuata quello stesso giorno, alle prime ore dell’alba, dai Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale di Roma, coordinati dalla Procura Distrettuale di Catania e dalla Procura Dda di Catanzaro, con il supporto dei Carabinieri sul territorio (oltre 200 i militari impiegati). Si è arrivati al sequestro di circa 12mila reperti archeologici, dal valore complessivo di circa 17 milioni di euro.
Nel corso di questa operazione sono state emesse 56 misure cautelari verso persone ritenute a vario titolo responsabili dei reati di associazione per delinquere, violazione in materia di ricerche archeologiche, impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, impiego di denaro di provenienza illecita, furto di beni culturali, ricettazione di beni culturali, autoriciclaggio di beni culturali, falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali, uscita o esportazione illecita di beni culturali, contraffazione di opere d’arte, e ricettazione.
In sostanza due indagini, condotte parallelamente dai Nuclei Tpc di Cosenza e Palermo, si sono potute «intrecciare» quando è emerso che una squadra siciliana di tombaroli, comparsa nell’indagine «Ghenos», operava anche in Calabria, in collaborazione con gli indagati dell’indagine «Scylletium». Per questo motivo si è deciso di eseguire contemporaneamente le due ordinanze. Fra i reperti sequestrati ci sono anelli, vasellami, fibule e perlomeno 7mila monete antiche, riconducibili a diverse tipologie di esemplari rari, di epoca greca e romana, coniate, fra gli altri, nei territori della Magna Grecia e della Sicilia, anche con emissioni di monete in bronzo di eccezionale importanza storico-culturale appartenenti alle zecche di Heraclea, Reggio, Selinunte, Katane, Siracusa, Panormos e Gela.
«Queste persone erano specializzate nella ricerca di monete, ha dichiarato il tenente colonnello dei Carabinieri Diego Polio, comandante del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Roma, che loro poi restauravano in proprio. C’era anche chi redigeva dei certificati falsi per attestarne l’autenticità e consentirne la vendita e l’esportazione».
Sono stati accertati «67 scavi abusivi tra la Sicilia, la Calabria e altre regioni, ha sottolineato il pm Francesco Curcio, ed è stato possibile ricostruire, grazie all’eccezionale lavoro dei Carabinieri, un'intera filiera illegale, che va dal tombarolo al venditore, fino allo sbocco anche in importanti case d’asta in Italia e all’estero, come in Gran Bretagna e Germania».
In Calabria il gruppo criminale operava pure «allo scopo di agevolare la cosca di 'ndrangheta chiamata “Arena” che in tal modo consolidava anche il controllo del territorio nell’area del Crotonese», ha detto il procuratore di Catanzaro Salvatore Curcio.
«Siamo felici di aver potuto, insieme alla magistratura, dare un segnale molto importante rispetto ad un fenomeno che purtroppo è diffuso, ha aggiunto il generale Antonio Petti, alla testa del Comando Tutela del Patrimonio Culturale dei Carabinieri. Contrastarlo significa non soltanto sottrarre alla criminalità, in questo caso anche organizzata, dei canali di finanziamento illeciti, ma fare giustizia portando alla fruizione del pubblico ciò che costituisce patrimonio nazionale per sottrarlo agli appetiti economici di contesti illegali».
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