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Elena Correggia
Leggi i suoi articoliQual è la sua visione del mercato dopo le settimane dell’arte di Londra e Parigi e quali sono le differenze fra le due piazze?
Le recenti edizioni di Art Basel al Grand Palais a Parigi e di Frieze a Londra sono state eccezionali: la prima più focalizzata sui classici della modernità, la seconda più sul contemporaneo. A Parigi c’erano mercanti newyorchesi importanti, da Acquavella a Lévy-Gorvy a Landau, ad esempio, che hanno scelto di portare qui opere stupende e costose. E penso che ora la fiera a Basilea abbia da fronteggiare una sfida per i prossimi due o tre anni. A Parigi c’erano molti acquirenti americani arrivati subito il primo giorno di apertura della fiera, cosa che non hanno fatto invece quest’anno nell’edizione svizzera. Allo stesso modo a Londra, a Frieze, c’erano molti collezionisti europei e asiatici, molti clienti cinesi, ad esempio. A Londra la manifestazione è più trendy e incentrata sui giovani artisti della scena contemporanea, d’altra parte la città ospita molte gallerie contemporanee, anche europee e americane, che possiedono spazi espositivi in loco. Quindi Parigi e Londra sono abbastanza diverse, ma creano una collaborazione molto buona fra loro.
E dal punto di vista delle vendite, in fiera e anche in asta, quali conclusioni si possono trarre?
Le fiere sono molto importanti perché i commercianti, che sono professionisti che gestiscono molti collezionisti privati, portano i loro pezzi da novanta. A Parigi i galleristi hanno portato le loro migliori opere. Ad esempio, Hauser&Wirth ha venduto un quadro di Richter intorno ai 23 milioni di dollari, probabilmente il lavoro più caro venduto in questa edizione. Ci sono dealer che hanno portato opere da 30, 40, 50 milioni di dollari a una fiera qui in Europa. Una cosa del genere non l'avremmo vista due o tre anni fa, e questo perché la gente ora vuole comprarle. Per le aste bisogna tenere presenti gli eccezionali risultati della collezione di arte surrealista di Pauline Karpidas, che il mese scorso ha totalizzato il 100% di venduto da Sotheby’s, diventando la collezione di un singolo proprietario più cara mai aggiudicata a Londra (per un totale di 101 milioni di sterline, circa 137 milioni di dollari ndr). E poi è stata seguita dall’asta serale di Christie’s, che poneva maggiori sfide perché offriva lotti da collezioni di diversi proprietari e su livelli di prezzo differenti, ma è andata comunque molto bene.
Quindi i risultati della collezione Karpidas hanno segnato un punto di svolta per il mercato di quest’anno?
Sì, quell’asta ha creato una situazione molto simile a ciò che avvenne in piena crisi economico-finanziaria con l’asta della collezione di Yves Saint-Laurent, che battemmo da Christie’s a Parigi, nel 2009. Le opere erano straordinarie e le stime ragionevoli. Molti oggetti furono comprati dal Governo e il realizzo totale fu di oltre 400 milioni di dollari, che è il record per qualsiasi collezione privata venduta in Europa. Da quel momento, improvvisamente, tutti guardarono al mercato dell’arte, alla qualità degli oggetti e si sentirono fiduciosi. La collezione Karpidas ha prodotto lo stesso effetto.
Il mercato è dunque selettivo ma rimane una domanda solida per le opere di prima fascia?
Sì, e bisogna notare che le offerte sono vivaci ed è importante il numero di persone che pur facendo offerte non hanno ottenuto un lotto, mostra la profondità del mercato. Bisogna sottolineare che le persone non sono semplicemente fiduciose, ma sono le stime più basse a portare più persone sul mercato. Nell’asta del 23 ottobre scorso ho acquistato un’opera da Christie’s («Fruit d'une longue expérience» ndr ) di Max Ernst per 2,65 milioni di euro (più i diritti ndr), stimata tra 800mila e 1,2 milioni e datata1919. Sono venuto apposta a Parigi perché era un lavoro raro, aveva una valutazione molto bassa e sapevo che nella mia carriera avrei avuto una sola occasione per acquistare un oggetto del genere. In generale poi un esperto di Christie’s, Sotheby’s o Phillips deve stare molto attento a stabilire i prezzi delle opere in modo ragionevole per incoraggiare le persone a fare offerte, perché la concorrenza dà molta fiducia. Molti acquirenti, infatti, aspettano un'altra offerta prima di fare la propria, perché vogliono sentirsi sicuri che ci siano altre persone interessate a quel dipinto di Picasso, Cesar o Modigliani.
Quali sono le sue previsioni per le aste newyorchesi del mese prossimo?
In questa stagione ci saranno, credo, ben 12 vendite da «estate» diversi. Queste vendite attirano come al solito materiale di grande qualità. Le stime sono nell’insieme molto ragionevoli, quindi è probabile che, visto l'interesse dimostrato da Londra e Parigi, avremo esattamente gli stessi risultati a New York e, ovviamente, le vendite saranno molto più consistenti. Si supererà il miliardo di dollari, cifre molto serie. Questo permetterà a chiunque possieda oggetti importanti di sentirsi a proprio agio nel metterli sul mercato internazionale dell'arte, a Londra, Parigi o New York. Penso che nel 2026 proseguirà questa tendenza.
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