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Una veduta della mostra «Restituzioni 2025» a Palazzo Esposizioni Roma

Photo: Alberto Novelli

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Una veduta della mostra «Restituzioni 2025» a Palazzo Esposizioni Roma

Photo: Alberto Novelli

Progetto Restituzioni • Da 36 anni Intesa Sanpaolo salva la bellezza

A Palazzo Esposizioni fino al 18 gennaio un viaggio di 35 secoli fra 117 manufatti dei 128 restaurati per la XX edizione dell’iniziativa promossa dall’istituto bancario torinese

Arianna Antoniutti

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Un viaggio nella storia dell’arte e nella storia del restauro. La meta è salvare la bellezza, per riconsegnarla al futuro. L’edizione 2025 della mostra del programma Restituzioni, parte del Progetto Cultura di Intesa Sanpaolo diretto da Michele Coppola, conduce il visitatore, fra le sale di Palazzo Esposizioni, a Roma, alla scoperta di opere d’arte che attraversano i millenni (fino al 18 gennaio). Centodiciassette manufatti esposti (dei centoventotto restaurati), provenienti da tutte le regioni italiane, per un arco cronologico che copre 35 secoli, dall’Antico Egitto al Novecento. Numeri, ma anche persone perché, dietro ogni singolo atto di restituzione, c’è un sistema che opera nel nome della collaborazione e della sinergia. Musei pubblici e diocesani, chiese e luoghi di culto, siti archeologici: sono sessantasette gli enti proprietari coinvolti nell’esposizione conclusiva della XX edizione di Restituzioni. 

Quanti significati può assumere, in mostra, il verbo restituire? Restituire allo sguardo, restituire alla collettività, ma anche restituire un’opera alla condizione ottimale che ne consenta il suo cammino attraverso le epoche. Le opere, selezionate sulla base delle proposte presentate da cinquantuno enti di tutela (Soprintendenze, Direzioni regionali Musei nazionali e Musei autonomi), necessitano di cure, per la loro deperibile natura materiale, ma al tempo stesso aspirano a sfidare il tempo. Hanno la leggerezza delle penne di colibrì di cui sono costituite, la pianeta e la stola del XVIII secolo, di manifattura messicana, dalla chiesa di Santa Maria in Vallicella a Roma, mentre possiede la solidità del marmo pentelico (anch’esso sottoposto all’usura del tempo), la magnifica Cariatide di età adrianea (117-138 d.C.) dal Canopo di Villa Adriana, a Tivoli. Epoche differenti, tecniche disparate, tante storie diverse da raccontare. 

Una veduta della mostra «Restituzioni 2025» a Palazzo Esposizioni Roma. Photo: Alberto Novelli

Ciascun intervento ha richiesto cure specifiche: rotture e lacune avevano infragilito i due frammenti papiracei del Libro dei Morti (Epoca Tolemaica, 332-30 a.C. e Regni di Thutmose III e Amenhotep II, 1479-1400 a.C.), dal Museo Civico Archeologico di Bologna, mentre la pellicola pittorica della toccante Madonna Sorlini di Giovanni Bellini (1470 circa) era impoverita da puliture disomogenee, falsata da rifacimenti e ridipinture. Restituito alla sua leggibilità, il dipinto ha recuperato la sua limpida luce veneziana. Una tale varietà di materiali e tecniche (pittura su tavola e tela, scultura in marmo, pietra, bronzo, oreficeria, arazzi, affreschi, mosaici, carta, pergamena, manufatti in avorio, vetro, legno, ceramica), ha richiesto il fattivo impegno di specialisti di ogni settore: restauratori, conservation scientists, storici dell’arte. Circa sessanta tra i più accreditati laboratori di restauro hanno svolto la propria azione conservativa, mettendo in campo gli strumenti della ricerca, degli studi preliminari e delle più avanzate tecnologie. 

La mostra, con la curatela scientifica di Giorgio Bonsanti, Carla Di Francesco e Carlo Bertelli in qualità di curatore emerito, si offre come una raccolta ideale di capolavori senza tempo. La cornice è quella di Palazzo Esposizioni, una delle più prestigiose sedi espositive romane, gestita da Azienda Speciale Palaexpo. Accanto alla mano di celebrati artisti, si presentano le non meno rilevanti creazioni di anonimi maestri, manufatti artigianali e, per la prima volta nei trentasei anni di Restituzioni, uno strumento scientifico: la macchina planetaria della seconda metà del XIX secolo dal Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano. 

Una veduta della mostra «Restituzioni 2025» a Palazzo Esposizioni Roma. Photo: Alberto Novelli

Il programma Restituzioni di Intesa Sanpaolo intende rendere conto della ricchezza, infinita, del patrimonio culturale italiano, che tocca sia le più alte vette della scultura quattrocentesca (con la Madonna con il Bambino e san Giovannino di Mino da Fiesole, dai Musei del Bargello di Firenze), sia la sapienza manuale degli artigiani. Come quelli che hanno cucito, con mussola di cotone, seta e fili d’oro, l’abito tradizionale festivo femminile da San Paolo Albanese, piccolo comune della Basilicata dove ancora si custodiscono le tradizioni del popolo arbëresh, gli albanesi arrivati in Italia tra il XV e il XVI secolo. Restituire vuol dire valorizzare saperi tradizionali e comunità locali, e anche dare il giusto risalto al culto popolare, altrettanto radicato nel tessuto del Paese. È una superba opera d’arte, e al tempo stesso anche oggetto di sentita devozione religiosa, la Madonna del Fiore (1285-1289 ca), proveniente dalla chiesa di Santa Maria in Categne, frazione di Lugnano, in provincia di Rieti. 

Non meno venerato, è il prezioso reliquiario trecentesco di Sant’Orso, da Aosta, in lastra d’argento. È ora sfolgorante d’oro, l’ancona lignea con l’Adorazione dei Magi (XV secolo), dalla basilica dei Santi Apostoli e Nazaro Maggiore di Milano. Il restauro, che ha visto la collaborazione tra istituzioni italiane e belghe (Soprintendenza e Arcidiocesi di Milano, IRPA, Fondation Périer-d’Ieteren, Fondation Roi Baudouin), è stato eseguito tra il 2022 e il 2023 a Bruxelles presso l’Institut royal du Patrimoine artistique, e ha consentito di confermare l’attribuzione allo scultore Jan II Borman detto il Grande. La straordinaria policromia e l’apparato decorativo originali sono stati recuperati, celati com’erano al di sotto delle sovrammissioni ottocentesche: ridorature e una pesante vernice bruna. Il dettaglio del complesso restauro, di questa come di tutte le altre opere, è offerto dal catalogo cartaceo (285 pp.), mentre un resoconto ancora più minuzioso, con approfondite relazioni tecniche, si legge nel corposo catalogo generale online della mostra (774 pp.) Entrambe le pubblicazioni sono realizzate dalla Società Editrice Allemandi

Una veduta della mostra «Restituzioni 2025» a Palazzo Esposizioni Roma. Photo: Alberto Novelli

Era offuscato dai residui di un trattamento effettuato negli anni Settanta del Novecento, il pannello marmoreo raffigurante l’episodio di Ercole che uccide la cerva di Cerinea (prima metà del VI secolo) dal Museo Nazionale di Ravenna, mentre la campagna diagnostica che ha accompagnato il restauro della tavola San Francesco consegna la Regola agli ordini francescani di Colantonio (1445-1450) ha consentito una migliore comprensione di materiali e procedimenti esecutivi. La tavola a olio e tempera, custodita dal Museo e Real Bosco di Capodimonte, è contraddistinta da varie tecniche di doratura e la pittura imita, con efficace realismo, pietre preziose e perle. La grande pittura seicentesca, grande anche in termini dimensionali, è presente con il monumentale olio su tela Lotta tra Perseo e Fineo di Luca Giordano. Il dipinto, realizzato nel 1680 circa, dalle collezioni dei Musei Nazionali – Palazzo Reale di Genova, possiede una forte tensione teatrale e drammatica, analogamente all’olio su tela Il ritorno del figliol prodigo (1653-1661) di Mattia Preti. La pulitura del quadro, proveniente dalla Pinacoteca Civica di Reggio Calabria, ha rimosso lo strato di vernici ingiallite, migliorandone la leggibilità e consentendo la collocazione temporale al periodo napoletano del pittore. 

Il percorso espositivo prosegue, di sala in sala, fra disegni (come la cinquecentesca Amazzonomachia di Giulio Romano, o i novecenteschi bozzetti preparatori di Massimo Campigli e di Mario Sironi), abiti in stile Charleston degli anni Venti, una draisina della prima metà del XIX secolo (antenata delle biciclette), e un capolavoro del II-I secolo a.C.: il Letto di Fossa da Chieti. Presenze singolari, sono l’antico fondo di barca del Museo Archeologico Nazionale di Adria (metà del II - fine del I secolo a.C.), la spinetta di Giovanni Francesco Antegnati (1544) del Museo Teatrale alla Scala di Milano, e la barca siamese dal Castello Ducale di Agliè. Il limite cronologico dell’esposizione, l’anno 1965, è dato dall’opera Requiescat di Pino Pascali dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Restaurati, ma non esposti, per ragioni dimensionali e conservative, due tele di Sebastiano Ricci e Andrea Celesti, e il cavallo colossale di Antonio Canova, custodito nel Musei Civici di Bassano del Grappa. Infine, nell’ambito di Restituzioni monumentali, sono state restaurate le pitture murali dell’abside orientale della chiesa di Santa Maria foris portas di Castelseprio. 

Una veduta della mostra «Restituzioni 2025» a Palazzo Esposizioni Roma. Photo: Alberto Novelli

Arianna Antoniutti, 05 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

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