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Le Crazy Girls durante lo spettacolo «God Save our Bareskin» in scena al Crazy Horse dal 1989, Parigi. © Antoine Poupel

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Le Crazy Girls durante lo spettacolo «God Save our Bareskin» in scena al Crazy Horse dal 1989, Parigi. © Antoine Poupel

A Moulins il passato e il presente del Cabaret parigino

Al Centre national du costume et de la scène 120 costumi a volo d’uccello, da Montmartre al Crazy Horse, dalle ballerine di Toulouse-Lautrec a stilisti come Mine Barral Vergès e Jean-Paul Gaultier

Luana De Micco

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È come ritrovarsi in uno dei leggendari cabaret di Parigi: un piano bar, le affiche dei prossimi spettacoli di Dalida e Barbara alle pareti, le note di sottofondo di una fisarmonica. Proseguendo, sembra poi di entrare nell’intimità del camerino di una ballerina, con le parrucche, le scarpe da ballo, le piume e le coroncine di strass. Siamo al Centre national du costume et de la scène di Moulins, poco lontano da Lione. Un luogo unico, che ha aperto le porte nel 2006 in una caserma del Settecento, dove sono conservati 10mila costumi di scena, lasciati in deposito da tre grandi istituzioni francesi, la Bibliothèque nationale de France, la Comédie-Française e l’Opéra national de Paris.

Dal 9 dicembre al 30 aprile 2024 ospita la mostra «Cabarets!», in cui espone 120 abiti, molti dei quali ci proiettano nelle scene spensierate e popolari dei locali di Montmartre dipinte da Toulouse-Lautrec. La mostra racconta la storia del cabaret, un genere di spettacolo nato nella metà dell’Ottocento, figlio dei café-concert parigini, dei luoghi dove si cantava, si beveva e si fumava, si facevano incontri e si parlava di politica. Il primo fu Les Folies Bergère nel 1881, seguito da Le Chat Noir nel 1881 e dal Moulin Rouge nel 1889. Il suo scatenato French Cancan è ancora famoso in tutto il mondo. In mostra è esposto il modello dell’inconfondibile abito tricolore disegnato, nel 1999, dal costumista Corrado Colabucci. Tra la fine dell’Ottocento e il 1930, il cabaret ispirò la nascita in Inghilterra del music-hall.
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Intanto, a Parigi, si affermavano nuovi generi di locali, più intimisti, come Chez Michou, tempio del trasformismo nato nel 1956. Oggi il cabaret, anche se forse non fa più sognare come prima, non è morto, ma ha per forza cambiato pelle. Secondo il Camulc, il sindacato dei cabaret e music-hall, in Francia si contano ancora circa 200 cabaret (un settore che genera fatturati per 250 milioni di euro), ma mentre a Pigalle l’immortale Moulin Rouge continua a meravigliare i turisti con i suoi show, il Lido, aperto sugli Champs-Elysées nel 1946, ha chiuso le porte nel 2022 e si è convertito alla commedia musicale. Rivive ora nella mostra con il costume di piume e paillette delle Bluebell Girl disegnato da Edwin Piekney per lo spettacolo «C’est magique» del 1994.

Il fasto dei cabaret oggi, ci dice sempre il Camulc, brilla soprattutto fuori Parigi, in regione, dove se ne aprono due o tre ogni anno. Il percorso di visita, un’esplosione di colori, è testimone delle sue evoluzioni. In tutt’altro stile, ci sono allora il completo pantalone, scuro, firmato Mine Barral Vergès, indossato da Barbara al Théâtre du Châtelet nel 1993, e il folle abito dorato di Jean-Paul Gaultier indossato da Conchita Wurst al Crazy Horse nel 2014.

Luana De Micco, 07 dicembre 2023 | © Riproduzione riservata

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