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Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliLei è anche assessore a Parma Capitale Italiana della Cultura 2020+21. Quali iniziative o indirizzi avete attuato durante la pandemia?
«La prima azione messa in campo nel primo lockdown è stata la creazione di un portale che abbiamo chiamato “Parmaritrovata”. in cui sono migrati molti contenuti culturali. Lo abbiamo fatto gestire da giovani ed è diventato un luogo di incontro che ha visto convergere le più imponenti istituzioni e le più piccole associazioni. Il portale ha avuto un enorme riscontro ed è tuttora attivo. Inoltre il Comune ha emanato un bando che ha sostenuto con decisione attività culturali alternative rispetto a quelle che avrebbero dovuto caratterizzare il calendario di Parma Capitale Italiana della Cultura. Abbiamo lavorato su due parole: “raccoglimento” e “moltiplicazione”».
Che cosa avreste voluto mettere in campo, ma non siete ancora riusciti a realizzare?
«Ciò che stiamo cercando di fare con il massimo impegno è di affiancare al progetto sul “Tempo” un altro sulla cultura come forma di cura. Abbiamo creato una sinergia stretta tra Comune, Azienda Ospedaliera e Università, coinvolto soggetti del terzo settore e organizzato i primi workshop e webinar per avviare un discorso che coinvolga tutti i soggetti culturali. Non si tratta solo di tornare a pensare alla cultura come a una primaria forma di assistenza al cittadino, ma di suggerire veri e propri provvedimenti legislativi che sostengano questa idea, già radicata in altri Paesi europei».
Quanti fondi ha avuto il suo Assessorato nel 2020? E nel 2021 quanti sono a bilancio?
«L’Assessorato ha avuto nel 2020 la piena disponibilità di tutto il suo budget, non è stato toccato nulla e abbiamo confermato tutti i contributi, indipendentemente dalle rendicontazioni rese impossibili dalla pandemia. Lo stesso nel bilancio di previsione 2021».
Come vorreste muovervi in futuro e con quali finanziamenti e collaborazioni?
«I problemi economici sono molto rilevanti, ma il vero disastro è la discontinuità e la lunga chiusura che i comparti culturali hanno dovuto subire. La creatività non si può pagare, si costruisce nel confronto, nello scambio, nell’apertura. I ristori sono importanti, ma in questo momento credo che si debba istituire un tavolo tra il Ministero e i Comuni per capire quali sono davvero le misure necessarie e non vedere nei “rimborsi” la scorciatoia, che rischia invece di nascondere la crepa lasciata dai mesi di silenzio e paura. È una posizione condivisa con Anci (Associazione Nazionale Comuni italiani)».

Michele Guerra
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