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Redazione
Leggi i suoi articoliÈ scomparso il 23 agosto nella sua casa di Napoli, a 95 anni, l’archeologo Giuseppe Maggi, detto Peppino, che nella sua carriera ha saputo dare voce e memoria ai resti di Ercolano, contribuendo a riscriverne la storia.
Ex direttore del Mann-Museo Archeologico Nazionale di Napoli e degli scavi di Ercolano e Oplonti, il suo nome è strettamente legato alla Barca di Ercolano, rinvenuta il 3 agosto del 1982 nel cantiere di scavo alle Terme Suburbane: lunga oltre 9 metri, si conservò grazie all’assenza di ossigeno. Sotto la sua guida, si scoprì che la barca poteva essere manovrata da tre coppie di rematori. Accanto ad essa, furono ritrovati reperti come corde spezzate, pettini in bronzo, un cestino di vimini, aglio e cipolline trasportati dal fango, e perfino un piccolo salvadanaio in legno con due monete, una d’argento e una di bronzo, con il volto dell’imperatore Vespasiano. Esposto in un apposito padiglione nel Parco Archeologico di Ercolano, l’oggetto è oggi simbolo di un cantiere di scavo divenuto laboratorio di memoria collettiva.
Tra anni Settanta e Ottanta, inoltre, grazie ai fondi della Cassa per il Mezzogiorno, Maggi coordinò anche i lavori per rendere più accessibile e comprensibile l’area archeologica di Ercolano e, sotto la sua direzione, fu portato alla luce il complesso delle Terme Suburbane, con la scoperta dell’originario sistema di riscaldamento.
«Giuseppe Maggi ha dedicato la sua vita alla tutela e valorizzazione del patrimonio con passione e competenza. Il suo lavoro presso l’antica spiaggia di Ercolano è oggi un segno tangibile del suo impegno e della sua visione scientifica», si legge in un messaggio condiviso di Mann e Parco Archeologico di Ercolano. Nel ricordo di Massimo Osanna, direttore generale dei Musei del Ministero della Cultura, e Francesco Sirano, direttore del Parco Archeologico di Ercolano, Maggi è stato «un professionista appassionato, la cui memoria resterà parte integrante della storia dell’archeologia italiana».
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