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La Galerie Apollon

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La Galerie Apollon

Dentro alla Galerie d’Apollon al Louvre, sede dei Gioielli della Corona francese, luogo della rapina al museo

La Galerie contiene i Gioielli della Corona francese, tra cui quelli legati all’età napoleonica. Si tratta di una selezione di ventitré pezzi, tra diamanti, corone, diademi e parure, che offrono un raro esempio della relazione tra arte orafa, rappresentazione del potere e costruzione simbolica dell’immagine statale nella Francia tra fine Settecento e Ottocento.

Lavinia Trivulzio

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La Galerie d’Apollon al Musée du Louvre, riaperta al pubblico nel gennaio 2020 dopo lavori di ristrutturazione, custodisce collezioni storiche di inestimabile valore, e il furto odierno evidenzia quanto la protezione di questi beni sia diventata una priorità urgente. La rapina riapre il dibattito sulla sicurezza dei musei e sulla necessità di strategie più efficaci per prevenire episodi simili, che minacciano non solo il valore economico ma anche la memoria storica di collezioni uniche al mondo.

La Galerie contiene i Gioielli della Corona francese, tra cui quelli legati all’età napoleonica. Si tratta di una selezione di ventitré pezzi, tra diamanti, corone, diademi e parure, che offrono un raro esempio della relazione tra arte orafa, rappresentazione del potere e costruzione simbolica dell’immagine statale nella Francia tra fine Settecento e Ottocento. Al centro dell’allestimento si trova il Regent Diamond, gemma di 140 carati scoperta in India all’inizio del XVIII secolo, acquistata dal duca d’Orléans e in seguito incastonata nella spada cerimoniale di Napoleone Bonaparte. L’uso di questo diamante da parte dell’imperatore non rispondeva solo a criteri estetici: era un gesto politico, volto a inscrivere il nuovo regime imperiale nella continuità della monarchia, appropriandosi dei suoi simboli più evidenti di legittimazione e sacralità. Il linguaggio del potere napoleonico trovava nella materia preziosa un efficace strumento di rappresentazione, dove la luce e la rarità del gioiello diventavano metafore di virtù e sovranità. Tra i manufatti di maggiore interesse figurano anche la corona dell’imperatrice Eugenia (1855), sotto i riflettori in queste ore perchè "ritraovata gravemente danneggiata all'esterno dell'edifico", opera del gioielliere Alexandre-Gabriel Lemonnier, e alcune parure provenienti dal tesoro di corte. Questi oggetti testimoniano l’evoluzione del gusto e delle strategie di autorappresentazione della dinastia bonapartista nel corso del XIX secolo. L’estetica dell’Impero. fortemente codificata, ispirata all’antico e mediata dal linguaggio neoclassico, trova nei gioielli una delle sue espressioni più raffinate e persistenti.

La storia dei Gioielli della Corona riflette le discontinuità politiche della Francia moderna. Confiscati durante la Rivoluzione, parzialmente restaurati da Napoleone I e nuovamente modificati sotto Napoleone III, questi oggetti sopravvivono oggi come testimonianze materiali di un sistema di valori in cui arte, potere e legittimazione si intrecciano in modo indissolubile. La loro presenza nella Galerie d’Apollon, spazio concepito da Le Vau e decorato da Charles Le Brun come omaggio al sole di Luigi XIV, aggiunge un ulteriore livello di continuità simbolica tra monarchia e impero: la luce, tema centrale del programma decorativo. diventa anche il  principio visivo che accomuna la pittura, l’architettura e la gemma.Oggi la sezione dedicata ai gioielli napoleonici non è soltanto una raccolta di preziosi, ma un archivio storico della rappresentazione del potere. In essi si legge la tensione tra estetica e politica, tra il valore artistico dell’oggetto e la sua funzione ideologica. Nel contesto museale contemporaneo, questi manufatti permettono di interrogare il rapporto tra lusso e istituzione, tra materialità e mito politico, aprendo uno spazio di riflessione su come il potere si costruisca — e sopravviva — attraverso la forma.

 

Galerie Apollon

La Corona dell’Imperatrice Eugenia

Lavinia Trivulzio, 19 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

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