Bill Viola, «Emergence» (Emersione), 2002, 11’40”. Retroproiezione video a colori ad alta definizione su schermo montato a parete in una stanza buia. Interpreti: Weba Garretson, John Hay, Sarah Steben. cm 213 x 213. Courtesy Bill Viola Studio

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Bill Viola, «Emergence» (Emersione), 2002, 11’40”. Retroproiezione video a colori ad alta definizione su schermo montato a parete in una stanza buia. Interpreti: Weba Garretson, John Hay, Sarah Steben. cm 213 x 213. Courtesy Bill Viola Studio

Palazzo Strozzi si gode il successo di Ai Weiwei e rilancia con Bill Viola, il Cinquecento e le utopie radicali a Firenze

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Laura Lombardi

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Firenze. Dopo l'ottimo esito della mostra di «Ai Weiwei libero», che ha superato i 150mila visitatori, ha avuto il favore della critica (pur tra le molte polemiche) e ha portato il 2016 a essere l’anno di maggior successo di Palazzo Strozzi, ora diretto da Arturo Galansino, con 360mila visitatori, la Fondazione Palazzo Strozzi, presenta il calendario per il nuovo anno con tre proposte espositive, due delle quali riguardano il contemporaneo.

Si comincia con «Bill Viola. Rinascimento elettronico» (10 marzo-23 luglio), a cura di Arturo Galansino e Kira Perov, moglie ma ormai divenuta alter ego dello stesso Viola: una mostra che fa il punto sulla carriera del videoartista statunitense, il cui rapporto con Firenze iniziò nella prima metà degli anni Settanta, quando, giovane studente (Viola è nato a New York nel 1951), fu direttore tecnico di «art/tapes/22», centro di produzione e documentazione del video di Maria Gloria Conti Bicocchi, all’avanguardia nella scena internazionale. In quei due anni, 1974-76, furono la cultura del Rinascimento e gli spazi dei monumenti fiorentini, ancor più dei dipinti, a suggestionarlo e a orientare le ricerche degli anni successivi. Non poche sono infatti le istituzioni monumentali fiorentine che collaborano all’evento, ma anche Empoli e Arezzo.

Dal 22 settembre al 21 gennaio 2018 è invece la volta di «Arte a Firenze nel secondo Cinquecento», una mostra a cura di Carlo Falciani e Antonio Natali, che chiude il ciclo di due fortunate, sia dal punto di vista della critica che del pubblico, mostre degli anni scorsi: «Bronzino, pittore e poeta» nel 2010 e «Pontormo e Rosso Fiorentino, le divergenti vie della maniera» nel 2014. Si segue infatti attraverso opere di autori quali Andrea del Sarto, Bronzino, Pontormo, Giorgio Vasari, Giambologna, Bartolomeo Ammannati, Santi di Tito, il percorso denso di testimonianze raffinate, coltissime e anche bizzarre, dell’arte fiorentina nella seconda metà del secolo attraverso dipinti, sculture e disegni, per celebrare un momento molto singolare dell’arte italiana, segnato dall’avvento della Controriforma del Concilio di Trento e dalla figura di un grande rappresentante del mecenatismo di corte in Europa: Francesco I de’ Medici.

Infine a distanza di poco (da 20 ottobre 2017 al 21 gennaio 2018) apre negli spazi della Strozzina «Utopie radicali» a cura di Pino Brugellis, Gianni Pettena e Alberto Salvadori, prodotta e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi, Fondazione CR Firenze e Osservatorio per le Arti Contemporanee, che pone il focus sugli anni Sessanta e Settanta del Novecento, quando Firenze fu teatro della felicissima stagione creativa del movimento radicale, con gruppi e personalità quali 999, Archizoom, Remo Buti, Gianni Pettena, Superstudio, Ufo, Zzigurat.
Sono così riunite per la prima volta opere visionarie, che, come evoca anche il titolo scelto, indagarono attraverso oggetti di design, video, installazioni, performance e narrazioni orizzonti ritenuti possibili, rompendo gli argini imposti dalla cultura del tempo. Una testimonianza preziosa della vivacità culturale di Firenze in quei decenni, che la vicenda, pur molto diversa, della presenza attiva di Bill Viola, non può che confermare.

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Laura Lombardi, 27 gennaio 2017 | © Riproduzione riservata

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