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Alessandra Necci

Foto: Alessandro Fiocchi

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Alessandra Necci

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Alessandra Necci: «Guardo la storia e la storia dell’arte dal punto di vista dei protagonisti»

La neodirettrice delle Gallerie Estensi parla del suo progetto di rinnovamento dei musei e reagisce a chi le rimprovera la mancanza di esperienza museale

Stefano Luppi

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Entrando nello studio di Alessandra Necci (Roma, 1969) nel Palazzo dei Musei non si possono non notare il ritratto di Isabella d’Este (Ferrara, 1474-Mantova, 1539) e la voluminosa cassaforte che protegge la celebre Bibbia di Borso d’Este, la «Gioconda» dei libri italiani miniata a Ferrara tra il 1455 e il 1461, il simbolo degli Este insieme al busto di Francesco I di Gian Lorenzo Bernini conservato al piano di sopra, nella Galleria Estense. Segni, questi, dell’attenzione dedicata alla storia dell’ex Ducato da parte della scrittrice, avvocata, docente universitaria, rubrichista de «Il Messaggero», da dieci anni Chevalier des arts et des lettres de la République Française, titolare della Légion d’honneur e direttrice da metà gennaio delle Gallerie Estensi di Modena, Sassuolo e Ferrara (per quest’ultima sede è in corso la costituzione del Polo autonomo). Necci, infatti, dichiara di concentrarsi particolarmente sulla consapevolezza che crea la conoscenza della storiaNon è vero che la scrivono i vincitori, la scrive chi resta per ultimo», sottolinea) con riverberi sulla identità dei luoghi della cultura.

Quale situazione ha trovato alle Gallerie Estensi?
La precedente direttrice Martina Bagnoli ha fatto un grande lavoro negli ultimi otto anni. Da parte mia anzitutto mi sono resa subito conto della competenza e passione dello staff e della presidente degli Amici delle Gallerie, Edvige Rangoni Machiavelli. Fondamentali sono stati senz’altro i nuovi allestimenti alla Galleria di Modena, alla Pinacoteca di Ferrara e al Ducale di Sassuolo. Inoltre è importantissima la digitalizzazione del patrimonio della biblioteca (145mila opere digitalizzate su 900mila), mentre i depositi di Palazzo Coccapani, che entro quattro anni svuoteremo, sono già tecnicamente a norma.

E lei come intende procedere?
Visto che Ferrara è oggi ben allestita e presto passerà alla nuova direzione autonoma, mi concentro su Modena e Sassuolo: la prima sala della Galleria, oggi destinata a oggetti della raccolta estense, diverrà lo spazio per raccontare gli Este che quella raccolta formarono, perché mi pare manchi il nesso tra committente e opere. Bisogna far comprendere che il filo conduttore storico è rappresentato dalla famiglia ducale, altrimenti non si capiscono a fondo i contenuti delle sale successive dove ci sono opere straordinarie di Bernini e Velázquez o l’Arpa estense (che era riprodotta sulla banconota da Mille lire con Giuseppe Verdi). Occorre ricordare che a Modena la memoria comunale medievale è radicatissima e che c’è una forte identità risorgimentale. Perciò ora è opportuno lavorare sull’identità estense che ha caratterizzato il territorio per secoli, fino al 1859. La consapevolezza delle radici è fondamentale ed è una questione di narrazione della storia, per quanto mi riguarda anche e soprattutto delle figure femminili.

Lei infatti è la biografa di donne storiche, come Matilde di Canossa, Maria Teresa d’Austria, Maria Antonietta di Francia, Caterina de’ Medici, Isabella e Lucrezia d’Este. Quali sono i motivi di questa predilezione?
In generale la storia vive di cliché anche femminili: ad esempio, non è vera la questione delle brioche di Maria Antonietta o che Giovanna La Pazza fosse pazza o che Lucrezia Borgia uccidesse con il veleno. Mi piace andare nelle pieghe della storia e riportare a galla la realtà. Anche perché in Italia manca la memoria collettiva, visto che nel bene ma anche nel male ha prevalso il «particulare» di cui parla Guicciardini. Valorizzeremo molto le donne estensi e la tematica identitaria del territorio. Anche perché, come dice l’articolo 9 della Costituzione, al fianco della sacrosanta tutela c’è la valorizzazione con le sue ricadute economiche importanti in termini turistici. L’autonomia fornita dal Ministero della Cultura su questi aspetti è fondamentale perché ti responsabilizza nell’uso delle risorse economiche allo scopo di arrivare a una fruizione più ampia possibile.

Alessandra Necci

A Sassuolo che cosa intende fare? E sempre a Modena, come svilupperà gli ampi spazi dell’ex Monastero di San Pietro, che il ministro Sangiuliano il 13 marzo ha voluto destinare alle esposizioni dell’Estense in accordo con il Demanio?
San Pietro è un grande orizzonte per la città e noi abbiamo importanti pezzi come il celebre Medagliere Estense, la collezione di glittica, il Gabinetto dei disegni e stampe, importantissime matrici. Non tutto andrà nei 2.570 metri quadrati disponibili in parte da gennaio 2025, sopra l’attuale Galleria. Inoltre lavoreremo per le mostre proprio a San Pietro. Per quanto riguarda Sassuolo la parte monumentale è perfetta così com’è. Proseguiremo con i restauri del palazzo e individueremo fondi per la Peschiera Ducale sviluppando da lì un progetto dedicato all’acqua: le vie d’acqua erano l’infrastruttura fondamentale del passato, come ho ben presto capito in famiglia (la direttrice è figlia di Lorenzo Necci, ex capo delle Fs e «padre» dell’Alta velocità in Italia, Ndr). E fu il loro utilizzo a portare Sassuolo alla protoindustrializzazione tramite la ghiaia che precedette la ceramica, che oggi è un comparto importantissimo. Sempre a Sassuolo modificheremo nel senso che ho detto il recente allestimento «Invito a Corte».

E le mostre e altre attività?
Le mostre sono fondamentali per fare conoscere i musei, per questo stiamo progettando due rassegne sulle donne di Casa d’Este: la prima sulla reggente Laura Martinozzi, nipote del Mazzarino, e i legami del nostro territorio con la Francia; la seconda su Matilde di Canossa e Isabella d’Este. Saranno rassegne diffuse tra Sassuolo e San Pietro. Ma prima, a maggio, presenteremo la raccolta Guandalini-Rajna Kabaivanska donata al museo, composta da 130 sculture seicentesche soprattutto in terracotta. Dopo l’estate arriverà il volume di Maria Maria Montecchi, Marco Zecchi e Nikola Bellucci sulle collezioni egizie degli Este. Ma lavoreremo anche sui 600 volumi provenienti dall’ex Monastero di San Pietro, sul bibliotecario estense Benedetto Bachini e sul grande scultore cinquecentesco Antonio Begarelli che operò anche qui e di cui abbiamo opere in Galleria. Stiamo anche ampliando il bookshop.

Italia Nostra è stata molto critica, nello scorso gennaio, sia sulla riforma Franceschini sia riguardo la sua nomina, sostenendo che, pur con un curriculum sostanzioso e diversificato, lei non proviene dal «mondo» degli storici dell’arte. Che ne pensa?
Innanzitutto questo avveniva prima del mio arrivo a Modena. Da quando mi sono insediata ho incontrato più volte Italia Nostra e ho ascoltato con attenzione proposte e critiche. È un mondo a me familiare, i miei genitori erano repubblicani e frequentavano Elena Croce e ho il massimo rispetto per l’opinione di tutti, purché sia costruttiva. Voglio lavorare con ogni attore del territorio compresa Italia Nostra, non ho alcun pregiudizio e spero che non lo abbiano gli altri. Credo, però, che prima di esprimere una valutazione bisogna lasciar lavorare le persone. Ogni giorno mi rendo più conto del fatto che il mestiere di direttore di musei richiede innanzitutto duttilità e versatilità, volontà di imparare, capacità di far sentire tutti parte di un progetto comune. Inclusività, ascolto, rispetto e gentilezza sono essenziali. Più in generale, penso che il fatto di possedere un curriculum ampio e versatile, oltre che internazionale e «umanista», mi sia utile per questo lavoro. Come biografa guardo la storia, e dunque anche la storia dell’arte, più dal punto di vista dei protagonisti e meno da quello degli eventi.

Vittorio Sgarbi, da sottosegretario alla Cultura, aveva proposto di aggregare alle Gallerie la casa dall’abate Muratori, padre della storiografia moderna e bibliotecario di Casa d’Este a inizio ’700, nonché spazi del Palazzo Ducale di Modena, sede della celebre Accademia militare. Lei che cosa ne pensa?
Andiamo per gradi, c’è molto da fare. Certamente per quel che riguarda l’Accademia militare intensificheremo il rapporto perché occorre spiegare l’importanza del palazzo per la storia estense. Non dimentichiamo che nelle sale sono esposte molte opere delle Gallerie Estensi.

Non è una contraddizione che dovendo lavorare sugli Este il Ministero stacchi Modena da Ferrara, dopo l’unione voluta da Franceschini?
È vero, è in atto lo scorporo, ma la valorizzazione della Ferrara estense è stato ed è evidente. Al momento sto seguendo ovviamente anche la Pinacoteca, poi in futuro collaboreremo tra le due città.

Stefano Luppi, 18 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

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