Museo Egizio: un attacco cinico, spregiudicato e infondato

Un articolo sfrutta il Covid-19 contro l'autonomia dei musei

Il Museo Egizio di Torino
Umberto Allemandi |

Come è noto, «Il Giornale dell’Arte» è stato fin dall’inizio il più energico e accanito sostenitore dell’autonomia dei musei italiani e in particolare della prima effettuata in Italia: quella del Museo Egizio di Torino. Perciò riteniamo opportuno un immediato commento in merito all’articolo odierno pubblicato da «il Fatto Quotidiano» intitolato: «L’Egizio rischia la chiusura».

L’articolo dimostra un’attitudine pregiudiziale e ideologicamente settaria ed è molto difficile immaginare che sia involontaria l’incomprensione della realtà manifestata dall’articolista.

Egli assume un evento assolutamente epocale ed eccezionale come la chiusura di tutti i luoghi pubblici a titolo di precauzione contro la pandemia, quale dimostrazione della sua antica tesi contraria alla gestione autonoma dei musei, confondendo l’autonomia (comprensiva peraltro della benemerita partecipazione di istituzioni di diritto privato, fondazioni attive nell’interesse pubblico definite impropriamente «oligarchie bancarie locali») con la privatizzazione*.

È evidente che qualsiasi museo, sia privato sia pubblico, se è costretto alla chiusura per causa di forza maggiore deve rinunciare ai normali introiti di biglietteria e a quant’altro. E al pari di qualsiasi attività, sia pubblica sia privata, a un impedimento eccezionale dovrà rimediare ricorrendo ad apporti eccezionali.

Ma anziché essere esclusivamente a carico di tutti noi cittadini (qualora la sua gestione, non la proprietà, fosse rimasta statale), l’emergenza per i mancati introiti dovrà essere affrontata e sostenuta dai membri del Consiglio di Amministrazione. Non vi è dubbio che gli attuali qualificati componenti sapranno agire adeguatamente e con prontezza, molto maggiore di qualsiasi ente statale.

Affermare che il Museo Egizio corra un «pericolo fatale» sia per la sua apertura, sia per il mantenimento del personale, sia per l’equilibrio dei costi con i ricavi, attribuendolo al fatto che la sua gestione è autonoma anziché statale, è una tesi clamorosamente in mala fede: è falsa e insostenibile.

Usare una calamità come una pandemia universale in favore di una tesi ideologica tutta da dimostrare è un comportamento spregiudicato e inaccettabile da parte di un giornalismo serio e responsabile: anche in questo caso, come in tutte le analoghe strumentalizzazioni politiche o personali di qualsiasi colore esse siano, esso squalifica inesorabilmente chi cinicamente lo pratica.



*L’articolista non confonde solo banche e fondazioni, ma anche le persone: attribuisce allo storico del restauro Giovanni Urbani anziché al ministro Giuliano Urbani la nomina del primo presidente dell’Egizio autonomo.

© Riproduzione riservata Ingresso del Museo Egizio di Torino
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