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Borraccia in lamina di ottone battuto e ageminato con rappresentazioni a tema cristiano databile alla metà del Duecento in ambito siriaco

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Borraccia in lamina di ottone battuto e ageminato con rappresentazioni a tema cristiano databile alla metà del Duecento in ambito siriaco

Oltre gli stereotipi: l’arte come luogo d’incontro tra Islam e Cristianesimo

Minima mediterranea • Dalla «dhimma» ai manufatti e immagini evangeliche realizzate in contesti islamici, esiste una lunga tradizione di scambi, committenze incrociate e contaminazioni stilistiche tra Oriente e Occidente

Giovanni Curatola

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Col passare degli anni ci si stupisce di doversi stupire. Perché non c’è niente di peggio che l’assuefazione e la stanca rinuncia al fatale: «L’ho detto e ripetuto talmente tante volte negli ultimi quarant’anni... che è inutile aprir bocca». Però la gente è talmente abituata alle prevalenti stonature, udite e ripetute, che queste appaiono come normalità... Gaza, il Libano, la Cisgiordania non sono mai stati, e mai saranno, Medio Oriente. Questo lo dicono e lo scrivono soprattutto gli americani (non gli inglesi che, da buoni leader se non inventori del colonialismo occidentale, alle parole danno da sempre il giusto peso), i quali non sono granché acculturati, soprattutto ora che l’influenza lunga dell’intellighenzia delle emigrazioni europee (soprattutto ebraiche, ma non solo) fra le due guerre si è fatalmente esaurita. La Spianata delle (plurale) Moschee, quando ce n’è «solo» una, al-Aqsa, giacché la Cupola della Roccia tale, di certo, non è. E potrei andare avanti con gli esempi; un misto di superficialità, disinformazione, banalità e «sentito dire» che produce strafalcioni che nessuno riconosce più come tali. E questa è una vera tragedia. Di ciò sono responsabili soprattutto i giornalisti (!) che da sempre si improvvisano con disinvoltura conoscitori di regioni e culture. Pochissime nell’ambito nostrano le eccezioni, perlopiù defunte, come Fallaci e Terzani, non scevri da ideologismi, ma attendibili e documentati. E invece si parla a vanvera di mondo arabo senza averne coscienza e conoscenza, meglio, quasi sempre, parlare di Islam. 

La Nazione con più islamici è l’Indonesia che sfiora i 300 milioni di abitanti; poi il Pakistan con 250, così come l’Iran ne ha quasi 90 (e cinquant’anni fa ne aveva una trentina, quando regnava lo Shah). Gli Arabi sono una minoranza fra i musulmani di oggi. E gli Arabi non sono mai stati tutti musulmani. Vi sono state e vi sono tuttora consistenti minoranze ebraiche e cristiane, queste di vari distinti ceppi e riti, con scuole teologiche e dottrinali distanti fra loro. Si pensi a Palestina, Siria, Egitto, Iraq o Libano, per citare i Paesi dell’Oriente Vicino (e in parte Medio). Anzi, in periodi storici fondamentali per lo sviluppo dell’Islam (come la dinastia Omayyade e gli inizi di quella Abbaside, VIII-IX secolo), e anche più avanti, per esempio nell’Impero Ottomano fino all’inizio del ’500 con Selim I, in questi territori citati non si trattava certo di minoranze. Comunità storiche ben radicate e con un loro statuto giuridico preciso, quello di «dhimma», ovvero un patto di protezione sancito dal fatto che una comunità prevalente (quella islamica) si fa garante per l’altra che accetta tale status e provvede a riscuotere un’imposta speciale, la «jizya», in cambio del riconoscimento perpetuo di diversi diritti. Un po’ quello che avviene da noi con l’8 per mille e con le intese fra lo Stato italiano e le comunità religiose, attualmente 12. Il fatto che fra i beneficiari non vi sia alcuna organizzazione islamica italiana è un dato clamoroso che va segnalato, anche se un’analisi delle ragioni di tale assenza non è pertinente in questa sede. In ogni caso il sistema della «dhimma» è in vigore nell’Islam da circa 1.400 anni. Non si tratta affatto di «tolleranza», come furbescamente millantano alcuni propagandisti musulmani che si attribuiscono una generosità e appunto tolleranza quasi «liberale», bensì di un’intesa di reciproca convenienza. E, come sempre e in tutto l’Islam, il primo riscontro è nel Corano, «Parola di Dio». Gesù e Maria hanno molto spazio nel Libro Sacro. La Vergine è considerata tale e di Gesù più che le virtù profetiche vengono esaltate quelle taumaturgiche. 

Molti cristiani hanno ordinato e fatto eseguire opere legate al ciclo evangelico. Fra le più preziose vi sono alcune stoffe figurate armene eseguite dall’importante comunità seicentesca installatasi a Isfahan, capitale della Persia safavide, e che seguono dettami stilistici tipici del repertorio islamico. A Firenze al Bargello un vaso in bronzo con decorazione ageminata in argento è datato al 1258-59, firmato dal suo esecutore, tal ’Ali ibn Hamud an-Naqqash al-Mawsili, dove quest’ultimo termine significa «di Mossul» (Alta Mesopotamia), sede di una delle più importanti scuole di toreutica medievale. C’è anche indicato il committente, Haqta ibn Tudra, cioè un plausibile «figlio di Teodoro», nome inequivocabilmente cristiano. I temi di derivazione evangelica nella produzione artistica del Dar-al-Islam non sono rarissimi, e nemmeno particolarmente sorprendenti. Ad esempio, i manoscritti miniati offrono scene con tematiche poco trattate nelle rappresentazioni europee. Ovviamente non si trova la scena della Crocifissione, perché per i musulmani Cristo non subì tale supplizio. Gli scontri non sono mai mancati, ma sono meno numerosi degli incontri; senza entrare nelle complesse vicende delle varie dominazioni, conquiste, re-conquiste (per esempio dell’intera penisola iberica e oltre). 

Perché le code e gli echi si trovano anche nelle Americhe, Centrale e Meridionale, ad esempio nei soffitti a cassettoni lignei. Scambi di cultura e acquisizioni di nuove conoscenze, con una mutualità che è spesso biunivoca. Per questo poi si sono inventati termini come «moresco» e «mozarabo», con l’ansia di etichettare tutto: termini che ci rammentano che il meticciato non è una debolezza, anzi. Alla Freer Gallery di Washington D.C. è conservata una superba borraccia (il termine è corretto, ma del tutto riduttivo...) metallica in lamina di ottone battuto e ageminato in argento con rappresentazioni a tema cristiano, databile alla metà del Duecento e di ambito siriaco. Al centro una Madonna in Trono con Bambino e poi tre medaglioni con la Natività/Adorazione dei Magi, Presentazione al Tempio e Ingresso a Gerusalemme. Sul lato opposto una galleria di 25 personaggi stanti (perlopiù santi e profeti) con anche una semplicissima Annunciazione: Gabriele su un lato e dall’altro una Maria sorpresa e che sembra arretrare un po’ timorosa o forse solo pudica. Le iscrizioni sono in splendidi caratteri cufici e corsivi (con contenuto beneaugurale ed elogiativo generico). Fra i suoi possessori si segnala nel 1845 il principe Filippo Andrea Doria. Poi come tanti altri capolavori giunti nella Penisola, questa splendida borraccia se n’è andata a festeggiare il Santo Natale altrove.

Giovanni Curatola, 24 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

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