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Lei, Franca Ghitti, scultrice, era nata a Erbanno, frazione di Darfo Boario Terme, nel 1932. Scomparsa a Brescia nel 2012, era profondamente intrisa, e innamorata, della cultura camuna, dai cui enigmatici graffiti (Patrimonio Unesco), attingeva il suo alfabeto di forme forti e primarie, arcaiche ma, nei suoi lavori, pienamente contemporanee. Era però anche una cittadina del mondo: dopo essersi formata, oltre che all’Accademia di Brera, all’Académie de la Grande Chaumière a Parigi e a Salisburgo con Kokoschka, tra il 1969 e il 1971 aveva vissuto e lavorato in Kenia, dalle cui tradizioni, allora ancora intoccate, aveva mutuato quelli che chiamava «altri alfabeti». E aveva esposto e realizzato grandi installazioni site specific in tutt’Europa e negli Stati Uniti. Del suo lavoro diceva «non ho mai avuto un’idea romantica dell’arte come emozione, sensazione, cosa privata, ma ho sempre cercato una sorta di documentazione, informazione, archiviazione. Non ho cercato la mia voce, ma tutte le voci, soprattutto le voci che nessuno ascoltava: le voci della Valle, che è un frammento della valle del mondo».
Oggi il Comune di Darfo Boario Terme, con la Fondazione «Archivio Franca Ghitti», presieduta da Maria Luisa Ardizzone (New York University) e con la Comunità Montana e il Consorzio Comuni Bim di Valle Camonica, le dedica un museo monografico nel grandioso edificio (restaurato grazie a Regione Lombardia) del «Conventone», il settecentesco Monastero di Santa Maria della Visitazione, nel cuore di Darfo, il cui nucleo iniziale si apre il 23 settembre. Festeggiato, il 23 e 24 settembre, da una doppia giornata di studi (a cura di Elena Pontiggia e Fausto Lorenzi) fitta d’interventi di studiosi internazionali, il Museo Franca Ghitti, che si prevede che sarà completato entro il 2025, ospiterà la ricca collezione dei suoi lavori ma sarà anche un Centro studi, in cui si approfondirà e valorizzerà l’opera dell’artista, grazie anche alla presenza del suo Archivio (con gli inediti «Taccuini» scritti da lei) e alla sua biblioteca privata.
Nel percorso del museo sfilano esempi di tutti i suoi cicli, dalle «Vicinie», che impressionarono Giulio Carlo Argan, sorta di scatole magiche scaturite dai suoi ricordi d’infanzia nella grande segheria paterna e ispirate a forme tradizionali della Valle Camonica, ai cicli successivi, sempre generati dal ricco e antichissimo patrimonio culturale della Valle Camonica, ma declinati in una lingua sempre più vicina al nostro tempo: i «Tondi», i «Boschi», le «Mappe», le «Meridiane» (opere emozionanti fatte con scarti metallici disposti circolarmente sul suolo), i «Libri chiusi», la «Memoria del ferro», gli «Alberi-Libro». E poi il «Tondo delle offerte», con le coppelle da fucina, per i metalli fusi, qui usate come recipienti per offerte sacre, e le «pagine chiodate», oltre a un’evocazione dei «Cancelli d’Europa», allusione al tema dei confini e dei transiti più volte affrontati da Franca Ghitti. Ferro e legno i materiali prediletti, ma sempre di scarto o usurati, intrisi di storie e di vite di chi non aveva voce.
Intorno al Museo si dirama poi, nel territorio, l’itinerario «Franca Ghitti. Opere pubbliche», un vero museo diffuso nella media-alta Val Camonica verso il Lago d’Iseo, in cui ci s’imbatte nelle numerose committenze pubbliche che ricevette: opere potenti in legno, ferro, pietra, vetro, dal monumento a «I 13 martiri» partigiani di Lovere, ai lavori concepiti per Pisogne, Costa Volpino, Gianico, Erbanno, Civitate Camuno, Malegno, Breno, Nadro di Ceto e Cerveno, oltre alle opere nell’Hotel San Martino a Darfo Boario Terme che, tutte insieme, rievocano, con intensa spiritualità, la vita di queste comunità.

L’installazione «Bosco» (1989), di Franca Ghitti, allestita nel Museo Diocesano di Milano nel 2005. Foto: Fabio Cattabiani

«Pagine chiodate» (2008), di Franca Ghitti, New York, OK Harris Gallery. Foto: Fabio Cattabiani
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