Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliFirenze. Si è concluso, nella Basilica di Santa Croce, il restauro del «Cristo che incontra la Veronica» (1572), la tavola che Giorgio Vasari dipinse per la cappella che accoglie le spoglie di Michelangelo Buonarroti. Il dipinto, assai offuscato nella vivacità cromatica e poco leggibile nella composizione, è stato restaurato sotto gli occhi dei visitatori nella cappella stessa nell’ambito del progetto di raccolta fondi «In the name of Michelangelo». «Un restauro molto complesso dal punto di vista scientifico che ha richiesto la messa a punto di tecniche e materiali sofisticati», spiega la restauratrice Tessa Castellano.
Vasari esprime qui un chiaro tributo a Michelangelo e «vi sono citazioni stilistiche in molti personaggi della composizione». Sulla sinistra si riconoscono i volti di Rosso Fiorentino col cappello rosso e di Michelangelo che indirizza lo sguardo verso la propria tomba a conferma dell’unità del progetto. Sotto le vernici ingiallite la tavola reca traccia di un beverone utilizzato per uniformare le parti abrase, steso probabilmente all’inizio del Novecento. Se la parte alta appariva rovinata da puliture troppo aggressive, la parte bassa recava ancora i pesanti danni dell’alluvione.
Aggiunge la Castellano: «In fase di restauro sono emersi il virtuosismo e la finezza esecutiva dell’autore. Vasari era intellettuale, storiografo, architetto e grande pittore, ma vittima di giudizi non sempre benevoli, in quanto considerato un esecutore fedele delle volontà del duca Cosimo I de’ Medici. L’accuratezza dei suoi riferimenti storici emerge in tutta la produzione artistica; nella pittura inserisce la stessa attenzione espressa nella sua attività di critico e biografo».

i volti di Michelangelo e Rosso Fiorentino col cappello rosso) e di Michelangelo nella tavola dipinta di Giorgio Vasari «Cristo che incontra la Veronica» (1572) nella Basilicata di Santa Croce a Firenze
Altri articoli dell'autore
La Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze ha riunito circa 150 opere provenienti da oltre 60 tra musei e collezioni private riuscendo a «ricomporre pale smembrate dall’epoca napoleonica grazie a prestiti eccezionali»
Mentre a fine settembre inaugura la grande mostra su Beato Angelico, il direttore generale del museo fiorentino anticipa in esclusiva a «Il Giornale dell’Arte» l’esposizione che la prossima primavera sarà dedicata al rapporto dell’artista americano con la città
Resta l’amarezza di notare che Firenze, a differenza di altre città europee, pur avendo vantato nel Rinascimento un primato nell’architettura, non abbia oggi una visione complessiva della contemporaneità
Il restauro ha riportato in luce sotto una ridipintura scura i vivaci colori di una delle icone più celebri e venerate nel Medioevo in quanto ritenuta il ritratto di Cristo, da oltre mille anni nella Cattedrale di Lucca