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Laura Lombardi
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Arturo Galansino, questa mostra vede coinvolte la Fondazione, ente perlopiù privato (la partecipazione di fondi pubblici è circa del 15%) e il Ministero della Cultura: com’è nata l’idea di organizzarla e di questa partnership?
Negli ultimi anni la Fondazione Palazzo Strozzi ha realizzato mostre soprattutto di arte moderna e contemporanea, ma continuiamo a lavorare su grandiosi progetti sul Rinascimento, com’è stato per le mostre sul Cinquecento (Bronzino, Pontormo e Rosso, il Cinquecento a Firenze) e sul Quattrocento, prima Verrocchio, poi Donatello. All’Angelico era stata dedicata una mostra nel 2019 al Prado di Madrid, ma l’iniziativa fiorentina era veramente necessaria, perché solo qui poteva attuarsi un evento che non esito a definire unico e irripetibile. Carl Brandon Strehlke e Stefano Casciu hanno accolto con entusiasmo il nostro invito a prendere parte a questa impresa che ha comportato quattro anni di lavoro di preparazione, studio e ricerca, e che ha innescato un’importante campagna di restauri, a tutto vantaggio del patrimonio artistico nazionale. La collaborazione tra le due istituzioni è un vero esempio di best practice; una mostra modernissima dal punto di vista della struttura organizzativa ma molto classica dal punto di vista scientifico: un’esposizione monografica, seppur con numerosi confronti, suddivisa in un percorso crono-tematico. Tra gli obiettivi di questa collaborazione istituzionale c’è anche quello di far meglio conoscere il Museo di San Marco, che rimane spesso al di fuori delle mete del turismo e sarà infatti il punto di partenza del percorso espositivo. Molto impegno, come sempre per le nostre mostre, sarà rivolto alla comunicazione e alla didattica per rendere un contenuto così complesso accessibile a tutti pubblici.
È vero che molti dei turisti in coda alla Galleria dell’Accademia, a pochi passi, ignorano forse perfino l’esistenza del Museo di San Marco. Eppure gli artisti contemporanei hanno molto amato quel museo e quel convento.
Sì, e tra questi Mark Rothko, al quale Palazzo Strozzi dedicherà la mostra successiva (dal 14 marzo al 26 luglio 2026), curata da Christopher Rothko ed Elena Geuna, che esplorerà proprio il rapporto dell’artista con la città di Firenze, visitata per la prima volta nel 1950 con la moglie Mell. Un percorso con dipinti di grande formato, molti dei quali mai esposti in Italia, prestigiosi prestiti provenienti dalla famiglia e da importanti collezioni private e musei internazionali, che partirà da Palazzo Strozzi per proseguire in due luoghi iconici: il Museo di San Marco e il vestibolo della Biblioteca Medicea Laurenziana progettato da Michelangelo. Sarà una sorta di sequel dell’Angelico!
Per la mostra su Beato Angelico si rimane colpiti dalla quantità e della varietà di prestiti da tutto il mondo, che testimoniano la fiducia delle istituzioni nel valore di questo progetto.
Siamo molto grati ai colleghi e ai prestatori che hanno concesso così tanti prestiti eccezionali. Sono esposti circa 150 pezzi provenienti da oltre 60 luoghi, in gran parte da musei (alcuni hanno perfino derogato alle loro regole abituali sui prestiti) ma anche da collezioni private. Ciò ha permesso importanti ricostruzioni di opere in passato smembrate e vendute a pezzi, come nel caso della «Pala di San Marco», di cui sono riuniti per la mostra 17 dei 18 pezzi che la componevano: l’unico che non arriva è un frammento da Chicago per seri problemi di conservazione. La presenza di tante opere permette anche di sfatare l’iconografia da «santino» legata all’Angelico e sottolinea meglio l’importanza che quel maestro ebbe anche per artisti della sua stessa generazione: un narratore eccezionale, un grande conoscitore della prospettiva, dote che egli coniuga alle sue conoscenze di oreficeria, utilizzando l’oro in modo «moderno», come si vede perfino nelle incisioni nelle aureole dei santi orientate per dare ad esse profondità prospettica.