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Una veduta della mostra «Materia Vibrante - Vibrant Matter» alla Fondazione Bonollo, Thiene (Vi)

Courtesy Fondazione Sandra e Giancarlo Bonollo. Photo © Giovanni Canova

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Una veduta della mostra «Materia Vibrante - Vibrant Matter» alla Fondazione Bonollo, Thiene (Vi)

Courtesy Fondazione Sandra e Giancarlo Bonollo. Photo © Giovanni Canova

Un doppio appuntamento per il primo anno della Fondazione Bonollo

Negli spazi dell’istituzione che nell’estate 2024 ha aperto a Thiene sono allestite la prima personale in Italia di Paloma Proudfoot e una selezione di opere della collezione permanente

«Speech Weavers», ovvero «Tessitrici del Verbo», sono tre donne che si pongono in ascolto, ricettive verso le onde sonore che, attraversando ostacoli, le raggiungono. È il titolo dell’opera di Paloma Proudfoot (Londra, 1992) che si estende anche all’intera mostra, la prima personale dell’artista in Italia, allestita fino al 30 agosto nella Fondazione Sandra e Giancarlo Bonollo per l’arte contemporanea di Thiene (Vi). Accanto alla personale di Proudfoot, a cura di Elisa Carollo, la collettiva «Materia Vibrante-Vibrant Matter», a cura di Chiara Nuzzi (fino al 7 novembre) raccoglie una selezione di opere dalla collezione Bonollo di Giorgio Andreotta Calò, Giulia Cenci, June Crespo, Jesse Darling, Bronwyn Katz, Sandra Mujinga, Isabel Nuño de Buen, Luca Trevisani. La fondazione, che trova sede nel centro storico di Thiene negli spazi del complesso seicentesco dell’ex Chiesa delle Dimesse, restaurato dai coniugi, ha festeggiato con queste due mostre il suo primo anno di vita con l’obiettivo di diffondere i linguaggi della contemporaneità, con il patrocinio del Comune di Thiene. «Un anno segnato dall’interesse dimostrato dalla comunità locale e internazionale e dagli studenti, sia delle scuole superiori sia delle università, che hanno partecipato da varie provenienze alle visite guidate proposte», hanno spiegato i collezionisti Sandra e Giancarlo Bonollo.

«Speech Weavers» è un bassorilievo in ceramica installato come una grande pala d’altare davanti a quello che un altare è effettivamente, dove le suore che qui vivevano ascoltavano messa nascoste dietro una grata: un’opera che nasce, nell’attenzione dell’artista ai temi femministi che caratterizza il suo lavoro, tenendo conto degli spazi e della loro storia. Un modus operandi che caratterizza anche altre opere installate nelle varie stanze, come gli occhi spalancati sopra la porta che apre la prospettiva sulla chiesa, la mano che tiene la tenda nel passaggio da una stanza all’altra: tutti bassorilievi in ceramica policroma, accanto al bronzo, uno dei medium preferiti dall’artista che ha completato la sua formazione in Scultura all’Edinburgh College of Art e al Royal College of Art. Le donne raffigurate non stanno semplicemente in ascolto, ma sono tessitrici del verbo: «Il titolo poetico scelto dalla curatrice, ha commentato Giancarlo Bonollo, ci conduce in una dimensione tutt’altro che passiva dell’atto dell’ascolto, piuttosto dinamica invece». «Il medium scelto dall’artista, ha aggiunto Elisa Carollo, è molto complesso e traduce la fragilità e vulnerabilità del corpo attraverso un processo alchemico: la terra, passando nel fuoco, si fa di nuovo corpo, materia». Corpi che si mostrano come assemblaggi, «entità fluide e frammentate, permeabili al tempo, all’ambiente e alle emozioni, insiemi di parti che compongono il tutto, segnate da tracce che evocano traumi, giunture, ricuciture come percorsi di guarigione», ha sottolineato la stessa artista, evidenziando la natura funzionale dinamica dei corpi stessi. Corpi capaci di trasformarsi in altro, come le dita delle mani che si fanno rami, in un’interazione armonica tra uomo e natura.

È questa interazione che diventa la chiave di lettura della seconda mostra, la collettiva «Materia vibrante», dove i manufatti dell’uomo, o i resti della sua produzione, le sue tracce invasive sul mondo, raccontano di una complessa relazione tra uomo, animali e ambiente attraverso opere di natura scultorea. Il titolo fa riferimento a un saggio recente della filosofa e teorica politica Jane Bennett, come ha spiegato la curatrice Nuzzi. La bricola erosa dall’acqua trasformata in scultura di bronzo da Giorgio Andreotta Calò (Venezia, 1979), l’installazione mostruosamente antropomorfa composta di scarti meccanici di Giulia Cenci (Cortona, 1988), la trasformazione in senso evocativo di oggetti di recupero operata da Bronwyn Katz (South Africa, 1993) sono esempi di come la materia non sia inerte e passiva, ma possa mutare senso e suggerire immaginari. La scatola ansiogena di Jesse Darling (Oxford, 1981), con il piccolo spazio su cui incombe un aereo e spazzole di plastica mimano sintetici alberi, le stratificazioni di June Crespo (Spagna, 1982) e di Isabel Nuño de Buen (Città del Messico, 1985) trasudano dell’ansia di una generazione che vive la crisi epocale della cultura occidentale e del suo sistema. La risposta la sembrano cercarla Sandra Mujinga (Repubblica Democratica del Congo, 1989) con le sue creature indecifrabili spalmate a terra, e Luca Trevisani (Verona, 1979) con le «fortificazioni» difensive del mondo animale a cui si ispira.

Una veduta della mostra «Speech Weavers» alla Fondazione Bonollo, Thiene (Vi). Courtesy Fondazione Sandra e Giancarlo Bonollo. Photo © Giovanni Canova

Camilla Bertoni, 09 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

Un doppio appuntamento per il primo anno della Fondazione Bonollo | Camilla Bertoni

Un doppio appuntamento per il primo anno della Fondazione Bonollo | Camilla Bertoni