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Luana De Micco
Leggi i suoi articoliAl Musée d’Orsay si può ammirare al meglio l’«Atelier du peintre» di Gustave Courbet. Iniziato nel novembre 2014, il restauro dell’immensa tela, 3,61x5,98 m, ha richiesto un anno più del previsto. «Al termine abbiamo scoperto un Courbet molto “italiano” che era inatteso» ha osservato il direttore del museo Guy Cogeval. L’eliminazione delle vecchie ridipinture, la pulizia e l’assottigliamento delle vernici, hanno riportato alla luce dettagli prima illeggibili: «È il manifesto di Courbet. Una vera dimostrazione di virtuosismo», ha sottolineato la conservatrice Isolde Pludermacher.
Si scopre che il pittore aveva restituito con precisione l’elaborato motivo dello scialle e la seta del foulard. Compare un vena blu sul seno della modella. Riappare la pipa di Charles Baudelaire intento nella lettura. Si ritrova lo spazio dell’atelier con la riproduzione, sulla parete di fondo, di un altro quadro dello stesso Courbet, «I contadini di Flagey». Ma non è stato un restauro solo «estetico»: le radiografie e le foto all’infrarosso realizzate dal Centre de Recherche et de Restauration des Musées de France avevano infatti evidenziato la fragilità del supporto.
L’artista cucì diverse aggiunte di tela per ingrandire la composizione; il dipinto viaggiò arrotolato e servì da scenografia in un teatro privato, fu rintelato nel 1920 una volta acquisito dal Louvre e danneggiato durante un allagamento. È stato dunque ritenuto necessario sostituire il telaio e consolidare il retro, operazione che è avvenuta in laboratorio, mentre il resto del restauro è stato realizzato sotto gli occhi dei visitatori da una équipe di 12 restauratori entro una cabina di vetro allestita nella sala del museo. L’intervento, costato 600mila euro, è stato finanziato per metà da privati (una raccolta di fondi online ha permesso di raccogliere 150mila euro).
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