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Stefano Luppi
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La tradizione, artistica e culturale in generale, di Modena si allunga fin dagli anni immediatamente seguenti la fine della Seconda quella mondiale ed è una tradizione di rilievo. Sia per quanto riguarda i nomi degli artisti di maggior rilievo (da Luigi Ghirri, Franco Vaccari, Claudio Parmiggiani, Franco Guerzoni a Giuliano Della Casa, Carlo Cremaschi, Carlo Mattioli e altri) sia per quanto riguarda gli eventi.
Sotto la Ghirlandina (la torre campanaria del Duomo, simbolo della città, Ndr), infatti, già nel 1947 venne allestita ai Giardini Ducali «Premio Modena. Mostra nazionale di pittura contemporanea», con una giuria a cui presero parte anche Roberto Longhi (1890-1970) e Giorgio Morandi (1890-1964) mentre nel 1958 nacque la Sala di cultura del Comune di Modena destinata a divenire nel 1974 Galleria Civica (struttura alcuni anni fa smantellata per «fonderla» in un ente oggi chiamato Fondazione Ago - Fabbriche culturali).
Brevissimi cenni storici per tratteggiare la situazione odierna in una città naturalmente cambiata da questo punto di vista, tra luci e ombre. Tra le prime va senz’altro menzionata la crescita esponenziale del turismo: l’anno record è stato il 2024 con un +5,9% degli arrivi di turisti rispetto al 2023 e il primo quadrimestre ’25 che conferma il trend positivo con un incremento del 10,2% (oltre 240mila arrivi con un +17,6% di turisti stranieri). E allargando oltre l’arte, è positiva decisamente la riqualificazione, in corso o terminata da poco, di svariati «contenitori culturali», ossia palazzi storici destinati a funzioni appunto culturali, così come è molto ampia la soddisfazione per il valore crescente del Teatro Comunale «Luciano Pavarotti - Mirella Freni» (una statua del primo a fianco del teatro è fotografatissima) e di Ert Teatri, quest’ultimo ente teatrale «nazionale» del Ministero della Cultura.
A cavallo tra le luci del restauro e un futuro che al momento appare piuttosto nebuloso si colloca inoltre quello che è forse il principale cantiere culturale attualmente attivo in Italia: la riconversione e riqualificazione dell’ex Ospedale Sant’Agostino, edificio settecentesco ampio decine di migliaia di metri quadrati in pieno centro storico, attivo come nosocomio fino a vent’anni fa. Nel 2007 l’ha acquistato la Fondazione di Modena (ente di origine bancaria) che fino ad ora vi ha investito 104 milioni di euro con l’idea di trasformarlo in un centro policulturale. Oggi il progetto è affidato a Carlo Ratti (Torino, 1971), uno dei maggiori architetti italiani, docente anche alla Harvard University e direttore dell’attuale Biennale di Architettura di Venezia, mentre in passato è stata «bruciata», causa tribunale e cattiva organizzazione, una riqualificazione di Gae Aulenti (1927-2012).
È la Fondazione di Modena stessa, presieduta da Matteo Tiezzi che di recente ha allungato i tempi di alcuni mesi, a fornire il cronoprogramma del sito, inaugurato per step e completato nel 2029: «A dicembre verrà scoperta l’intera facciata con utilizzo del Grande Atrio, nell’autunno ’26 completamento dell’area espositiva di Arte Contemporanea - Fondazione Ago, a seguire a dicembre il completamento dell’edificio sul lato secondario e il trasloco dell’attività di Future Education Modena. Nel dicembre ’28 completamento dell’area monumentale delle Tenaglie e nel giugno 2029 il completamento di tutti i lavori in appalto, per ultimi gli Edifici dell’area non monumentale con la nuova Casa del Cibo, il nuovo Museo della Figurina e le corti esterne».
Molti, però, in città sono preoccupati perché al momento non ci sono prove di come si riesca ad «alimentare», dai punti di vista economico e dei contenuti, tale gigantesco luogo, viste le «prove» espositive fornite altrove negli ultimi anni. Infatti, se Ago aspira a divenire una sorta di OGR di Torino in salsa emiliana, dovrà per forza dare vita ad appuntamenti meno scollegati tra loro (qualcuno in città rileva anche la poca coerenza e la troppo bassa consistenza scientifica di molte mostre). La «prova»? Soprattutto, pochi metri più in là, in un altro ex ospedale storico, l’Estense, della stessa epoca, posto sul retro di Palazzo dei Musei che ospita Galleria Estense, Biblioteca Estense e Museo Civico: mentre è in corso il cantiere che, ai piani superiori porterà migliaia di metri quadrati in più per i musei citati, al piano terra da oltre un anno è disponibile una sala espositiva per centinaia di metri quadrati (riqualificazione costata oltre 13 milioni di euro per un restauro durato quattro anni). Lo spazio inaugurò nella primavera ’24 con una mostra in occasione dei 90 anni del noto fotografo Franco Fontana, cui è seguita una rassegna di Salvador Dalí, organizzata non attraverso la fondazione ufficiale catalana intitolata all’artista, ma da un ex gallerista ultranovantenne, già sodale del maestro spagnolo e del suo entourage (apertura di ben nove mesi, 50mila i visitatori). Infine la mostra attuale, «Sguardi d’Impresa. Mimmo Frassineti fotografa la Ferrari», aperta fino a novembre, che si affaccia sul un futuro nebuloso: nessun cartellone espositivo annunciato, ma un bando di concorso attraverso il quale il Comune di Modena ricerca una società organizzatrice di mostre che abbia un bilancio di almeno 800mila euro l’anno.
Arriveranno anche a Modena le grandi mostre? Anche qui, come avviene in un altro spazio più piccolo restaurato da poco, l’ex Convento San Paolo, sempre in centro città, manca la scelta di un responsabile, curatore, organizzatore, direttore che sia in grado di fornire coerenza e consistenza scientifica alle proposte magari in rapporto alla appunto importante storia culturale cittadina. Quello della classe dirigente culturale, infatti, è probabilmente un altro problema visto che in città Fondazione Ago non ha un direttore, ma un responsabile mostre (Lorenzo Respi), che non è neanche dipendente dell’ente per il quale lavora mentre altrove i responsabili, a volte neppure «formalmente» insediati, sono al loro posto da decenni.
Il direttore del Teatro Comunale, Aldo Sisillo, è sulla medesima poltrona dai primi anni Duemila e lo sarà almeno fino al 2029 mentre il presidente di Ert, l’ex sindaco ed ex parlamentare Giuliano Barbolini, neo ottantenne, dagli anni ’80 a oggi ha accumulato ininterrottamente incarichi politici e culturali. A ciò si aggiunge ora il fatto che il Comune ha «licenziato», dopo oltre un ventennio di «direzione» (non formale comunque), la numero uno del Museo Civico, Francesca Piccinini, a favore di una riorganizzazione culturale generale del Comune ancora in fase di compimento.
E un altro palazzo storico della città, il Solmi nel quale per la prima volta sventolò il Tricolore della Repubblica Cisalpina, dovrebbe avere funzioni culturali: mentre l’attuale sindaco Massimo Mezzetti non si è ancora espresso il precedente Gian Carlo Muzzarelli aveva annunciato di posizionarvi uffici del Festival Filosofia, un Museo della città - Museo dei burattini e l’antica Società del Sandrone che porta avanti le tradizioni delle maschere carnevalesche modenesi.
Quel che manca, in conclusione, paiono così non solo le rassegne che possano allargare l’interesse dei visitatori e degli studiosi, quanto la costruzione di una classe dirigente culturale. Nella vicina piccola Forlì, oggi candidata a Capitale italiana della cultura 2028, oltre vent’anni fa Gianfranco Brunelli mise insieme un manipolo di neolaureate e laureati che oggi dialogano, con i principali musei del mondo per costruire mostre di rilievo internazionale.
Sotto la Ghirlandina no, nonostante una tradizione appunto luminosa: il recente premio «Presidio Culturale Italiano» dell’associazione Cultura Italiae assegnato alla città e alle storie italiane di eccellenza, merito e innovazione, ribalterà la situazione?

Veduta aerea del complesso dell’ex Ospedale di Sant’Aostino a Modena. Foto Serena Campanini e Elisabetta Baracchi
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