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Guglielmo Gigliotti
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Città eterna già per gli antichi, Roma è senza dubbio città del Tempo. L’operazione «Crypta Balbi: cantiere aperto», presentata la mattina del 9 luglio in una conferenza stampa allestita nel sito, intende riportare all’attenzione di romani e turisti, come detto da Alfonsina Russo, capo Dipartimento per la Valorizzazione del Patrimonio culturale del MiC, «un luogo unico al mondo, per la sua eccezionale stratificazione urbana». Almeno duemila anni, senza soluzione di continuità.
Dal 12 luglio, questo magnifico palinsesto, chiuso dal 2023 per lavori di scavi archeologici finanziati con i 50 milioni di euro del Pnc, Piano nazionale complementare al Pnrr, sarà riaperto alla fruizione pubblica, mediante visite guidate che si svolgeranno ogni sabato, previa prenotazione al sito https://museonazionaleromano.beniculturali.it/crypta-balbi-cantiere-aperto.
È un modo, specifica Edith Gabrielli, direttrice del ViVe-Vittoriano e Palazzo Venezia, e al momento direttrice ad interim del Museo Nazionale Romano, «per evitare che il sito finisca per uscire dall’immaginario collettivo e cada così nell’oblio». «Crypta Balbi: cantiere aperto» è, quindi, un progetto di valorizzazione che mira al principio, assurto oggi a grande rilevanza, della conoscenza condivisa. Si avrà così modo di osservare i progressi degli scavi in questo teatro con grande portico rettangolare annesso (la Crypta), voluto da Lucio Cornelio Balbo e inaugurato nel 13 a.C., nella cui mole in disfacimento trovarono alloggio, a partire dall’Alto Medioevo, calcare, abitazioni, chiese, conventi e botteghe (di qui il toponimo di via delle Botteghe oscure, da cui si accede alla sede espositiva aperta nei primi del 2000, la quarta del Museo Nazionale Romano, oltre a Terme di Diocleziano, Palazzo Massimo e Palazzo Altemps).
I primi importanti scavi vennero eseguiti a partire dal 1981, sotto la direzione di Daniele Manacorda. Con i fondi ora a disposizione (aventi scadenza dicembre 2026), si vuole portare a compimento l’opera, in un caso macroscopico di archeologia urbana in fieri, sotto gli occhi del pubblico: «Camminare nella storia mentre essa affiora, letteralmente, dalla terra», annunciano dal museo. E molto è finora affiorato. Per esempio, svariati frammenti scultorei, tra cui, assoluto capolavoro, una testa muliebre del I a.C.-I secolo d.C., dall’ovale del viso allungato, con arcate sopraccigliari molto profonde, occhi grandi con spesse palpebre, bocca leggermente socchiusa con labbra carnose e una fronte a forma di pelta. Sulle ciocche ondulate dei capelli, labili tracce di colore. E poi un «bothros», ovvero una fossa votiva contenente corna di ovini e di vitelli, riconducibile al II secolo d.C., quindi precedente alla costruzione del Teatro di Balbo, a testimonianza di una vocazione sacra dell’area, quindi della presumibile esistenza, al centro del portico, di un tempio.
La scoperta più importante, che potrebbe riscrivere il destino urbano dell’area nell’Alto Medioevo, è quella relativa alle mura di fondazione di un edificio (di culto?) a due navate, lungo 28 metri e largo 15, finora sconosciuto, iniziato a edificare nel IX secolo, ma non portato a compimento. Probabilmente a motivi di eventi tellurici che hanno interessato l’area di Roma nel 801 e nel 847 d.C. Un curioso ritrovamento è invece quello di un grande capitello corinzio di lesena posizionato come lastra di chiusura del pozzetto di una fogna tardoantica. Il tipo, per la plasticità della composizione e la resa naturalistica degli elementi, trova confronti con i capitelli di lesena del Tempio di Marte Ultore nel Foro di Augusto.
Al termine dei lavori, l’area si avvarrà anche di un centro archivi, un centro studi, alloggi per residenze di studiosi, luoghi di ristoro e finanche un caffè letterario dedicato al poeta romanesco Giggi Zanazzo, nel luogo dove nacque nel 1860, ovvero un edificio sorto sopra i resti della Crypta Balbi.

Il cantiere aperto della Crypta Balbi
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