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La Gam, il primo museo «moderno» d’Italia

Alessandro Martini

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La mostra «Dalle bombe al museo 1942-59. La rinascita dell’arte moderna. L’esempio della Gam» (14 dicembre 2016-14 maggio 2017) è un omaggio che la Galleria Civica dedica alla propria storia e tramite il quale, con poca falsa modestia e del tutto legittimamente, ricorda il ruolo di «modello» assunto dalla propria sede nell’attardata museografia italiana dell’epoca. 

L’attuale Galleria Civica d’Arte moderna e contemporanea, che sorge sull’area del precedente padiglione (Mario Calderini, 1880) bombardato nel 1942, è frutto del concorso bandito nel 1951 dal Comune di Torino e promosso da Vittorio Viale, direttore dei Musei Civici torinesi (1930-65) e figura tra le più significative del rinnovamento museale in Italia nel XX secolo. Tra i partecipanti di allora figurarono anche Carlo Mollino, Carlo Aymonino, Roberto Gabetti e Mario Federico Roggero con l’ancora studente Aimaro Isola. Aperta al pubblico nel 1959 (l’anno dell’inaugurazione del Guggenheim Museum di Frank Lloyd. Wright a New York), la Gam progettata da Carlo Bassi e Goffredo Boschetti, giovani e sconosciuti, fu il primo museo appositamente realizzato per ospitare una grande istituzione culturale dichiaratamente «moderna», che agli spazi per le collezioni permanenti affiancava sale mostre, biblioteca e archivio, uffici, depositi e laboratori di restauro, secondo una composizione articolata per volumi autonomi, diagonali all’interno della maglia viaria. A ciò corrispose l’adozione della pianta libera e la massima flessibilità negli allestimenti, l’illuminazione naturale e filtrata, l’articolazione variata dei percorsi espositivi. La necessità di modifiche nell’allestimento e il deteriorarsi di alcuni materiali hanno costretto ripetuti interventi tra anni Ottanta e Novanta, che hanno talvolta snaturato il progetto originario. Ma ancora oggi il suo valore è ben riconoscibile. 

Ideata da Carolyn Christov-Bakargiev e curata da Riccardo Passoni e Giorgina Bertolino (a cui si devono i bei testi in catalogo, in cui stupisce l’assenza di un contributo sulla storia dell’architettura), la mostra presenta fino al 14 maggio 60 opere acquisite o restaurate in previsione della riapertura, quando la strategia lungimirante di Viale consentì di incrementarne la collezione con opere di artisti internazionali, come Marc Chagall («Dans mon pays», 1943, acquisita alla Biennale di Venezia del 1948), Hans Hartung e Alfred Manessier. In mostra anche fotografie d’epoca, disegni architettonici, lettere, documenti e arredi di Bbpr, Luigi Caccia Dominioni, Gio Ponti e Ico Parisi che decorarono il museo. Tra le opere esposte «Sculture di silenzio “Corneille”» di Hans Arp (1942), «Ragazza seduta» di Giacomo Manzù (1948), e «La cicogna» di Pinot Gallizio (1957).

Alessandro Martini, 10 gennaio 2017 | © Riproduzione riservata

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