Quel volto ineguagliato di Ebe

I Musei Civici di Bassano hanno ricostruito un gesso di Canova ridotto in pezzi dalle bombe nel 1945

Frammenti del modello in gesso di Ebe di Antonio Canova. © Musei Civici Bassano del Grappa Antonio Canova, gesso di Ebe allestito nel Salone ’600-’700 del Museo Civico di Bassano del Grappa. © Musei Civici Bassano del Grappa Frammenti del modello in gesso di Ebe di Antonio Canova. © Musei Civici Bassano del Grappa
Camilla Bertoni |  | Bassano del Grappa

Le celebrazioni per l’anniversario dei duecento anni dalla morte di Antonio Canova (Possagno 1757- Venezia 1822) vengono anticipate al 4 dicembre con l’esposizione «Canova. Ebe», curata da Mario Guderzo e Barbara Guidi e allestita nei Musei Civici fino al 30 maggio, che giunge a conclusione del lungo cantiere di restauro, aperto al pubblico, di un gesso ridotto in frammenti dai bombardamenti dell’aprile 1945.

«Questa iniziativa con la bella pubblicazione che l’accompagna, spiega la direttrice Barbara Guidi, precede la mostra dedicata a Canova e l’Europa che si aprirà a ottobre 2022, anno che prevede molte iniziative canoviane. La Ebe finalmente fruibile era rimasta chiusa per settant’anni anni in una cassa. Il tentativo di ricomposizione iniziato da Mario Guderzo negli anni ’90, quando era direttore, si compie grazie anche all’utilizzo di tecnologie digitali».

La mostra parla di Ebe e del suo mito anche grazie al patrimonio dei musei di Bassano, dai vasi della Magna Grecia al Rinascimento fino all’invenzione canoviana. Nel Salone Canoviano del Museo bassanese, la Ebe «restituita » è posta vis a vis con la prima versione in gesso del medesimo soggetto, patrimonio della padovana Collezione Papafava. «Il complesso restauro del gesso di Bassano è illustrato in mostra nei vari passaggi, dalla scansione della Ebe in marmo dei Musei di San Domenico di Forlì alla ricomposizione dei frammenti. Il tutto è funzionale a far entrare il visitatore nell’universo di Canova che, grazie a una profonda cultura dell’antico, fu capace di dare a questo mito un volto così affascinante da restare ineguagliato nella storia dell’arte».

Mario Guderzo sottolinea il valore di questo «capolavoro di leggerezza e gestualità» spiegando come Canova abbia restituito l’immagine della dea che vola sulle nuvole per raggiungere l’Olimpo «attraverso i dettagli di mani, braccia, piedi e capelli», facendone un emblema di eterna giovinezza. Proveniente dallo studio romano di Canova, da dove giunse tra il 1852 e il 1858, la Ebe bassanese riproduce uno dei due modelli che dettero vita ai quattro marmi dedicati a questa dea.

«Lo scultore, spiega, usava ricavare vari esemplari da distribuire a mecenati e accademie, come si apprende dai carteggi. Ebe fu una delle figure più celebri a cui lavorò lungo tutta la sua parabola artistica: ne esistono due marmi in una prima versione, a Berlino e all’Ermitage, che derivano dal modello conservato alla Gam di Milano. Il valore della restituzione bassanese sta nell’aver ricomposto l’unico modello integro della seconda versione realizzata in altri due marmi, uno dei quali è quello appunto di Forlì utilizzato per la ricostruzione».

La mostra evidenzia il processo creativo di Canova anche attraverso l’uso delle repère, «i chiodini in bronzo, chiarisce Guidi, che permettevano di trasferire con estrema esattezza le forme dal gesso al marmo: donando questi modelli, Canova permetteva ad altri scultori di produrre altri esemplari».

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© Riproduzione riservata Render e restauro digitale del modello in gesso di Ebe a cura di UnoCad, 2020
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