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Luana De Micco
Leggi i suoi articoli«Questo libro occupa un posto importante nella storia dell'arte. Non ha rivali». Così Enrico d’Orléans, duca d’Aumale, parlava di un prezioso manoscritto medievale che acquistò a Genova nel 1855 per 18mila franchi e che ancora oggi è conservato nelle collezioni del Castello di Chantilly (donato nel 1886 da Enrico d’Orléans, ultimo proprietario, insieme a quasi mille dipinti, all’Institut de France). Il codice miniato porta il titolo di «Très Riches Heures du duc de Berry».
Commissionato intorno al 1411 da Jean de Valois, duca di Berry e fratello del re Carlo V di Francia, mecenate noto per il suo gusto raffinato per l’arte, è un Libro d’Ore destinato alla devozione privata. Composto da 206 fogli di pergamena, il volume è ornato da 66 grandi miniature, 65 più piccole e numerose decorazioni marginali. Tra il 2023 e il 2024 è stato sottoposto a una campagna di analisi scientifiche e di restauro e ora, per la prima volta, ne vengono esposte nella sala del Jeu de Paume del Musée Condé, dal 7 giugno al 5 ottobre, 26 pagine, quelle del calendario miniato, cuore visivo dell’opera. Un’occasione quindi rara o forse unica, poiché, ha fatto sapere il museo, con ogni probabilità sarà anche l’ultima. Il manoscritto è stato mostrato solo due volte, nel 1954 e nel 2000, e per rispettare le volontà testamentarie del duca, che vieta ogni prestito del manoscritto fuori dal museo, non può lasciare la sua dimora di Chantilly.

«Febbraio» da «Les Très Riches Heures du duc de Berry». © Rmn Grand Palais Domaine de Chantilly - Michel Urtado
«Settembre» da «Les Très Riches Heures du duc de Berry». © Rmn Grand Palais Domaine de Chantilly - Michel Urtado
È un oggetto prezioso e fragile, conservato al riparo dalla luce. Negli ultimi anni il manoscritto aveva comunque mostrato diversi segni di degrado, distorsioni dei fogli, instabilità dei pigmenti e alterazioni della rilegatura, rendendo quindi urgente l’intervento. Le indagini condotte su 36 delle principali miniature dagli esperti del Centre de Recherche et de Restauration des Musées de France (C2rmf), in collaborazione con il Centre de Recherche sur la Conservation (Crc), che hanno preceduto l’intervento conservativo, hanno permesso di comprendere meglio la genesi del manoscritto, svelando anche disegni sottostanti in materiali diversi, come il carboncino o l’inchiostro misto, e distinguendo le diverse mani intervenute alla sua realizzazione. Tre generazioni di artisti sono state coinvolte nel corso del XV secolo: i fratelli Paul, Jean e Herman Limbourg, Barthélemy d’Eyck e infine Jean Colombe. «I fratelli Limbourg, si legge in una nota del Musée Condé, prestarono molta attenzione ai dipinti italiani presenti nelle collezioni dei principi francesi e della corte di Avignone, in particolare a quelli di Simone Martini e del suo entourage senese e ad alcuni affreschi fiorentini. Disegni e manoscritti viaggiavano facilmente, dando ai Limbourg accesso alle innovazioni italiane». Rimasta incompiuta alla morte dei fratelli miniatori nel 1416, l’opera fu poi ripresa da d’Eyck verso il 1446 e completata, attorno al 1485, da Jean Colombe, su incarico di Carlo I di Savoia. Dalle indagini è emerso, per esempio, che i fratelli Limbourg utilizzavano pigmenti preziosi come lapislazzuli di alta qualità e lacche rosse pregiate, indicativi delle risorse messe a disposizione dal duca di Berry, a differenza di Jean Colombe, che preferiva pigmenti più economici come l’azzurrite e il giallo di piombo e stagno.
Oggetto di numerose riproduzioni già all’epoca del duca d’Aumale, il codice miniato ha forgiato l’immaginario comune del Medioevo. «Nate dal sogno del più grande mecenate del tardo Medioevo francese e di tre fratelli che rivoluzionarono l’arte della miniatura, le Très Riches Heures, scrive il curatore della mostra Mathieu Deldicque, direttore del Musée Condé, sono una delle opere fondanti della storia dell’arte occidentale. Costituiscono un vero e proprio paradosso: nacquero in un’epoca che, nonostante fosse travagliata dalla Guerra dei Cento Anni, dai conflitti fratricidi tra fazioni principesche, dalle rivolte popolari, dagli assassinii politici, dal Grande Scisma e molti altri flagelli, mostrava un ineguagliabile splendore per la creazione artistica». Ai fratelli Limbourg si devono le 12 miniature del calendario, esposte ora simultaneamente, grazie a un delicato processo di separazione delle pagine dalla rilegatura originale. Per garantirne la conservazione, sono state realizzate delle vetrine speciali. Il manoscritto è a sua volta esposto, aperto a rotazione su una doppia pagina diversa (il calendario della rotazione è reso noto dal museo). La mostra di Chantilly esplora anche il ruolo di mecenate del duca di Berry, allestendo tra l’altro il suo gisant, la scultura funeraria realizzata da Jean de Cambrai, conservata nella cattedrale di Bourges. Istituzioni internazionali hanno prestato preziosi manoscritti antichi, appartenuti al duca, tra cui il suo libro dei Salmi, realizzato dal pittore e scultore André Beauneveu verso il 1386, conservato alla Bibliothèque nationale de France, mentre dal Met di New York arriva la prima opera su pergamena dei fratelli Limbourg, «Belles Heures du duc de Berry», del 1405-09.

Jean de Cambrai, «Pleurant du tombeau du duc de Berry, Bourges», 1403-16 ca. © Musée et Patrimoine Historique de la Ville de Bourges