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Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliDopo una primavera insolita in cui ha ospitato per giorni gli alluvionati e un’estate dedicata agli allestimenti, il Classis Museo della Città e del Territorio, inaugura il 29 settembre due nuove sezioni, dedicate all’edilizia abitativa ed ecclesiastica ravennate in età tardoantica, romana e tardoromana.
L’esposizione vede ordinati nei nuovi spazi, intitolati rispettivamente «Pregare a Ravenna» e «Abitare a Ravenna», reperti e resti di mosaici provenienti da noti scavi, come quello alla Basilica di San Severo a Classe di Ravenna, ultima chiesa a essere eretta al tempo di Ravenna capitale dell’Impero romano d’Occidente a fine VI secolo d.C., da collezioni come la Domus dei Tappeti di Pietra sempre a Ravenna e la Domus di via Dogana a Faenza (da cui proviene la Nereide sul delfino).
La prima sezione analizza l’architettura religiosa e gli influssi che qui derivarono da Roma, Milano e Costantinopoli, con la ricostruzione di uno spazio liturgico basilicale in cui sono collocati mosaici pavimentali provenienti da San Severo, un riquadro musivo della ancora enigmatica basilica «Cà Bianca», capitelli ritrovati vent’anni fa nello scavo dell’Antico Porto di Classe.
La parte dedicata alle residenze romane ordina alcuni mosaici, come quello proveniente da via Dogana di Faenza risalente al V secolo d.C. e forse raffigurante un episodio della guerra di Troia e altri provenienti dalla domus romana del Triclinio, distrutta da un incendio all’inizio del IV secolo d.C.
L’ampliamento, a cura di Andrea Augenti, Fabrizio Corbara, Giovanna Montevecchi e Giuseppe Sassatelli e finanziato dal MiC in collaborazione con il Comune, completa così il racconto della storia archeologica ravennate secondo il progetto definito all’apertura del 2018 da Fondazione RavennAntica.
 
                        
                    Mosaico di Nereide sul delfino proveniente dalla Domus di via Dogana a Faenza
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