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Complesso di 300 alloggi di Schillerpark

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Complesso di 300 alloggi di Schillerpark

A Berlino 100mila appartamenti interrotti dal nazismo

Per risolvere il problema delle condizioni abitative della classe operaia, tra la Prima e la Seconda guerra mondiale la capitale tedesca si arricchì di architetture sociali progettate da grandi nomi dell’epoca

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Francesco Bandarin

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Da oltre due decenni la Lista del Patrimonio Mondiale si è andata arricchendo di architetture moderne, rappresentative delle principali tendenze emerse nel corso della prima metà del Novecento, come le opere di Le Corbusier e Frank Lloyd Wright. Tra queste, esempi di grande interesse sono le architetture sociali realizzate a Berlino a partire dal 1913, e soprattutto dopo la prima guerra mondiale durante il Governo progressista della Repubblica di Weimar (1918-33), fino all’avvento del nazismo. 

Per risolvere il problema delle condizioni abitative della classe operaia, quasi sempre confinata in edifici di bassa qualità e scarse condizioni di illuminazione e igiene, gli architetti tedeschi cercarono ispirazione nelle esperienze inglesi delle città giardino promosse dal riformatore Ebenezer Howard (1850-1928) e in quelle dell’edilizia sociale olandese del Piano di espansione di Amsterdam Sud di Hendrik Berlage (1856-1934). Ma fu soprattutto l’aderenza ai nuovi principi del modernismo architettonico, promossi da Le Corbusier nel primo dopoguerra, a dare avvio a una fase di sperimentazione di eccezionale interesse e di grande impatto nella storia dell’architettura moderna. Questo importante programma edilizio, motivato dalla grave penuria di alloggi, venne promosso e guidato da un architetto riformatore, Martin Wagner (1885-1957), capo della pianificazione urbanistica di Berlino dal 1924 fino a quando, con l’avvento del nazismo, dovette lasciare la Germania. 

La società pubblica creata da Wagner, la Gehag, realizzò in meno di un decennio oltre 100mila appartamenti, risolvendo la crisi abitativa e dando vita a fondamentali sperimentazioni di nuove tipologie edilizie. La qualità delle realizzazioni fu anche dovuta all’azione di una straordinaria generazione di architetti, che svilupparono con grande creatività i principi dell’architettura moderna. Tra questi spiccano i nomi del gruppo di architetti del movimento progressista chiamato «Der Ring», con figure come Peter Behrens (1868-1940), Hugo Häring (1882-1958), Walter Gropius (1883-1969), Ludwig Hilberseimer (1885-1967), Erich Mendelsohn (1887-1953), Ludwig Mies van der Rohe (1886-1969) e molti altri ancora. Tra questi progettisti, un ruolo particolare svolse Bruno Taut (1880-1938), che realizzò alcuni tra i più significativi dei complessi edilizi (le «Siedlungen») edificati negli anni ’20 a Berlino, ben quattro dei quali figurano tra i sei quartieri iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale nel 2008.

Un edificio della città giardino Falkenberg. Foto: Detaman, via Wikimedia Commons

Il primo di questi nuovi complessi, la città giardino Falkenberg, era stato iniziato prima della guerra mondiale, nel 1913, e venne completato nel 1918. Si tratta di un quartiere di circa 1.500 alloggi, fortemente caratterizzato da una visione utopica, in forte opposizione alle forme della città esistente. Gli spazi sono concepiti per favorire la vita sociale e l’uguaglianza di condizioni, in un quadro dominato dal verde e da grandi aree comunitarie. L’unica concessione alla tradizione fu l’utilizzo di tetti spioventi mentre, con una caratteristica che ritornerà in progetti successivi, Taut utilizzò colori molto vivaci per gli edifici del quartiere, soprannominato in seguito «la scatola di colori»

La necessità di costruire nuovi alloggi nel dopoguerra spinse Martin Wagner a istituire una tassa sulla proprietà edilizia, con la quale vennero finanziati molti progetti, quali il complesso di 300 alloggi di Schillerpark (1924-28), che presenta importanti innovazioni nelle tipologie edilizie, finalizzate a massimizzare l’esposizione alla luce e all’aria, e l’introduzione del tetto piano, ispirato alle architetture olandesi dell’epoca. Certamente il più noto tra tutti gli interventi progettati da Bruno Taut è il quartiere Britz (1925-30), chiamato anche «a ferro di cavallo» per la forma del complesso centrale, con oltre 2.000 alloggi. Questo progetto vede l’applicazione su larga scala dei principi del modernismo architettonico (tipologie razionali, servizi privati, grandi finestre, accesso a giardini e aree verdi ecc.) finalizzati a offrire un habitat moderno e confortevole alle classi lavoratrici. 

Quartiere Britz, chiamato anche «a ferro di cavallo»

Bruno Taut progettò anche i quartieri della foresta di Zehlendorf (1926-31), con oltre 1.900 alloggi, e il Carl Legien (1928-30), dedicato a un famoso esponente socialista e caratterizzato da unità molto piccole, per persone singole o coppie. La Siedlung Weisse Stadt fu realizzata da un gruppo di architetti tra cui spicca il nome di Bruno Ahrends (1878-1948), che progettò edifici alti fino a cinque piani, dotati di molti servizi, da ambulatori fino a negozi. Siemensstadt (1929-34), con circa 1.400 alloggi, si caratterizza per l’innovativo sistema di costruzione «a nastro», con lunghi edifici orientati nord-sud. Questa Siedlung venne progettata da Walter Gropius, Hugo Häring e altri architetti, tra cui spicca il nome di Hans Scharoun (1893-1972), esponente di un linguaggio espressionista che trovò nel secondo dopoguerra la sua massima espressione nella celebre Filarmonica di Berlino (1956-63). 

Con l’avvento del nazismo, questo programma sociale fu interrotto, anche perché le Siedlungen erano considerate focolai dell’opposizione alla dittatura. Tuttavia, anche se i nomi dei quartieri e delle strade vennero cambiati dai nazisti, essi non vennero distrutti e sopravvissero indenni persino alle enormi devastazioni della seconda guerra mondiale, per giungere fino a noi come testimoni di una straordinaria stagione politica e creativa che è ancora fonte di ispirazione per l’architettura e l’urbanistica contemporanee. 

Francesco Bandarin, 22 maggio 2024 | © Riproduzione riservata

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