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Uno scatto delle foreste del Monte Omine

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Uno scatto delle foreste del Monte Omine

In pellegrinaggio sulle montagne Kii in Giappone

Un osservatore privilegiato scruta il Patrimonio mondiale

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Francesco Bandarin

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Il sito sacro delle montagne Kii si trova nella regione centrale del Giappone, nelle Prefetture di Nara, Wakayama e Mei, in una zona che sovrasta l’Oceano Pacifico, caratterizzata da aspri rilievi alti fino a 2mila metri, coperti da dense foreste pluviali ricche di torrenti, fiumi e cascate. Questo sito di grande bellezza, probabilmente venerato come luogo sacro fin da epoca preistorica, è da oltre mille anni un’importante meta di pellegrinaggio religioso, che ancora oggi svolge un ruolo importantissimo nella vita spirituale del Giappone, attirando non meno di 15 milioni di visitatori ogni anno.

A partire dal II e III secolo d.C., con l’introduzione della coltivazione del riso in Giappone e lo sviluppo di insediamenti nelle zone di pianura, la religione tradizionale Shinto, nella quale gli elementi naturali come le montagne, le foreste e le rocce erano venerati come divinità, ebbe un forte sviluppo, rafforzando il legame tra la vita nelle città e la vita tradizionale nelle aree di montagna. Secondo la religione Shinto, gli dei delle montagne controllavano l’acqua, essenziale per la crescita del riso, e l’oro, necessario per lo sviluppo delle città. Per questi motivi, si credeva che fosse stato un dio delle montagne a guidare il primo imperatore nella costruzione della prima capitale, Nara.

L’importazione del buddhismo dalla Cina e dalla Corea, attorno alla metà del VI secolo, corrispose in Giappone a un cambiamento del sistema di potere, che divenne molto più centralizzato e basato su un sistema di leggi imposte dall’alto. La religione tradizionale Shinto e il buddhismo si fusero in una unica religione, il shinbutsu-shugo, promossa dal potere centrale a partire dall’VIII secolo, che per oltre mille anni fu la religione ufficiale del Paese. Nel IX secolo le Montagne Kii divennero la sede di un movimento religioso buddhista esoterico, la setta Shingon (Shingon-shu).

Nel X e XI secolo sorse un’altra setta buddhista, lo Shugendo, che combinava elementi prebuddhisti, di buddhismo esoterico (il Mikkyo) e anche taoisti di provenienza cinese, fondata sulla ricerca di poteri soprannaturali attraverso pratiche di meditazione nelle montagne. A partire da questo periodo le Montagne Kii furono viste come una «Terra Pura» dove si credeva che abitassero le divinità buddhiste e dove avveniva la reincarnazione dei defunti.

In questa visione, il vicino Mare meridionale venne identificato con il paradiso, chiamato Fudaraku-Jodo. Nel XII secolo, le Montagne Kii furono ufficialmente designate come il principale sito sacro in Giappone, e divennero meta di un vasto movimento di pellegrini, che richiese la costruzione di numerosi itinerari, sentieri, templi, santuari e ospizi. La chiusura dei rapporti con la Cina avvenuta in quel periodo permise lo sviluppo di pratiche rituali buddhiste tipicamente giapponesi, sostenute da tutti i sovrani che si succedettero nel corso della complessa vicenda storica del Giappone, che vide il trasferimento della corte imperiale a Kyoto e successivamente il suo indebolimento per una serie di lotte intestine (dal XIV al XVI secolo) e infine la nascita del potere militare degli Shogun con sede a Edo (l’odierna Tokyo).
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Quando, nel 1868, l’imperatore riprese il potere abolendo lo shogunato e trasferendo la capitale a Tokyo, si decise la separazione delle due religioni, con la proibizione di rituali comuni e la rimozione delle statue del Buddha dai santuari Shinto. Nonostante questo, e grazie al grande sostegno popolare, i santuari delle Montagne Kii sopravvissero nelle forme tradizionali. Il sito, iscritto nel 2004 nella Lista del Patrimonio mondiale, è costituito da tre principali luoghi sacri: Yoshino e Omine, Kumano Sanzan e Koya-san e dalla rete di itinerari di pellegrinaggio costruita nel corso dei secoli nelle montagne.

Lungo ognuno di questi itinerari si incontrano elaborate architetture tradizionali, con templi, statue, stupa, costruiti in legno, che vengono continuamente ricostruiti nel tempo. Il sito di Yoshino e Omine, situato nella parte più settentrionale dell’area, è il luogo sacro dello Shugendo, i cui seguaci, chiamati «yamabushi» (monaci delle montagne), vivono ritirati in eremi, isolati dal mondo, nelle foreste del Monte Omine.

Il tempio principale è lo Kinpusen-ji conosciuto nella storia giapponese per la visita che gli rese nel 1594 il celebre samurai Toyotomi Hideyoshi (1536-98), il «daimyo» (signore feudale) considerato come il secondo grande «unificatore» del Giappone, e per i rituali di confessione dei peccati che vi si svolgono. Kumano Sanzan è il nome di una serie di santuari situati nel sudest della penisola Kii (il Santuario Hongu Taisha a Kumano), chiamati «Sohonsha», che distano 30-40 chilometri tra di loro e sono collegati da itinerari costruiti nella foresta, conosciuti come Kumano Kodo. Il monte Koya (Koya-san) è il quartier generale della setta buddhista Shingon.

La cittadina sviluppatasi attorno al monastero, Koya, conosciuta per i suoi 120 templi, è il luogo di origine dell’itinerario di pellegrinaggio Shikoku, che interessa 88 santuari nell’isola omonima. A Koya, il tempio più famoso è il Kongobu-ji, costruito dal monaco buddhista Kukai (774-835) nell’anno 816, che ha il più grande «banryutei» (giardino di rocce) del Giappone, con oltre 140 rocce di granito disposte in modo da sembrare dragoni che proteggono il tempio.

Il tempio Kongobu con il suo giardino di rocce

Francesco Bandarin, 25 giugno 2022 | © Riproduzione riservata

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In pellegrinaggio sulle montagne Kii in Giappone | Francesco Bandarin

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