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Giorgia Aprosio
Leggi i suoi articoliIn una delle ultime sale della mostra I Am the Century, dedicata all’opera di Alice Neel e in corso alla Pinacoteca Agnelli fino al 6 aprile 2026, tra volti familiari e figure anonime, c’è un quadro che rompe il registro. Intenso nella capacità della pittrice di cogliere l’umanità dei suoi soggetti, si distingue soprattutto per la posa della protagonista. A metà tra naturalezza e costruzione, con l’attitudine di chi si espone e, insieme, si afferma, la donna posa in reggicalze e gambaletti, con un corpetto di lattice che lascia scoperti i seni, piume tra i capelli e una vistosa collana al collo. Con un ginocchio a terra e l’altro piede saldo su un tacco vertiginoso, se ne sta con le gambe aperte e lo sguardo diretto verso il pubblico. Un piercing ad anello le brilla tra le gambe. Sul cartellino si legge: Annie Sprinkle, 1982. Neel aveva allora ottantadue anni. Qualcosa stride nel pensare a quell’anziana signora – la stessa dei video documentari esposti nella sala della libreria della Pinacoteca – mentre indugia a rappresentare quella figura audace di modella. Ma d’altronde, faceva ciò aveva sempre fatto: guardare senza pudore.
Anche la donna ritratta non è più una ragazzina. E se il nome suona familiare, qualcuno avrà già intuito di chi si tratta; per chi non lo riconosce, la curiosità nasce spontanea: è una modella di professione? Neel non avrebbe certo approvato, come ricordano in una recente intervista a Il Giornale dell’Arte Hartley e Ginny, figlio e nuora dell’artista nonché custodi del suo lascito. Forse, allora, si tratta di una di quelle visioni avute per le strade di New York, che la spingevano a invitare semi sconosciuti a casa per farli posare, senza troppi preamboli. C’è poi anche quel nome, così perfetto per quel ritratto da sembrare inventato: Sprinkle, che in inglese, significa “spruzzo” o altrimenti “granello di zucchero”.
Annie Sprinkle nasce come Ellen F. Steinberg a Philadelphia nel 1954 da una famiglia ebrea di origini russe e polacche, ma cresce tra Los Angeles e Panama. A diciotto anni finisce a lavorare in un cinema di Tucson, finché non viene arrestata durante la proiezione di Deep Throat (Gola profonda, 1972). Durante il processo conosce il regista del film, Gerard Damiano, che diventa presto il suo amante e il suo mentore. Lo segue a New York, dove inventa quello pseudonimo che più tardi trasformerà in nome legale e inizia una brillante carriera nell’industria pornografica. Girerà oltre duecento film, tra hard, softcore e produzioni sperimentali. Tra i più noti, Deep Inside Annie Sprinkle (1981), che dirige e interpreta, e My Father Is Coming (1991) di Monika Treut, una commedia femminista in cui il sesso è inteso come linguaggio di libertà.
Installation view Alice Neel. I Am the Century Pinacoteca Agnelli Torino, 2025 Image Courtesy Pinacoteca Agnelli, Torino © The Estate of Alice Neel Ph. Credit Sebastiano Pellion di Persano
Keith Haring durante la protesta di ACT UP davanti al municipio. Exhibit n. 31. Fondo fotografico e documentario di John Penley, Tamiment Library, New York University. Fotografia di John Penley. Via Flickr.
Sono gli anni Ottanta e l’industria pornografica sta vivendo un momento di massimo successo. I profitti al botteghino dimostrano come anche i film a basso budget possano generare guadagni tali da migliorare la qualità tecnica e le ambizioni produttive dei successivi, rendendo il porno sempre più vicino - e per alcuni pericolosamente competitivo – all’industria di Hollywood. La diffusione del cinema erotico negli Stati Uniti - e non solo - è capillare, tanto da entrare presto nel dibattito pubblico. Ralph Blumenthal del New York Times conia l’espressione «porno chic» per descrivere quel fenomeno culturale ormai entrato nei salotti dell’America borghese.
Ma sono anche gli anni del movimento anti-porno, uno dei momenti più controversi della storia del femminismo americano: gruppi come Women Against Pornography, fondato a New York nel 1978 da Susan Brownmiller e Laura Lederer, vedono nella pornografia uno strumento di oppressione. Non sono sole. Le teorie di Andrea Dworkin e Catharine MacKinnon - autrici della celebre Ordinance on Pornography (1983) - sostengono che le immagini erotiche siano «performance di subordinazione» e contribuiscano ad alimentare la violenza contro le donne.
È in tutta risposta che nasce allora il femminismo sex-positive, di cui Sprinkle è forse il volto più esplicito. Negli anni Novanta decide di portare il sesso fuori dallo schermo. Privilegia gli spazi dell’arte, diventando una delle figure più radicali della performance contemporanea. I suoi spettacoli, al confine tra pedagogia e provocazione, ridefiniscono il concetto stesso di pornografia. In Public Cervix Announcement (1990) invita il pubblico a guardarle la cervice con uno speculum, trasformando l’intimità ginecologica in atto politico; in Post Porn Modernist fonde erotismo e ironia in una lezione pubblica sul piacere e sui pregiudizi sociali che lo circondano; in Hardcore from the Heart (1996) ripercorre venticinque anni di carriera attraverso corpo, memoria e consapevolezza. Come ha scritto Paul B. Preciado, Sprinkle trasformerà passo dopo passo «la pornografia in linguaggio politico e poetico». Userà il sesso non tanto per scandalizzare, ma per disinnescare la vergogna.
Ma quando nel 1982 posa per Alice Neel, il conflitto sul ruolo della pornografia è in pieno corso: attraversa l’America, divide le donne e con loro anche il movimento femminista. Il racconto della prima seduta è affidato alla stessa Sprinkle, nel testo in catalogo che ora accompagna la mostra: «Alice mi accolse con dolcezza», scrive. «Portai con me una valigia piena di costumi, tacchi e piume. Lei impazzì appena li vide.» Neel la fece inginocchiare su uno sgabello, per mantenere la posa innaturale che aveva in mente, per poi togliere qualsiasi supporto dal dipinto.
Alice Neel Mayor Koch, 1981 Olio su tela 65 ¾ × 40 pollici (167 × 101,6 cm) Con cornice: 69 ¾ × 44 ¼ pollici (177,2 × 112,4 cm) Courtesy David Zwirner © The Estate of Alice Neel
Manifestanti di Act Up protestano davanti al municipio di New York nel marzo 1989
Nel quadro, il corpo di Sprinkle resta sospeso, in una posizione fisicamente insostenibile, quasi fosse fissato sulla tela solo dallo sguardo dello spettatore. E lo spettatore, a sua volta, si trova a non poter che fissare il punto focale della rappresentazione: quella vagina ornata da un piercing splendente. In questo senso, Neel vede in Sprinkle un’Origine du monde consapevole e ribaltata: non uno scandalo, semmai un’affermazione. «Posavo per ore,» continua Sprinkle, «e ogni seduta era come un incontro d’amore. Alla fine ci sentivamo euforiche, come dopo un orgasmo artistico.»
Solo un anno prima, nel 1981, Neel aveva ritratto un altro dei soggetti presenti in mostra. Il dipinto, intitolato Mayor Koch - a sottolinearne ironicamente la carica - mostra Ed Koch, l’uomo che aveva reso «presentabile» la città dopo gli anni del «degrado», chiudendo i cinema porno e avviando la gentrificazione di Manhattan. Omosessuale non dichiarato, il Koch approvò solo nel 1986 una legge contro la discriminazione: ma per molti, fu troppo tardi. Sotto la sua amministrazione, New York affrontava la crisi dell’HIV/AIDS e la trasformazione economica che ne avrebbe cambiato per sempre il volto. Fu aspramente criticato per il silenzio con cui aveva gestito l’inizio dell’epidemia e per il moralismo con cui aveva trattato il mondo del sesso e dell’arte.
Eppure desiderava da tempo essere ritratto, proprio da Alice Neel. Come racconta Phoebe Hoban in Alice Neel: The Art of Not Sitting Pretty (David Zwirner Books, 2021), dopo aver visto il celebre autoritratto nudo della pittrice, Koch rimase folgorato, al tal punto da voler posare per lei a tutti i costi. Solo sul nudo mise subito le cose in chiaro: non sarebbe mai stato disposto a spogliarsi. Neel cedette in occasione di un evento di beneficenza e lo dipinse in camicia, con le maniche arrotolate - il minimo sufficiente a lasciare intravedere la fragilità dietro tutto quel potere. Dopotutto, un sindaco senza giacca è comunque un sindaco nudo.
Qualche tempo dopo, Koch invitò Neel a una cena pubblica a Gracie Mansion, la residenza del sindaco di New York. Lei accettò, ma volle a tutti i costi portare con sé la sua nuova amica. Si dice che il Sindaco tentennò inizialmente, finché nuovamente non dovette cedere davanti alla determinazione della pittrice, pronta altrimenti a rinunciare all’invito. Quella sera, Annie dovette indossare quello che per qualcuno sarebbe stato «il vestito buono della festa». Oggi, più di quarant’anni dopo, i due si ritrovano alle pareti della Pinacoteca Agnelli: Koch sembra reagire con tesa compostezza, Sprinkle sfoderando il suo sorriso beffardo. Questa volta nessuno l’ha costretta a vestirsi per l’occasione.
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