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Nona Faustine, «Not Gone With The Wind, Lefferts House, Brooklyn, 2016», Brooklyn Museum, Emily Winthrop Miles Fund, 2017

© L’artista. Foto: Brooklyn Museum, 2017

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Nona Faustine, «Not Gone With The Wind, Lefferts House, Brooklyn, 2016», Brooklyn Museum, Emily Winthrop Miles Fund, 2017

© L’artista. Foto: Brooklyn Museum, 2017

Addio a Nona Faustine

L’artista afroamericana recentemente scomparsa ha ridefinito l’immaginario visivo della memoria collettiva statunitense, trasformando la propria immagine in uno strumento di denuncia, bellezza e riconoscimento storico

Maurita Cardone

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Il 20 marzo è inaspettatamente scomparsa Nona Faustine, l’artista che ha saputo creare le immagini più rappresentative del momento storico in cui la cultura americana ha ripensato i propri simboli identitari.

Nata e cresciuta a Brooklyn, Nona Faustine si laurea alla School of Visual Arts di New York per poi ottenere un Mfa all’International Center of Photography del Bard College. Si fa conoscere con una serie di fotografie che indagano il rapporto tra la sua città e la storia della schiavitù in America. Le sue opere entrano in collezioni importanti come quelle del Carnegie Museum di Pittsburgh e dello Studio Museum di Harlem. Fin dalla sua prima personale nel 2016, l’artista ha portato la complessità della sua identità afroamericana nel suo lavoro. Lo scorso settembre ha visitato, insieme alla figlia Queen, l’American Academy di Roma, da cui aveva ricevuto il Joseph H. Hazen Rome Prize. Il contatto con la città e il suo patrimonio storico artistico l’hanno profondamente colpita, tanto che ne ha parlato come di una delle esperienze più formative della sua vita.

La sua serie più nota è «White Shoes», iniziata quando era ancora al Bard College e ampliata negli anni fino alla personale dallo stesso titolo al Brooklyn Museum nel 2024. Nelle fotografie che compongono la serie, l’artista posa, spesso nuda, di fronte a luoghi della città di New York storicamente legati alla tratta degli schiavi. Ai piedi scarpe bianche, tipiche dell’abbigliamento della domenica che le donne afroamericane indossano per andare a messa, ma anche simbolo di una forzata assimilazione nell’estetica e nella cultura bianche. Le sue immagini si ispirano e richiamano l’uso europeo di esibire donne africane nei «freak show» e nei gabinetti delle curiosità, come eccezionalità antropologiche. Eppure il suo corpo emana una potenza che non si lascia racchiudere dallo sguardo altrui.

Le immagini create da Nona Faustine hanno anticipato il dibattito sui monumenti che negli ultimi anni ha portato a un ripensamento di ciò che una società celebra e memorializza. Le sue fotografie sono dirette e chiare, lampanti, senza però essere didascaliche. Il corpo dell’artista, imponente, ma allo stesso tempo sensuale e delicato, bello di una bellezza che rompe i canoni estetici classici, diventa monumento in relazione con i luoghi che lo circondano. Gli edifici davanti a cui posa sono intrisi di storia anche se di quella storia le immagini non ci chiariscono i contorni. Non vediamo il percorso né il processo, ma solo il suo risultato, e quella visione suscita decine di domande. Qual è la storia di quei luoghi? Che cosa di quel corpo è eredità di quella storia? E soprattutto, la domanda che contiene tutte le altre: come è finito lì quel corpo?

Ma ci sono anche risposte nel lavoro di Faustine e non serve leggere le didascalie per conoscerle. È con il suo corpo che l’artista indica la via. Nel suo corpo si incarna il peccato originale americano, quello della schiavitù, e attraverso quel corpo passa anche la via dell’espiazione. Quel corpo femminile nero, potente e irriverente, chiede di essere visto e, rendendosi visibile, chiede di essere riconosciuto come parte della storia americana, parte di una cultura, parte di un popolo, parte dello stesso osservatore. Faustine mette in gioco la sua stessa carne per chiederci che cos’è un monumento e come si crea la memoria collettiva. Con la sua scomparsa il mondo perde un’artista straordinaria, ma le immagini da lei create hanno riscritto la memoria collettiva e in quella memoria Nona Faustine continua ad essere un'artista e una donna monumentale.

Maurita Cardone, 07 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

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