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Bronzi del Benin esposti al British Museum. © Foto Antonio Aimi

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Bronzi del Benin esposti al British Museum. © Foto Antonio Aimi

Restituzioni postcoloniali: mancano musei super partes

A chi spettano i bronzi del Benin? All’erede di un re che non c’è più? All’ultraminoritaria popolazione Edo?

Antonio Aimi

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Gli avvenimenti di questi ultimi giorni stanno dimostrando che il ritorno in Africa di alcuni Bronzi del Benin, che sono il bottino più eclatante di uno dei saccheggi più vergognosi del periodo coloniale, è alquanto complicato, come già si poteva prevedere quando il tema si è posto all’attenzione di tutti. E qui è importante sottolineare che mettere in evidenza le problematiche della restituzione non è un cavillo per negare richieste legittime, ma un modo per rendere efficaci i vari progetti che cercano di cancellare alcune delle conseguenze del colonialismo.

E a tal proposito, bisogna dire chiaramente che queste iniziative sono, purtroppo, pochissime, perché in genere si preferisce il chiacchiericcio sulla «decolonizzazione» ai fatti. Altrettanto chiaramente, poi, si deve dire che non tutte le opere delle culture «altre» che si trovano in Europa sono il risultato di spoliazioni come quella della «spedizione punitiva» britannica, che nel 1897 portò alla conquista del regno del Benin, perché in altre circostanze diversi viaggiatori salvarono numerosi e importanti reperti extraeuropei dalle distruzioni che, in situ, facevano gli antenati di alcuni di coloro che oggi chiedono la repatriation.

Com’è noto, l’ultima novità è la dichiarazione del presidente uscente della Nigeria, che il 23 marzo scorso ha stabilito che i Bronzi del Benin restituiti sono di proprietà di Ewuare II, l’ultimo rampollo della dinastia che regnava nella città quando venne saccheggiata dagli inglesi. Apparentemente la decisione sembra giusta ed elegante; il problema, però, è che nella Nigeria attuale Ewuare II è un privato cittadino, che con questa scelta è investito di poteri che mettono in un angolo la Ncmm (National Commission for Museums and Monuments), l’istituzione della Nigeria a cui spetta la gestione dei musei e la tutela del patrimonio. «Siamo molto sorpresi, perché questa decisione non è compatibile con la legge nigeriana esistente ed è stata presa da qualcuno che non sa come funzionano i musei», ha fatto sapere alla stampa un funzionario della Ncmm, che ha preferito non uscire allo scoperto.

Peraltro, non è chiaro dove queste opere saranno conservate, perché mentre Ewuare II ha detto di volerle custodire in un «museo reale» ancora da costruire accanto al suo palazzo a Benin City, capitale dello Stato di Edo, il governatore ha annunciato il progetto di costruire nella città l’Edo Museum of West African Art. Inoltre, non bisogna dimenticare che gli Edo sono una delle tante popolazioni (ultraminoritaria) della Nigeria moderna. Soprattutto, non si può far finta di non sapere che la repatriation rischia di non servire a nulla fino a quando queste iniziative non saranno sostenute da adeguate conoscenze antropologiche sulla realtà dei Paesi che dovrebbero accoglierli, perché è evidente che per cancellare una delle eredità più brutte del colonialismo è necessario aiutare gli Stati africani a creare moderni musei super partes come quelli, ad esempio, del Messico e del Perù, in cui tutte le diverse etnie possono e devono riconoscersi.

Leggi anche: Restituzioni postcoloniali: mancano le leggi nazionali e internazionali

Bronzi del Benin esposti al British Museum. © Foto Antonio Aimi

Antonio Aimi, 22 giugno 2023 | © Riproduzione riservata

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