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Elena Correggia
Leggi i suoi articoliUna materia viva, modellata da una luce vibrante attraverso piccoli tocchi energici, che imprimono dinamismo alle figure accanto a originalità di pose e incisività delle espressioni. Questa è la cifra stilistica del principe Paul Troubetzkoy (1866-1938), scultore italiano, benché di origini russe, a cui il Musée d’Orsay dedica un’importante retrospettiva dal 30 settembre all’11 gennaio 2026. Organizzata congiuntamente dal museo parigino insieme alla Gam di Milano (dove approderà dal 27 febbraio al 28 giugno 2026) e a CMS Cultura, la mostra è un’occasione di rilievo per valorizzare la conoscenza e il collezionismo di un protagonista indiscusso della scultura a cavallo tra fine Otto e inizio Novecento. Egli non solo nacque in Italia, a Intra, ma l’ambiente milanese fu quello in cui si formò, ebbe il suo primo studio di scultura e svolse un lungo periodo di attività. «La scelta di portare la mostra alla Gam non nasce infatti solo per il fatto che la galleria custodisce un nucleo significativo di opere, ma anche per la centralità che Milano rivestì per l’artista: rifuggì l’accademia per formarsi invece nell’alveo della Scapigliatura, con figure come i pittori Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni, che fu anche suo precettore, e lo scultore Giuseppe Grandi», spiega Omar Cucciniello, conservatore della Gam di Milano e curatore della tappa meneghina della mostra. A essere ripercorsa sarà poi l’intera carriera dello scultore, che proseguì in Russia, dove strinse amicizia con Tolstoj e ricevette importanti committenze nobiliari, poi la lunga esperienza parigina, che gli fece toccare l’apice della notorietà quale brillante ritrattista di quella élite cosmopolita che animava la Belle Epoque. Fino al successo negli Stati Uniti, dove immortalò la grande borghesia industriale ma anche divi del cinema quali Mary Pickford e Douglas Fairbanks. Tutto ciò attraverso importanti prestiti nazionali e internazionali, fra cui quelli del Museo del Paesaggio di Verbania (che custodisce la collezione dello studio di Troubetzkoy), del Musée des Beaux-Arts di Parigi, del Detroit Institute of Arts e del Fine Arts Museums di San Francisco. «Troubetzkoy è il “Boldini della scultura”: i due sono entrambi grandi ritrattisti, condividono la tecnica virtuosistica e la stessa committenza colta, facoltosa e internazionale, aggiunge Cucciniello. Il suo mercato non è però dinamico come quello di Boldini, pur contando un buon numero di collezionisti russi e statunitensi. Con questa esposizione e la contestuale pubblicazione del primo catalogo sull’artista in francese ci attendiamo una rivalutazione». Inoltre, la mostra illustra la sua personalità a tutto tondo, proponendo anche sculture di animali che superano la semplice moda animalier dell’epoca per sposare la causa animalista di cui fu sostenitore ante litteram.
«Troubetzkoy è stato uno scultore dalla personalità e dal tratto unici, il cui mercato risente in parte del fatto di essere stato a lungo in mano ai collezionisti russi, ma la grande mostra al Musée d’Orsay darà nuovo slancio e visibilità al suo lavoro, afferma il gallerista milanese Dario Mottola. Le sue quotazioni per opere autentiche sono molto legate alla qualità della fusione, nel caso del bronzo, alla tiratura, al soggetto e possono variare da 5mila fino a 200-300mila euro per i soggetti più rari». Molto amate le figure femminili e il suo record in asta è stato raggiunto proprio da una dama con «Dopo il Ballo (After the Ball), Ritratto di Adelaide Aurnheimer», del 1897, venduto da Sotheby’s nel 2021 per 177mila euro, mentre fra i personaggi famosi spicca Giacomo Puccini, che da Christie’s nel 2009 è passato di mano per oltre 121.600 euro (da una stima di 31-46mila). Il ritratto a cavallo di Alessandro II nel 2006 ha sfiorato 71mila euro sempre da Christie’s, che ha invece aggiudicato per più di 64.600 l’effigie della baronessa Robert de Rothschild nel 2012. Ma l’attenzione di Troubetzkoy venne catturata anche dai beduini sul cammello e dagli indiani d’America, come il «Cavaliere Indiano in vedetta», venduto da Sotheby’s nel 2006 per 28mila euro, «un mondo che conobbe per la prima volta quando il circo di Buffalo Bill sbarcò a Milano e lo scultore riempì subito una cartella di schizzi da cui trasse ispirazione», precisa il gallerista. Ancora prezzi decisamente contenuti raggiungono poi i suoi bronzetti di animali, vivaci e poetici al tempo stesso, come un «Cane seduto», del 1899, che ha totalizzato 25.100 euro da Sotheby’s nel 2020. Cifre modeste, se si paragonano alle centinaia di migliaia di euro che raggiungono spesso le opere realizzate nella sua breve vita da un altro scultore «animalier» per eccellenza, Rembrandt Bugatti, milanese, allievo di Troubetzkoy, poi trasferitosi a Parigi dove subì il fascino del modernismo. «Tutto quanto ha prodotto in quel breve ma proficuo periodo Bugatti è tracciato con certezza nei libri contabili della fonderia Hébrard con cui lavorò», aggiunge Mottola. «Inoltre, già fra gli anni ’80 e ’90 fu collezionato da Alain Delon ed entrò nel mercato statunitense, cosa che contribuì a far lievitare le sue quotazioni».

Adolfo Wildt «Mater purissima o Maria», 1928, altorilievo venduto da Il Ponte il 26 novembre 2024 per 107.520 euro. Courtesy of Il Ponte
Ma fra gli scultori italiani fra ’800 e ’900 sulla rampa di lancio per una, pur tardiva, consacrazione internazionale c’è anche Medardo Rosso. I suoi lavori «impastati» di luce, che paiono immergersi nello spazio circostante, sono stati protagonisti di un’ampia retrospettiva al Kunstmuseum di Basilea: «Medardo Rosso. Inventing Modern Sculpture», terminata il 10 agosto e curata da Heike Eipeldauer ed Elena Filipovic. L’esposizione, che segue quella dell’autunno scorso al Mumok di Vienna, mette l’opera di Rosso in relazione non solo ai suoi contemporanei internazionali ma anche alle generazioni successive. Versatile nell’uso dei materiali, Medardo è apprezzato particolarmente nella cera, mezzo congeniale per cogliere la mutevolezza delle forme, mentre in media i bronzi spuntano cifre inferiori. Il suo record assoluto è stato battuto nel 2015 da Sotheby’s a Londra per un «Bambino ebreo» in cera, del 1893, che ha superato i 458mila euro, mentre da Wannenes a Milano, il 12 giugno scorso, un altro «Bambino ebreo», appartenuto in origine all’amico e allievo Milo Beretta, ha cambiato proprietario per quasi 119mila. Si tratta tuttavia di prezzi che non rappresentano nemmeno un decimo di quelli ottenuti dalle sculture di Auguste Rodin, artista che ben conobbe a Parigi e con il quale trovò un’affinità di linguaggio. «Oltre a Medardo Rosso, che ha ricoperto una grande importanza anticipando le avanguardie del Novecento, non si può dimenticare Adolfo Wildt, il cui modellato legato all’idea del marmo si allontana dall’Impressionismo in auge all’epoca ma risalta per la grande modernità, capace di cogliere appieno il dramma dell’uomo del XX secolo, afferma Cucciniello. Dopo un periodo di sfortuna critica e di mercato, è ritornata l’attenzione sul suo lavoro e il suo virtuosismo tecnico, che affonda le radici nella formazione milanese, ha molti estimatori». Fra le più recenti aggiudicazioni di Wildt, si ricorda l’altorilievo in marmo di Carrara del 1928 «Mater purissima o Maria», realizzato per l’ottantesimo compleanno dell’imprenditore Giovanni Battista Pirelli, che da Il Ponte a Milano nel novembre 2024 ha raggiunto 107.520 euro (da una stima di 40-60mila).
«Se si guarda in generale all’ambiente milanese della seconda metà dell’Ottocento, sono numerose le personalità che meritano una più attenta valorizzazione, soprattutto nell’ambito della Scapigliatura, con figure come Michele Vedani, Leonardo Bazzaro, Guido Righetti, Eros ed Eugenio Pellini e soprattutto Giuseppe Grandi, che fu un po’ il maestro e capostipite degli Scapigliati ma le cui quotazioni non vanno oltre le poche migliaia di euro», conclude Mottola. Accanto alle opere di committenza pubblica, come celebri monumenti, Grandi fu autore di bronzetti di impatto innovativo, come il «Beethoven giovinetto», venduto da Sotheby’s a Londra per 14mila euro nel 2017 (suo record price) e «La pleureuse», una colata di bronzo anticipatrice del clima del ’900, che tuttavia da Sotheby’s nel 2013 è stata acquistata sotto le stime per soli 9.600 euro.

Paul Troubetzkoy «Comte Robert de Montesquiou», 1907. © Photo Musée d’Orsay, Dist. GrandPalaisRmn / Patrice Schmidt
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