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Presunto autoritratto con ricca rappresentazione di oggetti in una natura morta vanitas e natura morta con fiori in un vaso di vetro, 1610 circa, di Clara Peeters, stima 1,2-1,8 milioni di sterline

Courtesy di Sotheby’s

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Presunto autoritratto con ricca rappresentazione di oggetti in una natura morta vanitas e natura morta con fiori in un vaso di vetro, 1610 circa, di Clara Peeters, stima 1,2-1,8 milioni di sterline

Courtesy di Sotheby’s

L’amico ritrovato, Artemisia e le altre

Nell’asta londinese di Sotheby’s del 2 luglio una coppia di autoritratti olandesi del primo ’600 celebra il riscoperto sodalizio fra due artisti

Elena Correggia

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Due autoritratti dipinti da Dirck van Baburen e David de Haen tornano a essere esposti insieme, dopo oltre 400 anni. Le tele, che saranno messe all’incanto da Sotheby’s a Londra il 2 luglio con una valutazione di 100-150mila sterline l’una, raccontano la storia dell’amicizia fra i due pittori, di cui rimane un ristretto corpus di opere. Entrambi espatriati alla volta di Roma all’inizio del XVII secolo, affascinati dal naturalismo drammatico di Caravaggio, condivisero l’alloggio e spesso anche colori e pennelli. È a quel periodo che risale infatti la realizzazione degli autoritratti, forse eseguiti a quattro mani, data la loro frequente collaborazione per alcune committenze romane fra il 1617 e il 1619. Il dipinto di de Haen era già noto agli studiosi, mentre quello di van Baburen rappresenta una recente riscoperta. Il comune formato ovale, i colori tenui, l’espressione speculare dei volti rafforzano l’idea che si tratti di opere concepite in maniera unitaria.

«Autoritratto», fine secondo decennio del XVII secolo, di David de Haen. Courtesy of Sotheby’s

«Autoritratto», fine secondo decennio del XVII secolo, di Dirck van Baburen. Courtesy of Sotheby’s

Nel catalogo dell’asta di Sotheby’s, che propone un’offerta assai rarefatta, di poco più di una trentina di lotti, compare un nucleo ristretto di opere di pittrici che, al di là della questione di genere, hanno le carte in regola per farsi notare. In primis «Davide con la testa di Golia», una composizione imponente che esalta l'abilità di Artemisia Gentileschi nella resa su ampia scala (la stima di partenza oscilla fra 1 e 2 milioni di sterline). Il sapiente uso di luci e ombreggiature, l'accuratezza nella definizione di dettagli quali l’elsa della spada di Davide e il morbido panneggio delle maniche del suo abito, l’espressività eloquente di volto e postura concorrono, secondo gli esperti, alla rilevanza dell’opera, datata intorno alla fine degli anni ’30 del XVII secolo e forse dipinta a Londra per il re Carlo I. Tuttavia l'attribuzione risulta piuttosto recente e si deve anche al restauro conservativo che ha permesso di scoprire la firma della pittrice e una data parzialmente leggibile. In precedenza la tela venne attribuita a Giovanni Francesco Guerrieri, rimanendo invenduta in asta nel 1975. Ad aver concluso un ottimo affare è stato invece l’ultimo proprietario, che la acquistò per soli 104 mila euro da Hampel, a Monaco, nel 2018, quando il nome di Artemisia venne aggiunto in catalogo all’ultimo momento, rettificando un’iniziale e generica indicazione di caravaggesco del XVII secolo.

«Davide con la testa di Golia», terza decade XVII sec, di Artemisia Gentileschi. Courtesy of Sotheby’s

Sugli scudi anche un’altra pittrice, Clara Peeters, una degli specialisti della natura morta fiamminga del Seicento, di cui viene offerto quello che si presume sia un autoritratto, eseguito intorno al 1610. Benché meno accattivante come soggetto rispetto all’opera della Gentileschi, il dipinto di Peeters (la cui stima è 1,2-1,8 milioni) rappresenta un’estrema rarità nel già esiguo corpus di opere dell'artista, non solo perché ritrae una figura umana, ma perché rappresenta l'unico suo autoritratto noto. Nei secoli passati si fece strada l'idea che ad essere ritratta fosse in realtà Agnès Sorel, la favorita del re Carlo VII di Francia, tesi successivamente abbandonata. Per alcuni studiosi, però, la sontuosità dell'abito e dei gioielli indossati accanto alla valenza simbolica di altri oggetti potrebbero richiamare il concetto di Vanitas, un ammonimento verso se stessa o un insegnamento rivolto allo spettatore. Si torna in Italia nel clima del caravaggismo napoletano con una terza artista, Diana de Rosa, conosciuta anche come Annella di Massimo per il suo legame col pittore Massimo Stanzione. 

«San Quirino di Neuss» di Lorenzo di Credi. Courtesy of Sotheby’s

Una delle rare e significative presenze femminili del barocco napoletano è qui proposta con «Salomè con la testa di San Giovanni il Battista», in cui è evidente il richiamo al pathos dell'arte del Merisi (60-80mila sterline). La de Rosa morì a 41 anni, e ne nacque la leggenda, non confermata nei fatti, che fosse stata uccisa dal marito in un gesto estremo di gelosia per la relazione da lei intrattenuta con Stanzione. Intorno alla  vicenda nell’Ottocento romantico scaturirono racconti, pièce teatrali ma anche dipinti, come quello di Giuseppe Tramontano, «Annella de Rosa e Massimo Stanzione», conservato nella collezione Intesa Sanpaolo. Nell’ambito dei fondi oro a suscitare sicuro interesse è «San Quirino di Neuss», del fiorentino Lorenzo di Credi (2-3 milioni). Dell’opera, appartenuta nel XIX secolo anche al barone Mayer de Rothschild, si persero le tracce e fu a lungo conosciuta solo attraverso foto in bianco e nero fino alla sua riapparizione sul mercato in asta, da Sotheby’s, nel 1995. Protagonista della tavola è un santo raramente raffigurato, Quirino, il cui vigore di giovane guerriero viene amplificato dalla qualità scultorea della figura e dal contrasto con un fondo scuro, privo di elementi. Di sofisticata bellezza anche la scelta delle cromie delle vesti e la cura degli ornamenti dell'armatura del santo. Un foglio di studi preparatori conservato agli Uffizi di Firenze e datato verso la fine degli anni '80 del Quattrocento si collega all'evoluzione di questo dipinto. Dai colori scintillanti dei fondi oro si conclude con la morbida pacatezza di un interno domestico firmato da Vilhelm Hammershǿi. Il mercato del pittore danese è in grande spolvero e si rispecchia nell'importante stima di 2-3 milioni per «Interior, setting the table» del 1895. L'opera ritrae uno scorcio della sala da pranzo della prima casa del pittore e della moglie Ida e anticipa quel senso di silenzio misterioso e gravido di significato, che sarà poi distillato in altre celebri scene d’interni, fra cui «Woman at the Piano, Strandgade 30», del 1901, che da Sotheby's nel 2017 raggiunse 5,3 milioni di euro.

Elena Correggia, 29 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

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