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Percorso parallelo per la grafica di Burri

Altri 4mila metri quadrati nella nuova sezione della Fondazione Palazzo Albizzini collezione Burri

Stefano Miliani

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«La forma è sovrana. La materia, senza cessare di essere e di presentarsi come tale, sembra secernere la propria forma. Questo è il nodo decisivo e nevralgico dell’arte di Burri: il nodo filosofico, se si vuole». Lo scriveva Massimo Carboni nel suo libro Non vedi niente lì? (Castelvecchi, 1999) riferendosi ai cellotex di Alberto Burri. L’appunto potrebbe applicarsi di peso anche alle incisioni, alle litografie, alle serigrafie dell’artista di Città di Castello: è altrettanto valido. Ed è all’opera grafica di Burri che la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri riserva una nuova sezione nei vasti spazi recentemente riadattati sotto il livello del suolo negli ex Seccatoi del tabacco. L’istituto presieduto da Bruno Corà inaugura queste sale il 12 marzo, a 102 anni esatti dalla nascita dell’artista. Si aggiungono così quattromila metri quadrati di superficie espositiva permanente superando un totale di oltre 11mila metri quadri e il numero di 500 opere in mostra negli ex silos e nel corpo dell’edificio principale, oltre che a Palazzo Albizzini nel centro storico. Per chi conosce questi spazi appena fuori le mura, la grafica va a collocarsi nelle sale che hanno ospitato la notevole mostra terminata a gennaio «Burri. Lo Spazio di Materia / tra Europa e Usa». 

Una «Combustione» del 1965 è un’incisione su pregiata carta Fabriano Rosaspina; un «Cretto bianco» è datato 1971; una serigrafia e foglia d’oro del 1994 richiama al contempo i fondi oro e le pale d’altare astraendole in forme pure; ha linee nette e taglienti una serigrafia lavorata dalla Cartiera Moulins de Larroque et Pombié del 1993; un’astrazione multicolore datata 1973-76 diventa perfino Pop art, scandita com’è da campiture rosse, verdi, azzurre, gialle, nere. Sono alcune delle opere esposte per le quali Burri si avvalse di stampatori abili e raffinati e che ribadiscono la sua volontà di provare nuove forme e combinazioni da elaborare poi in lunghi cicli ricchi di variazioni sul tema.

L’attività grafica di Burri, ricorda la Fondazione, iniziò nel 1950 per concludersi nel 1994, l’anno prima della morte. E Corà ci tiene a osservare che qui «parlare di grafica non significa parlare di una produzione minore rispetto ai dipinti, ma soltanto di una modalità artistica diversa e parallela, nella concezione e nell’esecuzione. Anche nella grafica Burri ha cercato di superare sfide tecniche e di spingere i confini sia degli strumenti che dei materiali utilizzati. Con esiti di interesse straordinario, come le opere esposte confermano».
 

Stefano Miliani, 08 marzo 2017 | © Riproduzione riservata

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