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Franco Fanelli
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Lo scorrere del tempo è il rovello di chi pratica le tecniche dell’incisione: c’è il tempo dilatato imposto dai procedimenti di morsura e stampa, quello fulmineo del gesto, quello ora prudente ora immediato del segno. In una delle incisioni più celebri della storia, Dürer, accanto a un putto intento all’arte del bulino, affida anche alla clessidra il ruolo di metafora della malinconia.
Sono categorie e suggestioni, queste, presenti nel lavoro di Massimo Poldelmengo (Pordenone, 1964), che allestisce, sotto il titolo «Time», una ventina di opere eseguite negli ultimi due anni presso la Stamperia d’arte Albicocco.
I laboratori da cui sono passati, tra gli altri, autori come Kounellis, Accardi, Nunzio, Tremlett e Pizzi Cannella, si ripropongono con questa mostra, aperta sino al 25 novembre, anche come sede espositiva dopo un paio d’anni di interruzione. Ingranaggi di orologi, nelle grandi matrici di Poldelmengo, sono attraversati dall’irruzione materica del carborundum, dell’acquatinta e della puntasecca, da cui scaturisce il nero intenso delle stampe.
A operare nei metalli delle lastre su cui lavora l’artista friulano sono anche altre forme di temporalità, quella richiesta dall’azione di ruggini e ossidazioni. In catalogo, testi di Caterina Furlan, Francesca Agostinelli e Gianluca Albicocco.
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