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Veduta aerea di una parte dell’oasi Wwf «Le Cesine», nel comune di Vernole (Le)

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Veduta aerea di una parte dell’oasi Wwf «Le Cesine», nel comune di Vernole (Le)

Le antiche vestigia nell’oasi Wwf Le Cesine, dove l’archeologia si sposa con paesaggio e biodiversità

Le ultime indagini archeologiche hanno portato alla scoperta di un grande complesso portuale, di impianto probabilmente augusteo, e di quella che parrebbe un’antica «torre faro»

Vittorio Bertello

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L’entroterra salentino è anche un paradiso della biodiversità. Ad esempio, nel comune di Vernole (Le), si trova la Riserva Naturale Statale e Oasi Wwf «Le Cesine». Nell’oasi, che rappresenta oggi una delle ultime zone paludose che in passato si estendevano da Otranto a Brindisi, vi sono due stagni, il Salapi e Pantano Grande, alimentati dalle piogge, che sono separati dal mare da un cordone di dune sabbiose e che ospitano una trentina di specie diverse di uccelli e una decina di specie tra rettili e anfibi.

A un centinaio di metri a nord della grande fondazione sommersa recuperata nello specchio acqueo di questa riserva-oasi, nel corso della campagna di indagini archeologiche 2025 svolte in località San Giovanni (condotta dal Dipartimento di Beni culturali dell’Università del Salento, con la direzione scientifica della professoressa Rita Auriemma, su concessione del Ministero della Cultura e per il tramite della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto), sono venuti alla luce nuovi reperti, probabilmente riconducibili a un impianto manifatturiero o a una villa o villaggio a vocazione marittima. 

I risultati completi della campagna di scavo e le nuove scoperte saranno presentati nel corso di una conferenza stampa domani 18 ottobre, alle ore 10, nella sede dell’Archivio Carmelo Bene, presso la Biblioteca Bernardini a Lecce.

Le ricerche sono state preventivamente concordate con l’ente gestore Riserva Naturale Le Cesine, la Guardia Costiera (Ufficio Circondariale Marittimo di Otranto e Ufficio Locale Marittimo di San Cataldo) e il Comune di Vernole. Si è rinnovata poi anche la collaborazione con il Primo Nucleo Operativo Subacqueo della Guardia Costiera di San Benedetto del Tronto, che ha già affiancato i ricercatori UniSalento sia sul sito nelle precedenti campagne, sia in altri interventi di ricerca.

Le operazioni subacquee nel tempo hanno dato risultati rilevanti: sembra ormai accertata la geometria di un grande complesso portuale, per il quale si è supposta una fondazione in età augustea, tra la fine del I sec. a.C. e il I sec. d.C.

Nel sito l’elemento principale è costituito da un’imponente fondazione di un molo con piattaforma, con uno sviluppo a «L»: un braccio perpendicolare alla costa che spicca dalla riva antica, oggi sommersa, per oltre 80 m, e una grande testata rettangolare di 24x33 m; potrebbe trattarsi di una soluzione intelligente per guadagnare, nei tratti di costa bassi e sabbiosi come questo, la profondità necessaria all’accosto delle imbarcazioni. Vi si impiegarono filari di grandi blocchi sovrapposti, con un riempimento interno in pietrame.

Un’altra struttura, tradizionalmente nota come «Chiesa sommersa», ha rivelato, grazie all’analisi con il metodo del radiocarbonio, anch’essa una datazione alla prima età imperiale che, insieme alla sua posizione, suggerirebbe un’ipotetica identificazione con una «torre faro».

«La ricerca archeologica nell’area delle Cesine, ha dichiarato Rita Auriemma, vuole essere occasione di rigenerazione e valorizzazione di paesaggi apparentemente minori e marginali, in realtà ricchi di suggestione e densi di storia. La cura dei paesaggi, veri palinsesti viventi e dinamici, la loro tutela proattiva, l’archeologia dell’ambiente e per l’ambiente devono diventare responsabilità condivisa tra gli attori istituzionali e la comunità, perché il patrimonio divenga davvero bene accessibile e comune, il “bene nostro”».

Vittorio Bertello, 17 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

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