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Il centro storico di Mosul in Iraq dopo la liberazione

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Il centro storico di Mosul in Iraq dopo la liberazione

Mosul, saccheggio e speculazione

Il centro storico è devastato, come Aleppo

Il centro storico di Mosul, seconda città dell’Iraq, è quasi totalmente devastato. Per la sua forza distruttiva quello che è accaduto al patrimonio culturale di Siria e Iraq non ha precedenti immediati nella storia. È immensa la rilevanza artistica e storica di tanti siti archeologi e monumenti colpiti dagli attacchi intenzionali dello Stato Islamico e dai bombardamenti militari avvenuti durante la guerra di liberazione dall’Isis su un centro storico millenario come Mosul. In questa città, alle esplosioni dei magnifici mausolei sciiti dell’età medievale, degli atābeg, originali esempi d’architettura in mattone con raffinate cupole piramidali e volte a «muqarnas» che ricordano alveoli e stalattiti, si aggiungono le enormi devastazioni causate dai bombardamenti americani e del governo iracheno.
Moschee, palazzi, caravanserragli, tutto è stato colpito.

Come Aleppo in Siria (per cui l’Aga Kahn Trust ha appena presentato un progetto di ricostruzione), Mosul è ancora una città fantasma. Il cuore antico è in macerie, il famoso minareto pendente non esiste più, le tombe dedicate agli «idoli» pagani preislamici ma anche le tombe musulmane di santi e profeti sono state cancellate dall’Isis come simboli politeistici. Distrutto il grande Museo cittadino, in frantumi anche le aree archeologiche delle capitali assire di Nimrud, Khorsabad, Assur e la stessa biblica Ninive, primi centri imperiali dell’antichità preclassica.
A nove mesi dalla sconfitta dell’autoproclamato Stato islamico, a Mosul manca ogni segno di rinascita.

Il 12 febbraio si è tenuta a Kuwait City una Conferenza per la Ricostruzione dell’Iraq promossa dagli Stati del Golfo insieme con l’Unione Europea per raccogliere adesioni internazionali, fondi per un gigantesco intervento su città, infrastrutture economiche e decine di siti archeologici. Difficile ancora valutare il costo di questo enorme impegno: le stime vanno da 300 a mille miliardi di dollari. Sono stati presentati studi di fattibilità per 157 progetti per circa 88 miliardi. Gli esperti presenti alla Conferenza li hanno però giudicati vaghi e poco concreti, in gran parte basati su prestiti offerti da banche e da imprese private ai quali il Governo di Baghdad difficilmente potrebbe far fronte. L’Unione Europea ha promesso una donazione di 400 milioni di euro. L’Unesco, sostenuto dall’Ue, dagli Stati Uniti e dal Governo iracheno ha lanciato un appello, «Reviving the Spirit of Mosul», per mettere almeno in sicurezza ciò che resta dei musei e dei siti archeologici della zona. Per ora l’appello è rimasto sulla carta. L’Iraq non ha ancora varato nessun programma concreto per la ricostruzione di Mosul. Non solo: manca ogni controllo per proteggere ciò che resta della città che sta cadendo nelle mani degli speculatori. Le case distrutte nei quartieri storici vengono vendute per pochi soldi a imprenditori privati di diversi Paesi. Sarà quindi la speculazione edilizia, con denaro straniero, a occuparsi della «ricostruzione». Intanto, nei vecchi quartieri, tra i ruderi e le macerie delle case medievali e ottomane, è in corso il saccheggio sistematico delle parti architettoniche decorate: stucchi, sculture, rilievi.

Nelle zone di pregio, come quelle sulle rive del Tigri, sono in azione da qualche settimana i bulldozer per ripulire alcune aree dalle macerie: tra le rare testimonianze dirette dello scempio, quella dell’archeologo di Mosul Ihsan Fethi che racconta come le ruspe abbiano fatto sparire ogni traccia di un antico caravanserraglio bombardato. Oggi al suo posto c’è un terreno disponibile, spianato, pronto per un grattacielo o un albergo con vista sul fiume. Decine di intellettuali iracheni e stranieri, archeologi, professori universitari hanno chiesto al Governo iracheno un provvedimento urgente perché venga vietata ogni compravendita di edifici e di terreni e per impedire così nuove distruzioni. In Italia ci si chiede: potrebbero essere impiegati in un’azione di salvaguardia anche i Carabinieri italiani rimasti a Mosul in missione di addestramento della polizia irachena?

In questi giorni si riparla anche della Siria: la guerra non è ancora finita nell’area a nord di Aleppo. Continuano i bombardamenti turchi contro i curdi considerati terroristi (vedi il caso della città di Afrin e il dramma dei civili) e sono già state colpite decine di moschee. Palmira è per ora dimenticata: sarebbe possibile ricostruirla ma qualcuno, come l’archeologo Paolo Brusasco autore del recentissimo volume Dentro la devastazione, ricorda che non si tratta soltanto di ricostruire colonne e templi della città antica, ma di far rivivere quella moderna. Prima della conquista dell’Isis Palmira aveva 50mila abitanti. Oggi ne restano meno di 100. Una seconda città morta accanto alle rovine romane. Ha senso creare una specie di Disneyland nel deserto senza aver prima reso possibile il ritorno degli abitanti che la facevano vivere?

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Edek Osser, 13 aprile 2018 | © Riproduzione riservata

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