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Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliClaudio Spadoni, direttore di ArteFiera di Bologna dal 2012 e critico di «Il Resto del Carlino», allievo di Francesco Arcangeli e già direttore dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna, lascia l’incarico di direttore scientifico del Museo Civico della Città di Ravenna (Mar). E non mancano le polemiche, non solo perché Spadoni era a capo del Mar dal 2002, fino al 2014 come direttore indicato dal Comune, nell’anno in cui l’ente divenne una «istituzione» con bilancio autonomo. Spiega l’ex direttore, andato ufficialmente in pensione due anni fa, e da allora responsabile delle mostre del museo (retribuito dallo sponsor Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna): «Per gli equilibri di Ravenna, credo che la situazione non cambierà in modo tale da farmi tornare sulla mia scelta. Non cerco poltrone e penso che ogni esperienza finisca, ma al museo io ho dato l’anima, ho plasmato una creatura culturale che mi spiacerebbe vedere deperire. E soprattutto spero che non sia buttato all’aria il lavoro delle persone che ci lavorano con tanta passione».
Con la mostra in corso «La seduzione dell’antico. Da Picasso a Duchamp, da De Chirico a Pistoletto» ha concluso la sua attività: «Dal 2002 a oggi le risorse per le mostre al Mar sono passate da 800-900mila euro annui ai 200-250mila donati dalla Fondazione Cassa di risparmio visto che oggi il Comune non ci mette un euro. Il personale è dimezzato e il Comune non l’ha sostituito. Ci siamo trovati ad allestire le mostre in 3-4 persone, quando ad esempio al vicino San Domenico di Forlì ne ho contate una quarantina. Mettere poi a confronto il totale di visitatori, ad esempio tra queste due città, è una indecenza perché da noi con un quarto dei finanziamenti annuali si organizzavano più eventi. Sarebbe utile, per fare un raffronto serio, sommare le visite annuali e ricordare appunto quali sono i finanziamenti». Spadoni non vuole fare ulteriori polemiche: «Il Comune raccoglie sponsor che poi autonomamente distribuisce e il Mar non può cercarsi i propri: ma perché a Ravenna nessuno si chiede quali numeri fanno altre note istituzioni culturali?».
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