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Jenny Dogliani
Leggi i suoi articoliSiglato l’accordo pluriennale tra LG Electronics e National Gallery di Londra, un passaggio importante nell’ambito delle alleanze tra istituzioni culturali e grandi multinazionali. LG Electronics diventa Partner for Modern and Contemporary Art, questa la dicitura ufficiale, non una semplice sponsorizzazione e neppure un’operazione di visibilità incrociata. La National Gallery, oltre sei milioni di visitatori l’anno, lavora da tempo per ampliare la propria mission: se la sua identità resta legata ai capolavori della pittura europea dal XIII al XIX secolo, negli ultimi anni il ha avviato un programma dedicato all’arte moderna e contemporanea, con l’obiettivo di aggiornare il racconto storico in dialogo con il presente. È questo il fronte su cui si innesta la partnership con LG, che diventa ufficiale.
L’azienda coreana oltre a risorse finanziarie porta in dote un capitale tecnologico che il museo potrà integrare nelle mostre, nei programmi educativi e nei progetti di ricerca. In particolare, i display OLED — tra le innovazioni di punta di LG — verranno utilizzati per creare nuove esperienze di fruizione: dalla presentazione ad altissima definizione di opere e documenti, a installazioni immersive, fino a strumenti didattici pensati per un pubblico globale e intergenerazionale.
La differenza rispetto al passato è evidente. In molti casi le aziende si sono limitate a un ruolo di sponsor logo, garantendo visibilità ma senza incidere sui contenuti. Qui il legame è più stretto: la tecnologia diventa parte del processo museale, un elemento attraverso cui la National Gallery può sperimentare nuove modalità di comunicazione e interpretazione. In un’epoca in cui i visitatori sono abituati a vivere esperienze digitali quotidiane, la sfida per i musei è mantenere la centralità delle opere storiche senza apparire distanti o inaccessibili.
Per la National Gallery, l’accordo con LG è il tassello di una strategia più ampia di diversificazione e ampliamento del pubblico. Significa offrire strumenti di mediazione più vicini ai linguaggi contemporanei, ma anche aprire il museo a un dialogo con discipline come la tecnologia, la comunicazione e il design. Per LG, invece, la partnership è un investimento reputazionale di lungo periodo: associare il proprio marchio non solo all’eccellenza tecnologica, ma anche alla trasmissione culturale e alla capacità di innovare l’istituzione più simbolica del Regno Unito.
Il rischio, come sempre in questi casi, è che la retorica della collaborazione sovrasti i risultati concreti. Molte operazioni tra arte e impresa hanno avuto un impatto effimero, esaurendosi in campagne di comunicazione o in progetti isolati. La vera misura del successo sarà data dalla capacità di far vivere questa alleanza nella quotidianità del museo: mostre più accessibili, programmi educativi più inclusivi, esperienze capaci di arricchire la comprensione delle opere senza trasformarle in mero spettacolo digitale.
Ma è comunque un modello diverso, invece di limitarsi a finanziare, l’azienda entra nel cuore del processo culturale, assumendo un ruolo quasi curatoriale nella ridefinizione dell’esperienza del pubblico. Un terreno complesso: la tecnologia deve potenziare la lettura dell’arte, non sostituirla o appiattirla.
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