Nuovi spazi culturali e relazioni sempre tese con la Cina

«Ma nessun censura», dichiarano i direttori del Palace Museum di Hong Kong e del Taipei Performing Arts Center in Taiwan

Il Palace Museum di Hong Kong nel distretto culturale di West Kowloon, espone antichità cinesi
Lisa Movius |

Quest’estate si aprono due importanti istituzioni culturali dell’Asia orientale, a Hong Kong e a Taiwan. Entrambe sono sostenute dai rispettivi Governi e arrivano in un momento in cui le relazioni tra Taiwan, Hong Kong e la Cina continentale sono particolarmente difficili.

Il 2 luglio, nel distretto culturale di West Kowloon di Hong Kong si è inaugurato l’Hong Kong Palace Museum (Hkpm), un nuovo enorme spazio espositivo per le antichità cinesi. Il 7 agosto a Taipei, capitale di Taiwan (Stato non riconosciuto dalla Repubblica Popolare Cinese, Ndr), il Taipei Performing Arts Center (Tpac) darà nuovo slancio alla già intensa scena performativa della città con una serie di produzioni interdisciplinari e di collaborazioni internazionali. Lo spazio per spettacoli a tre teatri è sostenuto dal Dipartimento degli Affari Culturali della città di Taipei, che gestisce anche il Museo delle Belle Arti di Taipei.

Si spera che il nuovo spazio attiri l’attenzione internazionale sulla nazione insulare. «Taiwan ha molti giovani talenti, ma spesso sono mancate le risorse per sostenerne l’affermazione internazionale», afferma Austin Wang, direttore del Tpac: «Noi svolgeremo un ruolo di collegamento proprio con l’estero». Il primo accordo («un punto di partenza», secondo Wang) è quello con il Manchester International Festival, per una coproduzione all’anno.

Lo spazio per gli spettacoli di 50mila metri quadrati, che domina Shilin, l’iconico mercato notturno della capitale, è già un importante punto di riferimento, con un edificio progettato dallo studio di architettura OMA di Rem Koolhaas (già autore, a Hong Kond, del grandioso museo M+ inaugurato lo scorso novembre, Ndr). I costi della struttura ammontano a 225 milioni di dollari e i costi operativi annuali sono previsti in 16,8 milioni di dollari, di cui il 92% a carico del Governo. Il centro spera di ridurre i finanziamenti statali al 50% entro 20 anni.

Il nuovo Hong Kong Palace Museum (territorio cinese, dopo il ritorno a Pechino dell’ex colonia britannica, nel 1997, Ndr) fa parte del distretto culturale di West Kowloon, sostenuto dallo Stato, e si affianca al nuovo museo M+ e al teatro lirico cinese Xiqu Centre. La direttrice dell’Hkpm, Daisy Wang, paragona il distretto allo Smithsonian americano: «È uno dei progetti culturali più ambiziosi al mondo», afferma. La partnership strategica del museo con il Palace Museum di Pechino nella Città Proibita è una «relazione speciale e stretta, e prevede prestiti senza precedenti di tesori artistici», ha dichiarato. Il museo di Pechino presterà 914 oggetti per un massimo di un anno, ma non concederà alcun finanziamento o non imporrà alcun controllo sulla programmazione, sottolinea Wang: «Non siamo una loro "filiale", siamo totalmente indipendenti».

Una sovvenzione di 117 milioni di dollari da parte del Jockey Club Charities Trust ha finanziato la costruzione dell’Hkpm, un complesso di 30mila metri quadrati progettata dallo studio associato Rocco Design Architects di Hong Kong. Pur non disponendo di un budget per le acquisizioni, il museo ha ricevuto donazioni da mecenati privati, tra cui 946 opere d’oro e d’argento della collezione Mengdiexuan di Betty Lo e Kenneth Chu. Il Jockey Club, associazione non profit, sostiene molte iniziative artistiche in città.

Tra le mostre inaugurali dell’Hkpm ce n’è una sui cavalli, oltre a «The Making of Masterpieces: Chinese Painting and Calligraphy from the Palace Museum» e un progetto multimediale con sei artisti di Hong Kong che reinterpretano l’arte del palazzo. La formazione sulla storia cinese è al centro della missione dell’Hkpm, ma Wang sostiene che non ci sarà alcuna influenza da parte di Pechino e che non è correlata alle nuove leggi controverse che impongono nelle scuole di Hong Kong la «guoxue» (educazione nazionale) centrata sulla Cina continentale.

Problemi di censura
La censura dell’arte si è intensificata a Hong Kong dopo l’approvazione della Legge sulla sicurezza nazionale, emanata nel 2020 dalle autorità continentali in reazione alle proteste «pro democrazia» del 2019. Presso l’istituzione gemella dell’Hkpm, l’M+, sono state rimosse opere di artisti della Cina continentale che facevano riferimento al massacro di studenti cinesi del 1989. Ma, sostiene Daisy Wang, «noi ci dedichiamo all’arte e alla cultura tradizionali e ci impegniamo a rispettare la professionalità e i migliori standard museali internazionali», ribadendo che il museo non ha «alcun problema in questo momento» con la censura.

Al contrario, il Taipei Performing Arts Center apre in un’atmosfera di libertà culturale. «Non c’è censura qui a Taiwan, siamo liberi», dice Austin Wang. «Non c’è assolutamente alcun controllo governativo» sui contenuti, neppure nelle istituzioni statali. Taiwan, indipendente dal 1949 e democratica dal 1996, è territorialmente rivendicata dalla Cina, ma non ha mai fatto parte della Repubblica Popolare. Il liberalismo dell’isola ha prodotto una vivace scena culturale, compresa quella che Wang definisce un’«età dell’oro» delle attività teatrali: «Nonostante la pandemia, l’energia creativa è stata molto forte. Rispetto all’Occidente, a Taiwan le cose si possono fare molto facilmente. È un’isola tecnologica, con risorse e talenti».

La stagione di apertura del TPAC prevede collaborazioni con l’artista Hsieh Chun-Te e con i registi Tsai Ming-liang e Tun-ye Chou. Oltre a un progetto della drammaturga indipendente Vee Leong, la programmazione prevede artisti dal Myanmar, dal Vietnam e dalla Nuova Zelanda: «Taiwan è proprio al centro dell’Asia, in stretto collegamento con il Giappone, la Corea e il Sud-est asiatico, con cui vogliamo lavorare per creare un’identità asiatica e incontrare il resto del mondo», afferma Wang. I legami artistici ufficiali tra Taiwan e Hong Kong e la Cina continentale sono diminuiti dalla metà dello scorso decennio.

Negli spazi indipendenti, gli artisti taiwanesi sul continente sono particolarmente controllati e le regole più rigide sui visti hanno ridotto le opportunità per gli artisti cinesi di frequentare l’ambiente più libero di Taiwan. Tuttavia, sono possibili alcune interazioni, come una conferenza sul teatro organizzata dal Goethe Institute per Taipei, Hong Kong, Shanghai e Pechino. «Dal punto di vista di Taiwan, questa è l’unica finestra ancora aperta» per il dialogo con la Cina continentale e Hong Kong, dice Wang. I motivi sono più politici che dettati alla pandemia, aggiunge: «Spero che non sarà così troppo a lungo».

dida: Il Palace Museum di Hong Kong, a sinistra, nel distretto culturale di West Kowloon, espone antichità cinesi, mentre il Taipei Performing Arts Center, progettato dallo studio OMA di Rem Koolhaas nella capitale taiwanese, punta a collaborazioni internazionali

© Riproduzione riservata il Taipei Performing Arts Center, progettato dallo studio OMA di Rem Koolhaas nella capitale taiwanese, punta a collaborazioni internazionali
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