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Jackson Pollock, «Mural», 1943 (particolare)

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Jackson Pollock, «Mural», 1943 (particolare)

Lo spirito mitico pervade tutte le civiltà

Note strinate • Non è probabile che Pollock abbia avuto Cassirer tra le sue fonti di ispirazione eppure la coincidenza di posizione tra questi due sommi personaggi è emblematica

Claudio Strinati

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Nel 1945 l’eminente studioso tedesco Ernst Cassirer (1874), esule da alcuni anni negli Stati Uniti a seguito delle persecuzioni razziali naziste, terminò la stesura di quella che sarebbe stata la sua ultima opera, The Myth of the State. Pochi giorni dopo, il 13 aprile, all’età di settant’anni, il grande maestro si spense. Il libro uscirà postumo nel 1946. Aveva inteso lasciare allo Stato che lo aveva accolto e protetto un vero e proprio testamento etico e politico destinato alle future generazioni affinché disponessero dei principali strumenti di comprensione di quei fenomeni sociali ed economici che inevitabilmente sarebbero poi avvenuti se non si fosse fatto tesoro degli impliciti ed espliciti insegnamenti scaturiti dalla catastrofe delle dittature. 

Mentre Cassirer terminava la correzione del suo libro, si inaugurava a New York la seconda mostra ad Art of This Century (promossa da Peggy Guggenheim) e Clement Greenberg proclamava Jackson Pollock come il più grande pittore apparso sulla scena artistica mondiale dopo Miró. Circa sei mesi dopo, per l’esattezza nel novembre del 1945, il giovane (33 anni) e impetuoso pittore Pollock arriva alla svolta decisiva della sua vita. Si sposa con la valente pittrice Lee Krasner, di lui un poco più anziana, lascia New York e con lei va a vivere nella zona di East Hampton, punta estrema di Long Island, a Springs, un villaggio affacciato su una baia interna dove abita e lavora in una villetta che avverte come un vero angolo di paradiso, comprata per 5mila dollari grazie a un prestito concesso dalla stessa Guggenheim, in quel momento non così favorevole al pittore, con un abile raggiro ordito da Lee. 

Qui nasce il Pollock che tutti conoscono e più o meno venerano, il pittore del dripping (secondo alcuni in parte suggeritogli da Siqueiros), delle immense superfici brulicanti di segni e di materia, lo sciamano che dipinge come gli Indiani (il termine è quello in uso al tempo) del West che fanno la pittura di sabbia, uomo del Far West egli stesso, soggetto a paurosi sbalzi di umore, bevitore infaticabile (ma mai quando dipingeva), visionario, vero e proprio profeta. Questo momento di esaltazione, che lo avrebbe consacrato all’eternità, dura a mala pena una decina d’anni. Nel 1956, dopo un lungo periodo di declino psicofisico, muore in un incidente d’auto e comincia la sua beatificazione che ancora dura. 

Non è probabile che Pollock abbia avuto Cassirer tra le sue fonti di ispirazione eppure la coincidenza di posizione tra questi due sommi personaggi è emblematica. Entrambi fondano la propria creatività sul mantenimento dello spirito «mitico» che pervade tutte le civiltà e di volta in volta si incarna in singole personalità se non nel cosiddetto spirito delle nazioni. Il mito si pone al polo opposto rispetto al pensiero tecnico scientifico che pure sembra determinare di fatto i destini della storia. Ma il concetto di destino è, appunto, connesso col mito, per cui l’astrologia è incompatibile con l’astronomia, ma il dubbio sull’efficacia cognitiva resta vigente. 

Pollock estrae il suo materiale simbolico dalla dimensione mitica, ancestrale e non storicizzabile, tale da espungere a priori la presunta dialettica primitivo-civilizzata. E Cassirer, dopo la catastrofe del 1945, nota che occorrerà stare attenti a valutare e segnalare criticamente la probabile futura esplosione di un rigurgito di quello che egli (senza biasimarlo, sia ben chiaro, ma solo collocandolo correttamente nel flusso inarrestabile del tempo) chiama lo «spirito mitico» attraverso il quale i governanti che verranno saranno indotti a riconsiderare i destini delle nazioni. Scrive (trad. italiana di Camillo Pellizzi per Longanesi, 1950): «La nostra vita politica moderna è tornata bruscamente a forme che sembravano interamente dimenticate. Certo non abbiamo più la forma primitiva di sortilegio, la divinazione affidata a un sorteggio: non osserviamo più il volo degli uccelli né ispezioniamo le viscere degli animali uccisi. Abbiamo sviluppato un metodo molto più raffinato e più complesso di divinazione, un metodo che pretende di essere scientifico e filosofico. Ma se i nostri metodi sono cambiati, la cosa stessa non è affatto svanita con ciò. I nostri politici moderni sanno benissimo che le grandi moltitudini sono mosse molto più facilmente dalla forza dell’immaginazione che non dalla pura forza fisica. E hanno fatto largo uso di questa conoscenza. L’uomo politico diventa una specie di pubblico negromante. La profezia è un elemento importante della nuova tecnica di governo. Vengono fatte le promesse più improbabili, o addirittura impossibili: l’età dell’oro viene annunciata di continuo».

Claudio Strinati, 25 settembre 2025 | © Riproduzione riservata

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