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Sgabello pieghevole in avorio (fine VI secolo a.C.) dopo il restauro, proveniente dalla tomba 173 della necropoli dei Giardini Margherita, Bologna, Museo Civico Archeologico

Cortesia Kriterion, Bologna

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Sgabello pieghevole in avorio (fine VI secolo a.C.) dopo il restauro, proveniente dalla tomba 173 della necropoli dei Giardini Margherita, Bologna, Museo Civico Archeologico

Cortesia Kriterion, Bologna

Bologna etrusca: il sedile pieghevole della Tomba dello Sgabello

Concluso il restauro del pregevole manufatto in avorio tornato nel Museo Civico Archeologico

È stato un lavoro corale il progetto «Nelle terre dei Rasna» per la salvaguardia e la valorizzazione di un reperto appartenente alle collezioni del Museo Civico Archeologico del Settore Musei Civici Bologna: si tratta di uno straordinario manufatto, uno sgabello in avorio datato alla fine del VI secolo a.C., con funzioni di rappresentanza nell’ambito della società etrusca.

Dopo otto mesi, il prezioso reperto è tornato al Museo Civico Archeologico, diretto da Paola Giovetti, con un nuovo supporto e un nuovo apparato multimediale (della ditta Genera) che illustra la struttura e il contesto del rinvenimento, una parte del corredo della tomba 173 nella necropoli etrusca dei Giardini Margherita di Bologna. A portarla alla luce nel 1887, l’allora direttore del Museo Edoardo Brizio, in occasione dei lavori per i padiglioni dell’Esposizione Emiliana del 1888. L’area, già indagata in precedenza, aveva restituito 172 tombe di epoca etrusca e, dopo lo scavo di Brizio, le ricerche continuarono fino agli anni ’80 portando alla luce 230 tombe risalenti tra la seconda metà del VI secolo e gli inizi del IV a.C.

Sgabello pieghevole in avorio (fine VI secolo a.C.) prima del restauro, proveniente dalla tomba 173 della necropoli dei Giardini Margherita, Bologna, Museo Civico Archeologico. Foto Electa/Roberto Serra

Le attività di restauro, indagine e realizzazione di un ambiente digitale interattivo sono state presentate nel corso di una conferenza stampa tenutasi ieri 4 giugno al Museo Civico Archeologico di Bologna. L’iniziativa si è avvalsa della cura scientifica di Federica Guidi e Marinella Marchesi, archeologhe del museo bolognese, ed è partita nello scorso mese di ottobre, in sinergia con il Rotary Club Bologna Est che nella circostanza festeggiava il 60mo anniversario della sua fondazione.

Lo sgabello consiste in due coppie di gambe incrociate, fissate fra loro con un perno metallico e unite nella parte superiore da due traverse. La seduta è andata perduta. Mentre è piuttosto frequente il ritrovamento in siti etruschi di piccoli mobili in legno come sedili o tavolini, l’avorio è molto raro. Dalle analisi condotte dall’archeozoologo Fabio Fiori di ArcheoLaBio (Centro di ricerche di Bioarcheologia dell’Alma Studiorum Università di Bologna) tutti i pezzi dello sgabello sembrerebbero appartenere a una singola zanna di proboscidato anche se lo stato precario di conservazione non consente di stabilire la modalità di intaglio.

Corredo funerario della tomba 173 (fine VI secolo a.C.) della necropoli dei Giardini Margherita, Bologna, Museo Civico Archeologico. Cortesia Archivio Fotografico Museo Civico archeologico-Settore Musei Civici Bologna

I risultati delle analisi di spettrometria LC-MS/MS da parte del Laboratorio ArchaeoBiomics (Università di Torino) invece, forniranno ulteriori indicazioni circa la provenienza dell’avorio, se di elefante africano o asiatico. Quello che è certo è che lo sgabello era stato già in passato oggetto di pulitura e consolidamento: con il nuovo restauro eseguito dalla ditta Kriterion le singole porzioni di avorio, assemblate con elementi metallici, sono state smontate, nuovamente pulite e consolidate nei punti più delicati che con il tempo avevano ceduto.

La manifattura particolarmente accurata ha indotto a formulare la suggestiva ipotesi che si tratti di una «sella curulis», il sedile pieghevole su cui sedevano i magistrati nell’esercizio delle loro funzioni. L’oggetto potrebbe dunque essere stato deposto nella sepoltura funebre per ricordare una carica magistratuale ricoperta dal defunto all’interno della comunità civica bolognese. Il reperto, ora restaurato, riveste quindi una grande importanza nel panorama non solo dell’area felsinea ma di tutta l’Etruria.

Redazione, 05 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

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