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Una veduta del nuovo allestimento del primo piano di Palazzo Barberini, Roma. Foto Alberto Novelli

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Una veduta del nuovo allestimento del primo piano di Palazzo Barberini, Roma. Foto Alberto Novelli

Palazzo Barberini scompagina una raccolta di collezioni

«Abbiamo anche “svelato” l’architettura del Palazzo: un’autentica macchina teatrale», spiega Flaminia Gennari Santori, direttrice delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, alla conclusione del riallestimento del museo con il Tre e Quattrocento

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Arianna Antoniutti

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Flaminia Gennari Santori (Roma, 1968) dal 2015 dirige Palazzo Barberini e Galleria Corsini, le due sedi delle Gallerie Nazionali di Arte Antica divenute, dal medesimo anno, istituto autonomo. Il principale impegno del suo mandato è stato l’integrale riallestimento di Palazzo Barberini, iniziato nel 2019 con le sale dedicate al Settecento, nell’ala sud, e continuato con le sale del Seicento nell’ala nord. Nel 2018, inoltre, il palazzo aveva integrato nei propri spazi museali anche le undici sale dell’ala sud, già in uso al Ministero della Difesa. Nell’ottobre dello scorso anno sono state rimodulate le sale del Cinquecento, secondo un impianto che integra e coordina un ordine cronologico e geografico con momenti tematici e approfondimenti monografici, e ora riapriranno al pubblico, il 29 aprile, gli ambienti al piano terra che ospitano le opere del Trecento e del Quattrocento.


Direttrice, quali sono state le tappe principali e le linee guida?
Le collezioni Corsini e Barberini costituiscono, dal punto di vista storico e artistico, una raccolta organica e coerente e, sotto il profilo museale, sono accomunate da trascorsi assai accidentati, che abbiamo appena compendiato in Palazzo Barberini Galleria Corsini. 100 capolavori (Officina Libraria editore), la prima guida che include e descrive le opere di entrambe le raccolte. In questi anni, il nostro lavoro ha cercato di dare compiutezza a quanto aveva immaginato, 130 anni fa, Adolfo Venturi che istituì, nella Galleria Corsini, la prima galleria nazionale d’Italia.

Questa è l’istituzione che a Roma ancora mancava, ovvero una collezione permanente legata alla storia stessa della città, e che ha il pregio, inoltre, di sintetizzare i due temi più interessanti della museologia e della museografia in Italia. Da un lato, difatti, abbiamo la quadreria costituita dalla Galleria Corsini, con il suo allestimento settecentesco, dall’altra, a Palazzo Barberini, una dimora storica seicentesca in cui, secondo moderni criteri espositivi, abbiamo potuto riallestire le opere come un museo del XXI secolo.

La centralità in cui da subito, nella nostra riflessione, abbiamo posto il visitatore, era insita nella storia della quadreria del cardinale Neri Corsini, un collezionista che operava in un contesto già illuminista. A suo zio, papa Clemente XII, si deve la fondazione del primo museo pubblico nel 1734, i Musei Capitolini, di cui Neri promosse la realizzazione del catalogo. La riflessione sul pubblico e sulla fruizione del patrimonio artistico è dunque connaturata alla nostra storia, e il modo in cui, in questi anni, abbiamo immaginato il museo ne è stato fortemente influenzato. I risultati, in termini di afflusso, sono concreti, le Gallerie h
anno ovviamente sofferto durante il primo anno della pandemia, ma ora i numeri ci confortano.

Ad esempio, due mostre come «Tempo barocco» (maggio-ottobre 2021) e «Caravaggio e Artemisia: la sfida di Giuditta», appena terminata, sono esposizioni non facili ma di grande richiamo, che hanno saputo attrarre il pubblico. Avvertiamo in maniera molto forte la dimensione nazionale delle Gallerie, e le nostre collaborazioni con l’estero ne sono il riscontro evidente. In autunno, ad esempio, allestiremo a Palazzo Barberini la mostra «Annibale Carracci. Gli affreschi della cappella Herrera», pensata e realizzata con il Prado di Madrid. Abbiamo scelto di lavorare su uno spettro decisamente ampio, collaborando con istituzioni italiane e straniere, sviluppando con le università progetti di alto livello scientifico, ma anche aprendoci a nuove esperienze: come l’arte contemporanea per la prima volta ospitata alla Corsini con la mostra di Mapplethorpe nel 2019
.
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Quali sono i princìpi che hanno guidato il complesso riallestimento di Palazzo Barberini?
Palazzo Barberini ospita non una collezione, ma una straordinaria raccolta di collezioni: Torlonia, Chigi, Odescalchi, Sciarra, Hertz, Barberini. Al momento del mio arrivo le opere erano allestite secondo una scansione da manuale di Storia dell’arte che, con i curatori Maurizia Cicconi e Michele di Monte, e con Enrico Quell, autore del progetto di allestimento, abbiamo voluto scompaginare. Fondamentali per comprendere la direzione in cui muoverci sono state le mostre focus dei primi anni, come «Il giovane Filippo Lippi e la Madonna di Tarquinia» e «Venezia Scarlatta. Lotto, Savoldo, Cariani», entrambe nel 2017, strumentali nel ragionare sugli allestimenti e per l’individuazione di opere che fungessero da snodo e da affondo critico.

In questo senso l’esperimento della mostra «Eco e Narciso», realizzata con il MaXXI nel 2018, è stato altrettanto basilare, perché in quell’occasione abbiamo ragionato al di là delle abituali categorie storico artistiche, esponendo ad esempio la «Fornarina» di Raffaello accanto alla «Maddalena» di Piero di Cosimo. Parallelamente al lavoro sulle opere, mi interessava inoltre svelare l’architettura del Palazzo: un’autentica macchina teatrale. Con una lettura, se vogliamo, molto modernista, desideravo che si leggesse la funzione sottesa all’architettura.


Ora l’ultima fase riguarda le sale del Trecento e Quattrocento.
Si tratta di una sezione complessa della collezione, composta da opere su tavola e di dimensioni molto diverse. Le croci dipinte resteranno un nucleo a sé, mentre per i fondi oro abbiamo pensato a un allestimento che ne enfatizzi la dimensione di spiritualità privata. Con Filippo Lippi, e con il Beato Angelico dalla Corsini che ospiteremo per alcuni mesi, tematizzeremo invece la rivoluzione prospettica del primo Quattrocento. Una sala intera sarà dedicata alla tavola del raffinato eccentrico spagnolo Pedro Fernández, mentre l’ultimo ambiente del percorso accoglierà in futuro piccole mostre tematiche.
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Che cosa è stato realizzato alla Galleria Corsini in questi anni?
L’idea perseguita nella quadreria corsiniana è stata enfatizzare l’allestimento storico, che vede le opere prive di didascalie, attraverso lo strumento multimediale e tecnologico. Grazie alla connessione wi-fi e alla guida digitale, forniamo al visitatore strumenti interpretativi senza intaccare l’allestimento originale. La tecnologia applicata agli edifici storici crea un prezioso contesto di sperimentazione. Penso al progetto WeACT³, una sponsorizzazione tecnica da oltre 500mila euro, che ha visto al lavoro Gallerie nazionali e un gruppo di imprese coordinate dall’Associazione Civita, con programmi relativi a sicurezza, campagne fotografiche ad altissima risoluzione e software di gestione delle collezioni.

Ora, con i fondi Pnrr, porteremo il wi-fi anche a Palazzo Barberini. Ma l’impegno maggiore che ci attende sarà soprattutto il catalogo generale delle Gallerie, in lavorazione dal 2019, con coordinamento di Alessandro Cosma e Yuri Primarosa e supervisione di Andrea G. De Marchi. A oggi abbiamo realizzato 172 schede e circa 100 sono in via di realizzazione. Inoltre contiamo di accrescere le collezioni, come già avvenuto negli anni passati, con altre importanti acquisizioni, come il «Ritratto di Abbondio Rezzonico» di Pompeo Batoni e il «Modello del monumento funebre di Innocenzo XI Odescalchi» di Pierre-Étienne Monnot, acquisiti rispettivamente nel 2017 e nel 2020.

«Trittico (Ascensione, Giudizio Universale, Pentecoste)» (1447 - 1448) di Giovanni da Fiesole, detto Beato Angelico. Cortesia Gallerie Nazionali di Arte Antica, Roma

«Madonna di Tarquinia» (1437) di Filippo Lippi. Cortesia Gallerie Nazionali di Arte Antica, Roma

Arianna Antoniutti, 28 aprile 2022 | © Riproduzione riservata

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