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Particolare del frontespizio dell’Encyclopedie

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Particolare del frontespizio dell’Encyclopedie

I presunti antenati di Leone XIV

In campo artistico e letterario sono almeno due: l’abbé Prévost, dotto e affascinante scrittore, e l’incisore parigino Bonaventure-Louis Prévost

Claudio Strinati

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Ci sono almeno due Prévost nella storia della letteratura e delle belle arti che potrebbero forse aspirare a qualificarsi come antenati di Sua Santità Leone XIV: l’abbé Prévost (1697-1763), formidabile dotto, affascinante personalità perennemente oscillante tra sacro e profano, scrittore cospicuo almeno nel suo capolavoro Histoire du chevalier des Grieux et de Manon Lescaut (settimo volume pubblicato nel 1731 del suo bellissimo ciclo Mémoires et aventures d’un homme de qualité); e il magnifico incisore parigino Bonaventure-Louis Prévost (1733-1816) cui si deve, in collaborazione con l’altro eminente disegnatore, pittore e incisore Charles-Nicolas Cochin (1715-90), l’immagine elaborata nel 1770-71 che funge da frontespizio dell’ultimo volume dell’Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers cominciata nel 1751 sotto la direzione di Denis Diderot e Jean-Baptiste Le Rond d’Alembert, raffigurante «La Ragione e la Filosofia che strappano il velo della Verità raggiante di luce».

Questa magistrale immagine trasforma un’iconografia inventata su base antica soprattutto nell’ambito del cosiddetto classicismo-barocco romano e ancora in uso al tempo di Bonaventure-Louis: la Verità scoperta dal Tempo dove si vede Chronos-Saturno, allegoria del Tempo per l’appunto, nonché sovrintendente al temperamento melanconico, che scopre una bellissima donna nuda protetta appena da un leggero velo che però non permette di coglierne appieno le fattezze.

Un vero e proprio paradigma culturale, essendo finalità indiscussa dell’essere umano la cognizione della Verità, superiore all’istanza stessa di bellezza, bontà e giustizia e qui paradossalmente pensiero laico e pensiero religioso da sempre coincidono nell’idea che sia il Tempo a esserne garante supremo perché, operosamente pazientando, la verità emerge infallibilmente. Si constata come sovente si tratti di mera illusione dove, però, laicismo e religiosità coincidono. La bella stampa di Cochin (che ne disegnò il soggetto) e Prévost (che la incise con cura e finezza estreme) tradusse così l’iconografia seicentesca nell’ottica dell’Illuminismo moderno.

La costruzione globale dell’immagine prodotta dai due grandi maestri francesi è quella tipica del mondo figurativo italo-spagnolo-francese alle soglie della rivoluzione del 1789, consolidato e rielaborato mille volte (con una certa distanza, tuttavia, dal più caratteristico e dominante Rococò) attraverso le allegorie di Luca Giordano, Sebastiano Conca, Corrado Giaquinto e dai valenti maestri della scuola soprattutto napoletana delle seconda metà del Settecento. Nella stampa per l’Encyclopédie si vede una montagna di figure preminentemente femminili, fatto significativo per un’epoca in cui la tesi della luce dell’Intelletto scaturiva anche da un profondo ripensamento globale dell’universo etico ed estetico al femminile, ancorché sovente pensato e formulato da menti maschili sprofondate, però nella tematica personale e sociale della donna libera e indipendente.

Come nelle creazioni celebratissime di Samuel Richardson con la sua Pamela, or Virtue Rewarded (1740) e in quelle di Jean-Jacques Rousseau, a partire dalla sua squisita opera lirica «Le devin du village» (1752) fino alle riprese di tali tematiche in Italia nei lavori di Carlo Goldoni intorno al 1760 e del fine compositore, all’epoca osannato nell’Europa intera, Niccolò Piccinni nella sua opera «La buona figliola» dove, sempre per il tramite di Richardson, ancora si avverte l’eco della grande transizione filosofica e morale operata da quel peraltro discusso ma pur sommo personaggio che fu John Locke, ben noto alla cultura francese già da prima del suo immortale An Essay Concerning Human Understanding del 1689, esattamente cento anni prima della Rivoluzione. Chissà se il papa Prévost discende da questa nobilissima e inquieta tradizione di arte e di studi. Non ne ho sentore, ma sarebbe bellissimo immaginare che si tratti di qualcosa in più di un’omonimia.

Claudio Strinati, 08 agosto 2025 | © Riproduzione riservata

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