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MASI anno uno

Primo bilancio del direttore Marco Franciolli

Mariella Rossi

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Il Museo d’Arte della Svizzera Italiana-MASI, frutto della fusione del Museo Cantonale d’Arte e del Museo d’Arte della Città di Lugano, compie un anno. È nato con l’apertura del LAC-Lugano Arte e Cultura, che comprende oltre al museo anche uno spazio per concerti e teatro. Marco Franciolli, direttore del MASI, è soddisfatto di come il museo contribuisca a mantenere la città al centro delle mappe internazionali dell’arte: «Da metà anni ’80, spiega, con le prime mostre realizzate dalla Fondazione Thyssen, il pubblico internazionale dell’arte ha scoperto Lugano come meta culturale. In seguito il Museo Cantonale d’Arte e il Museo d’Arte della Città di Lugano hanno proposto una programmazione di livello internazionale, di cui possiamo ricordare le mostre di Munch, Kandinskij, Bacon, Odilon Redon e altri. Sono solo alcuni dei progetti che hanno contribuito a collocare Lugano sulla mappa dell’arte internazionale. Oggi grazie alla fitta rete di contatti con altri musei, archivi, fondazioni, università e collezionisti sviluppata negli ultimi vent’anni dai due musei, il MASI può costruire una programmazione espositiva volta a rafforzare ancora di più la sua posizione».  

Quali solo le relazioni con altri musei?
I musei riuniti nel MASI hanno sempre intrattenuto intensi rapporti di collaborazione con altri musei nazionali e internazionali. Oggi il MASI può continuare a sviluppare progetti espositivi complessi sul piano scientifico e organizzativo grazie anche all’intensificazione delle coproduzioni con altri musei, peraltro già definite nella programmazione futura. Ad esempio l’esposizione in corso su Paul Signac è stata realizzata in collaborazione con la Fondation de l’Hermitage di Losanna, mentre la mostra della prossima primavera dedicata a Craigie Horsfield è frutto di una coproduzione con il Centraal Museum di Utrecht.

Culturalmente e geograficamente il MASI rappresenta uno snodo tra nord e sud.
Fin dall’apertura il museo ha posto l’accento sul proprio ruolo di ponte tra il nord e il sud dell’Europa. Una delle mostre inaugurali, «Orizzonte Nord-Sud», fu esemplare in tal senso, poiché evidenziò le matrici culturali plurime che definiscono il singolare posizionamento della Svizzera italiana nella geografia culturale europea. Anche la scelta di proporre un’ampia monografica di Markus Raetz nel primo anno di attività è riconducibile alla volontà di assumere un ruolo di snodo fra nord e sud delle Alpi, fra Svizzera e Italia. L’artista noto e apprezzato al nord delle Alpi fu una vera e propria scoperta per pubblico e critica italiani, come dimostra il grande successo riscosso.

Come viene finanziato il MASI?
La Fondazione MASI riceve un finanziamento paritario da parte della Città di Lugano e dal Cantone. Accanto a questi contributi pubblici, che rappresentano la parte maggioritaria, si innesta la partnership con Credit Suisse, avviata nel 1992 e ora rafforzata. Altri contributi da privati e fondazioni unitamente ai ricavi completano il finanziamento dell’Istituto. Come avviene solitamente, il finanziamento pubblico garantisce le spese correnti necessarie per il funzionamento del museo, che il settore privato difficilmente coprirebbe. Per contro, l’attività espositiva richiede la partecipazione di sponsor e donatori e in tal senso il museo ha definito una strategia di fundraising per affrontare progetti espositivi particolarmente impegnativi sul piano economico.

Oltre all’importante contributo dei coniugi Olgiati, altri collezionisti hanno incrementato il patrimonio del museo?
Va innanzitutto ricordata la generosa donazione che il conte Giuseppe Panza di Biumo fece al Museo Cantonale d’Arte nel 1994. La donazione comprende duecento opere di artisti europei e americani tra cui Roni Horn, Thomas Schütte, Ettore Spalletti, Lawrence Carroll e molti altri. Da allora sono stati numerosi i comodati e le donazioni giunti ad arricchire le collezioni a fianco delle acquisizioni che il museo effettua con regolarità. Con la creazione del MASI e la nuova sede espositiva al LAC vi è stato un aumento significativo delle proposte di donazioni e depositi a lungo termine, vagliate accuratamente e accettate unicamente se compatibili con le linee di sviluppo delle collezioni. Uno degli obiettivi primari del MASI è l’incremento ragionato delle proprie collezioni.

Qual è il pubblico del MASI e quali sono le strategie per coinvolgerlo?
La provenienza del pubblico varia a seconda dei temi e degli artisti proposti. Tuttavia si può osservare una ripartizione generale che vede il 33% di pubblico locale, il 32% proveniente dal resto della Svizzera, il 20% dall’Italia e il restante 15% dal resto del mondo. L’opportunità del LAC è anche di fondere i pubblici di arte, musica e teatro e il primo anno è stato  molto incoraggiante.
Per quanto riguarda il coinvolgimento del pubblico, il MASI è molto attento all’aspetto didattico e a quello emozionale nella fruizione delle esposizioni. Inoltre, attraverso le attività di mediazione culturale proposte dal team di LACedu, offriamo attività innovative che coniugano l’aspetto formativo e ludico.

Qual è il bilancio del primo anno?
È senz’altro un bilancio positivo su più livelli. Innanzitutto per aver raggiunto l’obiettivo prefissato di 80mila visitatori. È però soprattutto la qualità della risposta di pubblico e critica a essere gratificante, non solo in termini numerici o di presenza sulla stampa ma anche per i riconoscimenti ricevuti nelle più svariate forme. Per il primo anno abbiamo senza dubbio beneficiato dell’effetto novità correlato con l’apertura del LAC, ora la sfida sta nel consolidare questi risultati anche per il futuro.

Mariella Rossi, 07 ottobre 2016 | © Riproduzione riservata

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